“Siamo qui per smentire le bugie dell’ambasciatrice Gloria Ramirez Rios e per dire la verità sulle persone assassinate in Colombia. Avevano nomi e cognomi, non erano delinquenti né guerriglieri, erano persone comuni, giovani e studenti”. A dirlo oggi, megafono alla mano, l’attivista colombiano Steven Rodriguez, che insieme con una decina di esponenti della comunità di origini colombiane nel nostro Paese ha organizzato un flash-mob davanti alla sede diplomatica del Paese sudamericano a Roma, non lontano dal Lungotevere e da piazza del Popolo.
All’origine della protesta ci sarebbero dichiarazioni rilasciate la settimana scorsa al quotidiano ‘Il Tempo’ dall’ambasciatrice della Colombia in Italia, che ha definito la mobilitazione in corso nel Paese da circa un mese “per niente pacifica” e “un pretesto per spargere violenza e caos”. Ramirez Rios ha aggiunto che “ciò che emerge dalle indagini” è che “le manifestazioni sono state infilitrate sin dall’inizio da gruppi terroristici, organizzazioni criminali e violenti vari” e che “polizia ed esercito hanno solo risposto alle tante violenze avvenute per strada”. Una versione, questa, respinta dai manifestanti scesi in strada a Roma. Secondo la loro ricostruzione, a protestare in Colombia sono state “persone comuni e non vandali”.
In una nota gli attivisti si sono inoltre chiesti per “chi lavora” la diplomatica, alludendo anche alla possibilità che Ramirez Rios “continui con il suo lavoro di sempre, quello di consulente delle campagne elettorali dell’attuale presidente Ivan Duque e dell’ex capo di Stato Alvaro Uribe” invece di “rappresentare il popolo colombiano”. Nel comunicato si evidenzia anche che l’ambasciatrice non ha espresso “nessuna solidarietà ai civili morti, feriti, scomparsi e violentati”.
I manifestanti, che si sono presentati davanti l’ambasciata con cartelloni e bandiere colombiane, hanno anche letto i nomi di 43 persone che secondo la ONG colombiana Temblores “sono rimaste uccise da presunti membri delle forze dell’ordine”. In un colloquio con l’agenzia Dire, dopo la manifestazione, Rodriguez ha sottolineato che un altro tema denunciato dai manifestanti “è stato quello delle 500 persone scomparse in neanche un mese di cortei”.
La mobilitazione popolare e lo sciopero generale, denominato Paro Nacional, sono cominciati il 28 aprile per contestare una proposta di riforma fiscale in discussione al Congresso, poi revocata. A oggi le proteste hanno provocato le dimissioni dei ministri di Giustizia ed Esteri e dell’Alto commissario per la pace, oltre ad aver anche causato la cancellazione di un altro disegno di legge, che prevedeva una riforma della sanità