Fonti ufficiose confermano un suicidio al CPR di Torino
Purtroppo il trattenimento a fini di rimpatrio ha provocato ancora una volta la morte.
L’inaccettabile pervicace opacità delle Istituzioni sulla gestione dei rimpatri dei migranti provoca vittime.
Nel CPR di Torino ci sono ancora moltissimi problemi, non ultima la gestione della salute psicologica dei pazienti, che come vediamo purtroppo genera cadaveri.
Risultano moltissime le resistenze da parte di chi gestisce il CPR (GEPSA s.a) ad una corretta gestione medica della salute mentale e psicologica, e non solo, dei pazienti.
Risulta anche che permanga tutt’ora una gestione delle cartelle cliniche dei trattenuti che certamente non corrisponderebbe ai criteri e linee guida della deontologia medica.
Risulta che ci sia una visita ogni 15 giorni da parte di un medico del Dipartimento di Salute Mentale, e non risulta che gli psichiatri del DSM accedano direttamente alle aree per sincerarsi delle condizioni dei trattenuti, né che possano accedere a loro discrezione al CPR qualora lo ritengano necessario.
Ove gli addetti (con nessuna competenza medica), in gergo i “charlie”, si accorgono che un trattenuto abbia problemi di tipo mentale, lo segnalano e il trattenuto viene confinato nel famigerato “ospedaletto”, l’area paradossalmente più lontana dalla palazzina nella quale vengono svolte le visite.
Il fatto che i “charlie” siano praticamente gli unici ad accedere alle aree crea un gravissimo problema di accesso alle cure, inaccettabile in un paese civile.
Ecco i risultati.
Urgono sopralluoghi e controlli, ispezioni e verifiche.