Al di là del sensazionalismo, in Sicilia ci sono nodi che prima o poi vengono al pettine. Mi rifaccio ai dati presentati nel settembre dello scorso anno da ARPA ( che ha pubblicato sull’argomento un report annuale dettagliato) e Guardia di Finanza in un’audizione davanti alla commissione Ecomafia. Il quadro era incontrovertibile: in Sicilia l’80% dei depuratori è “fuorilegge” e scarica melma in mare senza un adeguato trattamento di depurazione. La maggior parte degli impianti, quando funzionano, si occupano solo del “pretrattamento” dei reflui, che poi vengono sversati a mare attraverso condotte sottomarine. Si badi che due milioni di abitanti (il 40% dei siciliani) sono scollegati dalla rete fognaria. Sono 457 gli impianti di trattamento delle acque reflue in Sicilia, il 25% di questi scarica in mare, 14 sversano nell’area sensibile del Golfo di Castellamare.
Secondo quel monitoraggio dell’Arpa, sui 457 impianti registrati, ben 73, cioè pari a poco meno del 16% del totale, non sono attivi e nemmeno connessi alla rete fognaria. Esiste tuttavia un altro gravissimo problema evidenziato dalla relazione: meno del 20% degli impianti opera “attualmente con autorizzazione allo scarico in corso di validità” e tutti gli “altri operano in assenza di autorizzazione o con autorizzazione attualmente scaduta o sono stati già destinatari di decreti di diniego allo scarico”.
I controlli minimi programmati nel territorio regionale si sono effettuati solo sul 20% circa degli impianti, 469 controlli per l’esattezza, con ben 213 sanzioni proposte, e più di 270 contestazioni. Questo quadro complessivo spiega perché la Sicilia abbia il record assoluto di procedure di infrazione per violazione della normativa europea a tutela dell’ambiente.
La fonte della valutazione (ormai datata perché del 2020) sottolineava che l’isola è “la principale destinataria delle procedure d’infrazione in campo fognario depurativo, dovute al mancato adeguamento degli agglomerati alla direttiva comunitaria sulle acque reflue”. “Ci sono infatti 265 agglomerati sotto infrazione – alcuni già in sentenza di condanna con sanzione pecuniaria – a fronte di due sentenze definitive e di altre due procedure giunte rispettivamente allo stato di parere motivato complementare (2014/2059) e di lettera di costituzione in mora (2017/2181)”. E non si finisce qui: “una quinta procedura d’infrazione a carico dell’Italia – si legge nel documento della Struttura Commissariale – potrebbe riguardare altri 50 agglomerati siciliani, che supererebbero quindi quota 300”.
Ad estrema sintesi possiamo dire che i comuni siciliani sanzionati sono più di 300 e, solo per le pochissime sentenze passate già in giudicato, noi siciliani oggi paghiamo 93.000 euro al giorno.
-I fatti, 5 giugno 2021-
Titolo in prima pagina: Commissariamento giudiziale per AMAP S.P.A. – Servizio “Ambiente e Depurazione”. La notifica dell’ordinanza, emessa dal G.I.P. di Palermo, è stata eseguita dai carabinieri forestali del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale (NIPAAF) del Centro Anticrimine natura di Palermo, su delega della Procura della Repubblica del capoluogo siciliano. L’Amap, l’azienda partecipata del comune di Palermo che si occupa del servizio idrico, presenta un ricorso al Tribunale del Riesame contro il commissariamento giudiziale deciso dal gip del tribunale di Palermo, per il servizio ambiente e depurazione.
La misura cautelare è stata disposta a seguito di una complessa attività investigativa eseguita dai Carabinieri Forestali e dalla Stazione di Balestrate in relazione a possibili criticità nella gestione tecnico-operativa dei depuratori delle acque reflue urbane di Acqua dei Corsari a Palermo e dei comuni di Balestrate, Carini e Trappeto. Il commissario giudiziale individuato dal Tribunale di Palermo è il dott. Luigi Librici, già direttore di ARPA Palermo fino al 2015.
La notizia di una possibile responsabilità della giunta di Orlando in un’ipotesi di reato (aggiunta alle sanzioni salate – 93.000 euro al giorno – che i siciliani già pagano per mancato rispetto della normativa europea in tutela dell’ambiente) stride con l’immagine, rilanciata poche ore prima, di Palermo porto sicuro che riconosce la cittadinanza onoraria ai volontari della Sea Watch. Poche ore ancora e lo stesso sindaco dovrà rispondere ad una richiesta di audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che si sta occupando di una indagine sulla depurazione delle acque reflue in Sicilia.
A chiedere il commissariamento è stata la procura del capoluogo siciliano, che indaga sulla depurazione dei fanghi da parte del depuratore di Acqua dei Corsari. Il provvedimento ha decretato il commissariamento solo dei servizi di depurazione di Amap; a dispetto dell’operazione di microchirurgia però la vicenda ha ripercussioni sistemiche, tant’è che l’assessore comunale Maria Prestigiacomo ha rimesso la delega per i rapporti con la società partecipata.
