Con un breve estratto dell’introduzione di Guido Cavalca, curatore del volume “Reddito di cittadinanza: verso un Welfare più universalistico?”, pubblicato con licenza Creative Commons nella collana Sociologia delle edizioni Franco Angeli, segnaliamo che il volume collettaneo è liberamente scaricabile
Le politiche di sostegno al reddito e le politiche del lavoro non hanno vita facile nel nostro paese. Strano, si potrebbe pensare, per l’Italia: un paese che prima della crisi generata dalla pandemia Covid-19 contava 4,6 milioni di poveri assoluti e quasi nove milioni di poveri relativi (dati ISTAT riferiti al 2019), un paese tradizionalmente diviso tra aree territoriali prospere e zone meno sviluppate (non necessariamente secondo la frattura Nord-Sud), un paese con una disoccupazione strutturale e di difficile soluzione. Un paese che avrebbe bisogno di fornire aiuto alle persone con redditi bassi e a quelle senza lavoro. Eppure, di fronte a nuove misure di contrasto alla povertà le reazioni più diffuse nel dibattito pubblico (web, giornali cartacei, televisione e radio) convergono nel denunciare l’assistenzialismo non risolutivo dei problemi sociali, l’abuso e l’illecito da parte di cittadini disonesti, gli effetti sul comportamento di disoccupati, più o meno poveri, che finalmente possono coronare i loro sogni di ozio e, naturalmente, l’aumento del debito pubblico. La metafora del divano è senza dubbio la più usata e da diverso tempo ; tipico strumento utilizzato da coloro i quali coltivano una sfiducia atavica nell’essere umano, peraltro indimostrata dal punto di vista scientifico. L’immagine di una massa di disoccupati che trascorrono le loro giornate sul divano di casa a godersi il bottino sottratto alle casse dello stato è non solo ridicola, se vista attraverso le lenti delle scienze sociali, ma è anche tanto popolare (perché ripetuta continuamente) quanto pericolosa, in particolare proprio per i beneficiari effettivi e potenziali di politiche pubbliche necessarie a contrastare gli effetti delle disuguaglianze sociali. Il Reddito di cittadinanza rappresenta per il nostro paese una novità davvero rilevante perché introduce per la prima volta in modo strutturale un intervento di carattere universalistico su base nazionale contro la povertà. E da questo nasce il primo impulso per la scrittura di questo volume. È vero che già il Reddito di Inclusione (ReI), entrato in vigore a inizio 2018 costituiva una misura universalistica nel suo impianto, ma era talmente poco generosa (187 euro mensili in media al soggetto povero che vive da solo) da inficiarne l’efficacia di contrasto alla povertà. Si è trattato di un’innovazione del welfare nostrano importante ma poco coraggiosa , che ha iniziato a rompere l’inerzia del sistema italiano di cui questo volume parla ampiamente. La parte più critica della nuova misura viene spesso individuata nell’attivazione di quella parte di beneficiari in grado di lavorare (si tratta di circa la metà dei soggetti coinvolti e tra questi il 90 per cento ha sottoscritto il Patto per il lavoro). Da questo punto di vista, come hanno sottolineato tanti esperti della materia, l’impianto del ReI, che prevedeva il coinvolgimento dei servizi per l’impiego privati per il (re)inserimento dei disoccupati nel mercato del lavoro, appare più convincente e di immediata attuazione rispetto a quello proposto dal RdC che è centrato sui Centri per l’Impiego pubblici e, per questo, presuppone un lungo e complesso investimento, non solo finanziario, sulla loro riqualificazione. Anche la parte di reinserimento sociale di questo provvedimento viene molto criticata sulla base del confronto con il ReI, che prevedeva il protagonismo del terzo settore oltre a quello delle amministrazioni comunali. Il RdC, anche in questo caso, riserva un ruolo centrale all’amministrazione pubblica e proprio per questo viene giudicato inefficace. Questi tre aspetti – l’idiosincrasia per forme universalistiche di sostegno al reddito, la novità nel welfare italiano e le difficoltà di applicazione (nel breve periodo e di alcuni aspetti) della misura – sono all’origine del volume che leggete.