Nel 1987 a Roma ebbe inizio la promozione di un possibile Tribunale Internazionale per l’Ambiente da istituire presso le Nazioni Unite come organo permanente.

La promozione avvenne attraverso alcune Conferenze Internazionali. La prima si tenne a Roma presso l’Accademia Nazionale di Lincei nel 1989, una seconda a Palazzo Vecchio a Firenze nel 1991, una terza a Venezia presso la Fondazione Cini nel 1994, grazie all’iniziativa del magistrato della Corte di Cassazione Amedeo Postiglione.

In un rapporto sulle politiche ambientali in Europa, l’indimenticabile parlamentare del Gruppo dei Verdi, Alex Langer, scriveva: «… può sembrare, per ora, un’idea avveniristica: al momento sono ancora scarsi e poco efficaci gli strumenti di tutela giuridica internazionale relativi all’ambiente, anche perché è comunque assai difficile vincolare degli Stati sovrani al rispetto di un diritto sovranazionale…». Nello stesso rapporto scriveva: tuttavia «… esiste, in fondo, un precedente paragonabile: la Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, che è considerata – giustamente – un grande progresso di civiltà giuridica. Gli Stati aderenti alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (del Consiglio d’Europa) accettano che i loro cittadini possano rivolgersi ad una Corte internazionale per lamentare violazioni dei propri diritti fondamentali, e si impegnano – pur con mille sotterfugi e ritrosie – di rispettarne le pronunce. Vuol dire che le enunciazioni solenni sui diritti dell’uomo ricevono anche qualche strumento di tutela giurisdizionale».

Il 13 febbraio 1992 il Parlamento Europeo votò una risoluzione (Collins) in cui si raccomandava esplicitamente l’istituzione di un Tribunale Internazionale per L’Ambiente; risoluzione da iscrivere nell’agenda dei negoziati internazionali che si sarebbe svolta a Rio de Janerio nel 1992, anche se in quell’ambito non si sarebbe potuta decidere tale istituzione.

E’ notizia di questi giorni che è stata definitivamente elaborata, da un gruppo di esperti indipendenti, la definizione legale di “Ecocidio” grazie alla iniziativa della Stop Ecocide Founfation.

Tra il gennaio e il giugno di quest’anno un folto gruppo di giuristi, guidati dal QC Philippe Sands, si è incontrato in diverse riunioni a distanza giungendo alla definizione di “Ecocidio”.

Il lavoro ha attinto a diverse fonti. Tra i quali un iniziale lavoro dell’avvocato britannico Polly Higgins (1968-2019) e dell’australiano, James Crawford (1948-2021), avvocato e giudice alla Corte internazionale di giustizia che ha contribuito a rendere la protezione dell’ambiente una parte centrale del diritto internazionale moderno.

Nel rapporto stilato si legge che:

« … speranza del gruppo è che la definizione proposta possa servire come base per un emendamento allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale (CPI). Lo Statuto si occupa di crimini che sono considerati di interesse e rilevanza internazionale, ed è giunto il momento di estendere le protezioni per i gravi danni ambientali, già riconosciuti come una questione di interesse internazionale.(1)

L’inclusione dell’ecocidio nello Statuto di Roma aggiungerebbe un nuovo crimine al diritto penale internazionale. Questo sarebbe il primo ad essere adottato dal 1945. Si baserebbe sul crimine esistente di grave danno all’ambiente durante un conflitto armato, riflettendo il fatto che oggi, la maggior parte dei gravi danni ambientali si verificano durante i tempi di pace, una situazione che attualmente non rientra nella giurisdizione della CPI. Questa definizione di ecocidio offre agli Stati parte dello Statuto di Roma l’opportunità di affrontare le sfide attuali…

… L’inclusione dell’ecocidio nello Statuto di Roma aggiungerebbe un nuovo crimine al diritto penale internazionale. Questo sarebbe il primo ad essere adottato dal 1945. Si baserebbe sul crimine esistente di grave danno all’ambiente durante un conflitto armato, riflettendo il fatto che oggi, la maggior parte dei gravi danni ambientali si verificano durante i tempi di pace, una situazione che attualmente non rientra nella giurisdizione della CPI. Questa definizione di ecocidio offre agli Stati parte dello Statuto di Roma l’opportunità di affrontare le sfide attuali.

Procedere per concordare un crimine di ecocidio potrebbe contribuire ad un cambiamento di coscienza, a sostegno di una nuova direzione, una che migliora la protezione dell’ambiente e sostiene un quadro giuridico più collaborativo ed efficace per il nostro futuro comune su un pianeta condiviso. Offre un nuovo e pratico strumento legale».

(1). Si vedano in particolare le disposizioni pertinenti della Convenzione sulla diversità biologica del 1992 e della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992; più in generale, Birnie, Boyle e Redgwell, International Law and the Environment (OUP, terza edizione, 2009); Sands e Peel, Principles of International Environmental Law (CUP, quarta edizione, 2018).

Secondo alcune notizie la Francia sarebbe una delle prime nazioni europee a introdurre tale reato.

Nessuna notizia dall’Italia che, grazie ai sui studiosi e precursori dei tempi, dal 1987 iniziò quel lavoro del quale c’è poco ricordo, ma come sempre promotrice di grandi studi e idee.

E’ riconosciuto che «… l’umanità si trova ad un bivio. L’evidenza scientifica porta alla conclusione che l’emissione di gas serra e la distruzione degli ecosistemi ai ritmi attuali avranno conseguenze catastrofiche per il nostro ambiente comune. Insieme alle iniziative politiche, diplomatiche ed economiche, il diritto internazionale ha un ruolo da svolgere nel trasformare la nostra relazione con il mondo naturale, passando da una relazione di danno ad una di armonia.»

Più info:

https://www.stopecocidio.it