La difesa di Leoluca Orlando è quella di sempre (si vedano le vicende legate al ciclo dei rifiuti, la discarica di Bellolampo e il bilancio disastrato delle partecipate comunali): qualcuno vuole mettere le mani sul business di un’attività (il trattamento e il riciclo dei rifiuti ) che lui, il sindaco, e Palermo (che sono la stessa cosa) eroicamente vogliono tenere pubblica. A dirla tutta, senza anticipare l’esito delle inchieste, l’argomentazione del sindaco è assai poco convincente: chi sarebbero i privati e su quale business vorrebbero mettere le mani? Perché proprio ciò di cui va fiero è un autogoal, essendo qui in gioco sindaco, assessore, Rap (per il conferimento dei rifiuti) e Amap (per il loro trattamento e sversamento). Insomma una partita tutta interna alla pubblica amministrazione ed alla gestione delle aziende di cui il comune è azionista di riferimento. Maria Prestigiacomo, fino a ieri assessore nella giunta di Orlando con deleghe a Rigenerazione urbana – Mare e coste – Lavori pubblici (compreso Città Storica) – Protezione civile – Sicurezza luoghi di Lavoro – Manutenzione immobili comunali, Scuole e Impianti Sportivi -Rapporti funzionali con AMAP e AMG ENERGIA ha rimesso la sola delega ai Servizi idrici. Il sindaco, che l’ha voluta, la difende a spada tratta, negando che ci possa essere un suo coinvolgimento personale. Difficile però immaginarla estranea o senza cognizione di causa, perché lei è stata a lungo presidente del consiglio di amministrazione di AMAP spa. Da Amministratrice Unica dell’AMAP, Maria Prestigiacomo, a febbraio del 2019, aveva presentato al sindaco un progetto: la realizzazione dell’impianto di trattamento del percolato di Bellolampo, prevista proprio ad Acqua dei Corsari. L’impianto, con un costo previsto di circa 5 milioni di Euro, in valutazione da parte dell’Assessorato Regionale al Territorio e l’Ambiente, sarebbe stato interamente finanziato con risorse dell’azienda, permettendo di ridurre drasticamente la quantità di percolato che attualmente deve essere trattato fuori dalla Sicilia.
“L’impianto – spiegava la Prestigiacomo – avrà una capacità complessiva di circa 50.000 tonnellate annue. Questo permetterà nei giorni medi la possibilità di gestire anche il percolato prodotto da altre discariche”.
Per la RAP, lo smaltimento del percolato, che oggi avviene in minima parte tramite l’AMAP e in larga parte tramite ditte private ubicate anche fuori regione, ha un costo complessivo annuo di circa 7 milioni di euro.
Sta in questo progetto, senza trarre conclusioni che spettano alle procure competenti, la logica spiegazione di quello che potrebbe essere non solo uno sforamento accidentale del tetto massimo di percolato ossigenato depurato e versato in mare (è un passaggio della difesa di Orlando nell’audizione alla commissione parlamentare); quello che si intravede è un nesso tra i rifiuti della discarica di Bellolampo (un altro dei nodi da sciogliere prima di vedere esplodere una vera bomba ambientale), il mancato efficientamento della rete idrica e fognaria e l’uso improprio del depuratore di Acqua dei Corsari per rimuovere l’eccedenza di percolato dalla discarica. Un’operazione con una logica ineccepibile, se non fosse che per realizzarla si dovrebbero commettere una decina di reati penali.
Non è una mia fantasia ma quanto sostenuto il 13 maggio scorso dal procuratore aggiunto di Palermo, Marzia Sabella, nella descrizione fatta alla Commissione parlamentare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. In quell’occasione era stato illustrato il nesso tra lo stato disastrato della depurazione e del trattamento dei fanghi ad Acqua dei Corsari e a Balestrate, e il percolato di Bellolampo, con la responsabilità dell’Azienda municipalizzata acquedotti di Palermo. In quell’indagine, tra l’altro, era stata formulata un’ipotesi di reato per inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture.
Nella seduta del 13 maggio a palazzo San Macuto, dove si svolgeva anche l’audizione, in videoconferenza, del procuratore Francesco Lo Voi, Sabella aveva detto, tra l’altro: “Abbiamo chiesto il commissariamento dell’Amap” . Così che niente di quanto accaduto possa considerarsi inatteso, al punto che era già stata meditata una soluzione compromissoria: “Abbiamo chiesto – diceva Sabella – il commissariamento e non la misura interdittiva nei confronti di Amap o non abbiamo operato il sequestro preventivo – spiegò – perché avremmo arrecato un gravissimo danno alla collettività e poi l’autorità giudiziaria non può sostituirsi nella gestione di beni di questa importanza, a anche a fronte delle spese necessarie per l’adeguamento e l’ammodernamento”.