Sabato 17 aprile, ho la fortuna di poter passeggiare (in regola) per una città che non è la mia, una fortuna rara di questi tempi. Qualsiasi visita di questi tempi, la si assapora ancora di più, come un vecchio vino prezioso.
Passeggio per Carrara. Tutti sappiamo le quattro cose essenziali su Carrara: la provincia più povera della Toscana, eppure ci sono le cave e il marmo (a beneficio di pochi…), l’Accademia, il duomo, la casa dove risiedette Michelangelo, il Carrione che ogni tanto esce fuori e allaga tutto, ma soprattutto una tradizione, quella anarchica, che trasuda dai suoi muri.
Scrivo questo pezzo solo per poter allegare le foto che potete vedere. I muri di Carrara sono intrisi di questi fogli, di questi manifesti incollati. E non è che abbia fotografato questi in mezzo a tanti altri, no: ci sono solo questi. Impressionante. Sono spesso senza data, alcuni potrebbero essere lì da anni. Nessuno li toglie. Sono carne e sangue di questa città. Sono rispettati, o almeno sembra.
Sicuramente, come spesso accade, per coloro che in quella città ci vivono, sembrerà tutto normale, neanche ci si farà caso. Ai pochi “foresti” che si aggirano è indubbio che salti all’occhio.
E poi il grande murales con la targa, che ricorda come da quella piazza delle Erbe partì un folto gruppo di donne che fermò la possibile evacuazione della città da parte dei nazisti.
Sono le cinque, fa freddo, vorrei bere una cioccolata calda. “A quest’ora trovi piuttosto un bicchieretto”, mi dicono. E va bene…