Ci siamo già soffermati, con un precedente articolo, sul progetto monstre del Franciacorta Concert Hall di Erbusco in Franciacorta.
Avevano descritto come, un’enorme operazione edificatoria su una collina “vergine” acquisti, nella narrazione dell’imprenditore proponente, un carattere green.
Scrivere del modo di fare impresa di Vittorio Moretti, fondatore della ditta di prefabbricati Moretti Spa e della rinomata cantina Bellavista, ci sembra un ottimo modo per mostrare fino a dove possano spingersi le operazioni di greenwashing finalizzate a dipingere di verde ciò che verde non è.
L’ultimo atto di questa operazione è la “lettera aperta” che Moretti ha scritto nel marzo scorso a tutti i cittadini della Franciacorta in difesa del Concert Hall Franciacorta in nome della “valorizzazione del territorio”, della “salvaguardia dell’ambiente”, dello “sviluppo sostenibile” il tutto infarcito di retorica che parla di “amore verso la mia terra”.
Nella lettera, pubblicata a pagamento sui tre quotidiani locali bresciani, ha definito “notizie fuorvianti” le diverse relazioni contrarie all’edificazione di uno dei più grandi teatri al mondo in una zona delicata come la Franciacorta.
Infatti, stando ai dati depositati in Regione, di “sviluppo sostenibile” è assai difficile trovarne ma, Moretti sui giornali locali (solo la pagina acquistata sul Giornale di Brescia costa 12.000 euro) si è spinto a dire che il progetto avrebbe in serbo anche la creazione di un “giardino botanico” capace di assorbire 168.000 kg di co2. Una bella novità se non fosse che, solo calcolando il traffico veicolare generato, la FCH ne produrrà minimo 2.000.000 di kg di co2 annui.
Di come gli imprenditori debbano sempre più dipingere di verde le loro “imprese” ne parliamo con Marco Dotti, redattore di Radio Onda d’Urto Franciacorta, ambientalista attivo in Progetto EcoSebino e portavoce del Comitato No Porte Franche 2.
Vittorio Moretti, dalla Moretti Spa al Bellavista, dagli impattanti prefabbricati al “vino buono”. Speculatore o valorizzatore della Franciacorta?
Credo dipenda dal paradigma di riferimento di ognuno di noi. Ti risponderò elencandoti fatti innegabili e neutri: Moretti si è sicuramente arricchito grazie alla sua industria di prefabbricati. Le sue scatole di cemento armato sono state vendute anche fuori dalla nostra zona. Questo è il core business del suo fare impresa: costruire capannoni, centri commerciali, poli logistici su suolo vergine (difficilmente il prefabbricato si adatta alle ristrutturazioni). Questo business è perfettamente inserito nel modello economico dominante oggi, quello di un capitalismo completamente svincolato da programmazione ma animato solo dagli appetiti dei singoli imprenditori.
C’è una flebile, ma crescente, resistenza culturale a questo modello. È ancora acerba ma mette in discussione il capitalismo neoliberista partendo dalle sue criticità: le continue crisi che provoca e l’enorme impatto ambientale che produce. Si tratta di un’alternativa con enormi potenzialità e che già ha generato un proprio linguaggio, mobilitazioni e alternative concrete. Vittorio Moretti ha un piede, molto meno importante per le sue casseforti, anche nella parte più governabile di questo emergente paradigma ambientale: nel vino “di origine controllata”, nella ristorazione di qualità, nell’agricoltura di nicchia. È la parte slow del suo business ed è la parte che utilizza nella sua vita imprenditoriale biforcuta quando deve relazionarsi in pubblico.
I brand del Franciacorta accompagnato da pesticidi, fitofarmaci e vigneti in monocoltura e vicino alle autostrade. Quali sono state le vostre battaglie e quale è il ruolo di Moretti?
Il punto è proprio questo: quando il sistema non può evitare di relazionarsi con le sue contraddizioni usa argomenti e si inserisce nei nuovi modi di fare economia nati dalle esperienze alternative cannibalizzandole. Per la Franciacorta il business del vino era “il bello” pronto per animare le anime “green” dei nostri imprenditori del cemento e del tondino. Un vino del tutto industriale, lo spumante, creato in mega cantine\industrie, nato da vitigni completamente avulsi alla tradizione locale, impiantato anche su terreni e in zone poco adatte e per questo esposte all’inquinamento e bisognose di massicce dosi di chimica (pesticidi). Anche su questo tema la cittadinanza, stanca di subire direttamente nelle proprie case l’invasione di prodotti spruzzati nei vigneti, ha preteso e ottenuto un regolamento sull’uso dei fitofarmaci che, seppur inadatto, ha rappresentato un primo passo verso la tutela della salute e dell’ambiente. La richiesta della cittadinanza, dei comitati, delle associazioni era 100% biologico. Era il punto di partenza minimo. All’interno del Consorzio Vini però i tre grandi Brand (tra i quali Bellavista di Moretti) non hanno avuto il coraggio di inserire nel disciplinare il modello biologico limitandosi ad avallare ben più blande restrizioni comunali.
E poi il gioiello di famiglia: la cantina Bellavista. Là dove c’era una collina chiamata Bulesna oggi c’è una piana: cosa è successo?
