“Bisogna riassaporare il gusto del futuro” ha detto il Presidente del Consiglio Draghi illustrando il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per l’accesso ai 200 miliardi del Next Generation Eu. Di quale futuro parla, con un piano scritto da una piccola task force di “esperti”, presentato al Parlamento cinque giorni prima del suo invio all’Unione Europea, senza nessun coinvolgimento della società?
Non c’è futuro senza una democrazia reale e partecipativa, nella quale tutte e tutti concorrano a decidere quale modello di società è necessario.
Il PNRR del governo è orientato da Crescita – Concorrenza – Competizione. Prevede grandi investimenti, ma nessuna conversione sociale ed ecologica della società, solo una modernizzazione green e digital dell’attuale modello fondato sulla mercificazione e predazione della natura e su una sempre maggiore diseguaglianza. Con l’aggravante di destinare fondi diretti e indiretti a infrastrutture inutili e dannose, a partire dal Tav, all’industria bellica e ai sistemi d’arma, di riaprire la porta al nucleare, proprio nell’anniversario del disastro di Chernobyl e del decennale del referendum su acqua e nucleare. Autorizzare nuove trivellazioni, finanziare alcune filiere dell’idrogeno, possibili solo con la permanenza del metano, è astorico, come non affrontare il tema delle bonifiche e liberare i territori dalle tante “Ilva” d’Italia. Il PNRR dovrebbe finanziare l’agricoltura contadina e agroecologica, la riconversione graduale dell’agroalimentare verso il plant-based, rigettando finte soluzioni come gli schermi e la produzione di biometano dagli allevamenti. Il punto per noi è ridurre e cambiare tipo di produzione e consumo, agevolando e incentivando il cambiamento, e non mettere “cerottoni” che non curerebbero tutti i danni attuali a persone, ecosistemi e animali.
Non è questa la strada da seguire. Serve un cambio di paradigma e un nuovo modello di convivenza: la società della cura, che sia cura di sé, delle altre e degli altri, dell’ambiente, del vivente, della casa comune e delle generazioni che verranno.
Il PNRR del governo parla di ripresa e resilienza. Con la difesa a oltranza dei brevetti, il rilancio delle liberalizzazioni commerciali e delle privatizzazioni, a partire dall’acqua, ha in mente gli interessi delle grandi imprese e delle lobby finanziarie, dai quali dovrebbe dipendere il benessere delle persone e della società. Infatti, allo stato, non si prevedono che interventi marginali per sostenere la sanità pubblica territoriale, il welfare e le infrastrutture sociali, tantomeno per assicurare il diritto alla casa. Ma senza casa non c’è cura.
Non vi sarà alcuna ripresa e resilienza senza garantire un reddito di base e un lavoro degno, la trasformazione ecologica della produzione e della società, beni comuni tutelati e sottratti al mercato, diritto alla casa, alla salute, alla formazione e alla sicurezza sociale garantiti per tutte e tutti. Per uscire dalla logica del “ristoro” concesso a questa o quella categoria, e curare nel suo insieme una società in cui nessun* sia lasciat* indietro.
Il 26 aprile il Presidente del Consiglio Draghi porterà alla discussione delle Camere il PNRR. Sarà poco più che una ratifica, con tutti i partiti in spasmodica attesa del bastimento carico di miliardi che arriverà dall’Europa.
Il 26 aprile saremo davanti al Parlamento dalle ore 15 per presentare il nostro Recovery PlanET, un piano alternativo che contrapponga il prendersi cura alla predazione, la cooperazione solidale alla solitudine competitiva, il “noi” dell’eguaglianza e delle differenze all’”io” del dominio e dell’omologazione.