A novant’anni appena compiuti ci ha lasciato Giorgio Forti, professore emerito presso la facoltà di Scienze dell’Università Statale di Milano e membro dell’Accademia dei Lincei.
Lo ricordiamo soprattutto per il suo impegno ultradecennale nella Rete ECO (Ebrei contro l’occupazione) e per la sua costante denuncia, senza alcuna esitazione, dei crimini israeliani e del sostegno dato a Israele dalle comunità ebraiche che ne divenivano in tal modo complici.
Non era un carattere facile Giorgio, e lo sa chiunque lo abbia conosciuto. Personalmente alcuni anni fa ebbi con lui una lite violenta per una diversa attenzione verso l’autore, a sua volta di origine ebraica, di un volume da me apprezzato e presentato pubblicamente nonostante le sue critiche.
Ma Giorgio Forti era sempre presente e in decine di occasioni, sempre legate al doloroso tema della situazione palestinese, abbiamo avuto modo di apprezzare la sua coraggiosa denuncia e il suo impegno incondizionato.
Per questo voglio ricordarlo con le sue parole, scritte solo un mese fa a commento di un articolo sul diritto alla memoria, ma non alla sua strumentalizzazione. Giorgio scriveva che, nonostante avesse subito i tragici eventi che in quanto ebreo lo costrinsero a lasciare la scuola elementare e a emigrare nel 1938, questo oggi non gli dava il diritto di chiedere nessun trattamento di favore contro altri e affermava testualmente: “Penso che chiunque usi persecuzioni subite, o anche solo immaginate, per diventare persecutore di altri, è sostanzialmente nel campo dei nemici della libertà e uguaglianza e giustizia, cioè appartiene al nazifascismo. Di tipo nazionalista, nazional-religioso o nazional-ateo non fa differenza. Perché chi è nazionalista è animato dal sentimento che la propria nazione è meglio delle altre e le deve dominare: lo stesso pensavano quelli che hanno dato fuoco al mondo con la scritta sul cinturone ‘Gott mit uns’.”
Questo era Giorgio Forti, un uomo col quale si poteva anche discutere con veemenza, ma del quale nessuno potrà mai dire che non portasse avanti con coraggio e onestà intellettuale i suoi profondi convincimenti per la giustizia e, in particolare, per quella che vedeva negata al popolo palestinese sotto occupazione israeliana.
La rete E.C.O. perde un membro importante, ma anche la società civile che ha a cuore la giustizia contro l’oppressione perde un suo combattente sincero.
Chi volesse dargli l’ultimo saluto, potrà farlo domani, 3 marzo, alle ore 11 presso la chiesa dei SS Nereo e Achilleo in viale Argonne a Milano.