Storia vecchia di almeno 40 anni ormai. Molto comune ad altri grandi magnati del vino e dell’enogastronomia e non solo in Franciacorta. Si prende un territorio vergine, bello, accessibile e vivibile a tutti per la sua gradevolezza e lo si chiude, recintandolo, privatizzandolo. Nel nostro caso una collina boscosa con panorami mozzafiato sul lago d’Iseo, vissuta da cacciatori, contadini ma anche da escursionisti, sportivi e famiglie è stata sottratta alla collettività per farci la residenza personale della famiglia Moretti, la cantina Bellavista e un resort di lusso. Ora per godere di quei panorami bisogna avere una MasterCard ben fornita in tasca.
Il Golf Franciacorta è una delle sue più grandi imprese che lui stesso ha definito “la più grande isola verde della Franciacorta”. Ma come nasce questo Golf e quanto inquinamento produce?
La narrazione che fa Moretti ogni volta che parla del Golf è che lui ha convertito delle cave d’argilla in un’area verde. Eviterei di analizzare la questione economica (non credo che l’abbia fatto rimettendoci del denaro) ma basti dire che il modello di “isola verde” promosso dal golf NON ha nulla di naturale. È un giardino che inquina e modifica in negativo l’equilibrio naturale della zona. Come tutti i golf inquina perché consuma molta acqua ed è manutenuto finemente a suon di trattorini, potature, erbicidi e pesticidi, con alberi non autoctoni e zero fauna.
Nella sua carriera imprenditoriale stringeva amicizia con Slow Food. Buon viso e cattivo gioco?
Per Moretti credo faccia parte del suo modo di intendere la parte “etica” del suo essere imprenditore, minoritaria ma legittima dal suo punto di vista. Quello che mi piace meno è la posizione di Slow Food che invece consideravo vicina ai comitati e agli ambientalisti.
Poi arriva il 2019 e Moretti propone il Franciacorta Concert Hall, un progetto di un enorme blocco di cemento all’interno di una zona di rilevanza paesaggistica come la Franciacorta. Il 18 settembre 2020, al Convento dell’Annunciata di Rovato (affidato dalla Comunità dei Frati alla Fondazione Vittorio e Mariella Moretti), Moretti presenta il libro del Presidente di Slow Food Carlin Petrini “Terrafutura” sull’agroecologia e sul cambiamento di modello di sviluppo. C’è una nota che stona o sbaglio?
Lo stonato li era Carlin Petrini. Non riesco a capire perché presta la propria immagine e il suo buon nome, comprese le tante belle iniziative create da Slow Food, in un’amabile dialogo con imprenditori spesso in contraddizione con gli ideali che lo han reso celebre. È in quei mesi che una decina di ambientalisti locali scrivono una lettera a Carlin Petrini per chiedergli di prendere posizione contro FCH e contro il greenwashing di Moretti. Sono passati 5 mesi e Petrini non ha ancora risposto.
Il 6 marzo 2021 viene pubblicata una lettera sul Giornale di Brescia a firma di Vittorio Moretti con il marchio della Moretti Spa in cui si esalta tutto il progetto della Concert Hall e il suo essere “ecosostenibile”. In cosa, secondo Moretti, un blocco di cemento sarebbe “sostenibile” e perché non lo è affatto?
Quella lettera voleva descrivere i profili green della costruzione del Franciacorta Concert Hall. Tra le altre cose si informava che sarebbe “sostenibile” perché le aree di servizio verranno piantumate con 560 tra le “piante adulte (…) più efficienti” in grado di assorbire 103.000 kg di CO2 all’anno, mentre il “parco botanico” ne assorbirebbe 168.000 all’anno. Però non si capisce bene da dove provengano questi dati e come siano stati quantificati. Mi chiedo: come è possibile definire ecologica un’operazione volta allo svuotamento di una collina sostituendola con tre mega cubi di cemento armato? È un’evidente stortura. Anche focalizzandoci solo sulla Co2, con un rapido calcolo e basandoci sui numeri presentati dai proponenti, emerge un disastro ambientale. Prendendo in considerazione solo la Co2 emessa dalle auto (e non quella emessa dal funzionamento della struttura), avremmo circa 2.500 auto a spettacolo (stando bassi rispetto alle loro previsioni) e, calcolando che sono previsti 4 spettacoli a settimana, avremmo circa 10.000 auto a settimana. In 50 settimane annue avremmo 500.000 auto all’anno. Se ipotizziamo, stando sempre al minimo, 40 km per ogni auto (andata e ritorno) avremmo 20.000.000 di km. Le auto più moderne emettono circa 100 g di Co2 al km. È ineluttabile che vi sia la produzione di almeno 2.000.000 di kg di Co2 solo per il traffico veicolare aggiunto. Possiamo anche sottrarre i 168.000 kg del “giardino botanico”, ma comunque la FCH produrrà un aggravio di Co2 almeno di 1.832.000 kg.
Questi sono i calcoli che abbiamo fatto come comitato, ma poi ci sono tantissimi altri argomenti che, il comitato di cui faccio parte, ha esposto nei dettagli, dimostrando l’insostenibilità dell’opera da un punto di vista ambientali. Purtroppo, invece di ammetterli, i suoi sostenitori tentano di sminuirli o ribaltarli e quindi mi domando: anche questo può essere considerato greenwashing?