Il governo clandestino birmano (Nug) che si oppone al golpe militare del 1° febbraio apre, seppur timidamente, ai Rohingya, la vessata comunità musulmana espulsa ormai quasi completamente dal Myanmar. Lo ha fatto designando Maung Zarni come advisor del Ministro della Cooperazione e portavoce dell’esecutivo dottor Sasa. Maung Zarni è considerato uno dei più autorevoli attivisti a favore della causa rohingya. Membro di genocidewatch, autore di saggi e personaggio di spicco nella diaspora, vive in Inghilterra e due anni fa è stato invitato a una Conferenza sui Rohingya organizzata dalla Fondazione Basso in Parlamento assieme a un attivista Rohingya. E’ cauto.
“Non è ancora chiaro lo schema per una National Registration Card (Nrc) per i Rohingya – dice – anche se ci si aspetta che il Nug faccia un annuncio politico a questo riguardo nel giro di una settimana. I rappresentanti dei Rohingya si sono incontrati molte volte con quelli di Nug e Crph (parlamento clandestino ndr) su varie piattaforme web. Si sono incontrati due settimane fa con la maggior parte dei membri del gabinetto. Ma – aggiunge – i Rohingya stanno… trattenendo il fiato sulla politica del Nug. Quanto a me, il mio appuntamento è durato meno di un’ora!”.
Sulla forza reale del Nug non è ottimista e gli appare come un esecutivo ancora fragile e anche ostaggio di vecchie logiche: “E’ impotente ed è anche improbabile che arrivi al potere, a mio avviso, in questo disordine oscuro, completo e totale”. Non di meno il passo è stato fatto anche se sembra molto in salita. “Il dottor Sasa, il principale portavoce e Ministro della cooperazione internazionale, mi ha chiesto di entrare nella sua squadra. Ha detto che aveva il potere di scegliere e di scegliere chi voleva. Dopo che ci siamo parlati ho accettato, ormai una settimana fa. Ma quando ha pubblicato la lettera di designazione ufficiale – dunque non ancora di nomina effettiva – è stato vittima di attacchi da parte della vecchia guardia dell’Nld complice del genocidio e che sta nel Nug. Anche se l’annuncio ha ottenuto quasi un milione di like sulle pagine ufficiali e personali ed è stato reinserito o apprezzato per quasi 10mila volte in meno di 60 minuti… il che indica un intenso interesse per il fatto che io e Sasa lavoriamo insieme”…
Ma tra il dire e il fare… “Il problema – conclude – è che la maggior parte dei lealisti di Suu Kyi nuota con un peso morto: l’eredità della complicità nel genocidio e almeno quattro Ministri del Nug – i più influenti – è certo che non romperanno con il passato. E’ il gruppo del resto che ha dichiarato l’abolizione dell’intera Costituzione militare del 2008, ma che non ha il coraggio, l’etica o l’intelligenza per capire che la Legge sulla cittadinanza del 1982 è stata progettata come la legge sulla razza di Norimberga, che de-germanizzava gli ebrei dell’Europa orientale. Così come non vogliono vedere che era un decreto del generale Ne Win, timbrato dal suo sgangherato parlamento socialista. Gente che ha continuato a insistere sui percorsi verso la cittadinanza sostenuti dal rapporto della Commissione Annan, che però di fatto sanava anche i crimini dello Stato contro i Rohingya”.
Per adesso, dice Maung Zarni “non c’è ancora una misura concreta riguardo alla cittadinanza per i Rohingya, mentre i nazionalisti Rakhine (lo Stato da cui sono stati espulsi quasi tutti tra il 2016 e il 2017 ndr) minacciano apertamente su Fb di massacrarci se e quando ai ‘negri’ – cioè a noi – verrà concessa la cittadinanza”. La piccola luce per ora illumina un tunnel ancora buio.
Questo articolo esce in contemporanea su Lettera22.
Emanuele Giordana – https://www.atlanteguerre.it/