Lo studente dell’Università di Bologna è in carcere preventivo dall’8 febbraio 2020 ed è accusato di atti destabilizzanti per la sicurezza dello Stato per alcuni post su Facebook che nega di aver scritto.
Sono scaduti in settimana i 45 giorni di detenzione cautelare per Patrick Zaki, lo studente egiziano iscritto all’Università di Bologna in carcere preventivo al Cairo dall’8 febbraio del 2020. Nonostante la custodia cautelare per legge duri un mese e 15 giorni e preveda un’udienza per valutarne il rinnovo o la cessazione in concomitanza con la scadenza, fonti in Egitto all’agenzia Dire confermano che “nessuna udienza è stata calendarizzata per Zaki e pertanto è probabile che si terrà non prima della fine del mese”. Circolerebbero però anche voci non confermate sulla possibilità che l’udienza si celebri domani, domenica 23 maggio. Una data che arriva a tre o quattro giorni dal termine fissato per legge per il carcere preventivo, il cui rinnovo è stato comunicato l’ultima volta il 5 aprile. Si tratta così di giorni aggiuntivi che, come temono gli attivisti, potrebbero non essere inclusi al computo degli eventuali 45 giorni successivi, dilungando ulteriormente la detenzione dello studente che da 15 mesi attende l’inizio del processo.
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LE ACCUSE CONTRO LO STUDENTE
Patrick Zaki ha 29 anni ed è accusato dalla magistratura egiziana di atti destabilizzanti per la sicurezza dello Stato a causa di alcuni post su Facebook dove il giovane avrebbe incoraggiato a manifestare contro il governo. I suoi avvocati però negano l’esistenza stessa di quei post. Intorno al suo caso si è creata una forte mobilitazione soprattutto attraverso i suoi colleghi dell’università ‘Alma Mater’ di Bologna.
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AMNESTY: “DAL CAIRO STRATEGIA DEL SILENZIO”
“Dall’ultima udienza, i 45 giorni di carcere preventivo per Patrick Zaki sono ampiamente scaduti. Ora veniamo a sapere che almeno fino alla fine di maggio non ci sarà una data. Questo è un ulteriore aspetto illegale in una vicenda che è illegale di per sé: scadono i tempi e nessun giudice pensa a una nuova data, e va avanti così da 15 mesi e mezzo. Questa strategia del silenzio per non far capire cosa succede è funzionale al regime egiziano”. Così commenta all’agenzia Dire Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, organizzazione che monitora il caso dello studente egiziano di Bologna incarcerato da febbraio 2020 per sedizione. Per Noury, tale “strategia del silenzio” è “preoccupante”, così come allarmante “è che sembra che stia prendendo piede anche nelle istituzioni italiane: si dice o si fa qualcosa ogni 45 giorni, e poi si tace e si aspetta la successiva udienza“. A proposito di Italia, il portavoce di Amnesty avverte ancora: “È passato oltre un mese da quando il Parlamento ha impegnato il governo sulla questione della cittadinanza e sulla questione del negoziato per attivare la Convenzione Onu contro la tortura. Vorremmo sapere cosa è stato fatto finora”.