In questo comunicato stampa l’Ordine dei Medici di Torino ha annunciato un accordo con la Gepsa, Ente gestore del CPR di Torino, basato su un protocollo d’intesa stilato con la Prefettura.
Abbiamo approfondito l’argomento in questa intervista col Dott. Guido Giustetto, presidente dell’Ordine dei Medici di Torino.
Buongiorno Dott. Giustetto, avete fatto un accordo con l’Ente gestore Gepsa del CPR di Torino basato su un protocollo d’intesa stilato con la Prefettura. Nel Vs. comunicato stampa parlate di “pochi medici”. A cosa imputate questa scarsità di personale medico assunto da Gepsa (unico fin’ora a poter operare nel CPR)?
Io credo che la motivazione principale sia legata ai vari cambiamenti via via apportati ai regolamenti organizzativi, cambiamenti che hanno visto ridurre la quantità di denaro destinata alla gestione dei CPR.
La riduzione della quota di bilancio ha determinato la riduzione delle ore di presenza del personale nelle singole attività sanitarie.
Questo aspetto naturalmente non riguarda solo i medici ma anche gli infermieri, i mediatori culturali, anch’essi attori dell’assistenza sanitaria ai trattenuti.
Oggi viene garantita la presenza di un medico sei ore al giorno, c’è la reperibilità nell’arco delle 24 ore, ma sei ore al giorno di presenza effettiva non sono sufficienti per svolgere appieno tutte le attività che rispondano ai bisogni di salute che si creano all’interno della struttura.
L’idea è stata quella di garantire un certo numero di colleghi che svolgessero volontariamente un’attività all’interno del CPR sui fronti verso cui è necessario intervenire
Nel vostro comunicato elencate un certo numero di mansioni in cui i medici volontari coadiuveranno i medici della Gepsa. Si evince quindi un’attuale carenza nell’espletamento di queste mansioni. Tra i punti elencati ci sono l’idoneità di salute della persona al trattenimento, e la compilazione della documentazione medica al momento di un’eventuale rilascio o rimpatrio della persona migrante.
Il concetto di base da cui vogliamo partire è aumentare le ore di presenza del medico all’interno della struttura e di fare in modo che almeno nelle ore diurne sia sempre presente un medico, ma qualora il numero di volontari che si renderà disponibile fosse in numero sufficiente, ci prefiggiamo di affiancare i medici della Gepsa durante i loro turno, in modo tale che si possano svolgere alcune attività in doppio, un’attività importante è proprio dare un aiuto a compilare in maniera approfondita le cartelle all’arrivo.
Le cartelle all’arrivo sono quelle che prevedono la valutazione dell’idoneità della persona alla vita in collettività (al trattenimento all’interno del CPR, n.d.r.).
Un altro aspetto legato a questo è andare a definire ed eventualmente ridefinire i criteri che determinano l’idoneità al trattenimento.
Questo compito, secondo il regolamento CIE dovrebbe essere svolto dall’ASL, però visto che attualmente questo non avviene ci rendiamo disponibili.
Ciò non toglie che il paziente verrà seguito all’interno della struttura nel caso in cui si individuino, sulla base dell’anamnesi (determinazione iniziale dello stato di salute del paziente mediante la raccolta particolareggiata delle notizie che lo riguardano, n.d.r.), uno o più problemi di salute che comunque non rendano inidoneo il paziente.
Quindi l’approfondimento delle cartelle cliniche in entrata ci permette di avere una buona conoscenza sullo stato di salute di ogni trattenuto.
Laddove il paziente non rientri nei criteri di idoneità faremo in modo che possa essere ricoverato in ragione del fatto che sussistano verosimilmente problemi più severi e che quindi possa ricevere un’assistenza sanitaria.
Una delle ipotesi che stiamo facendo, con modalità ancora da mettere a punto, è quella di istituire un’interfaccia con i centri ISI in modo tale da avere uno storico sullo stato di salute della persona, quanto meno per quella quota di trattenuti che verosimilmente sono stati seguiti di centri ISI prima dell’accesso al CPR.
Questa interfaccia ci permetterebbe di conoscere gli esiti di eventuali esami o visite specialistiche fatte, di avere quindi un quadro più preciso sullo stato di salute del trattenuto.
Qualora il trattenuto venga rilasciato per motivi di salute, o scadenza dei termini del trattenimento, o rimpatriato, abbiamo pensato di mettere a punto un sistema definito per la compilazione della “scheda sanitaria” (regolamento CIE 20/10/2014, n.d.r.) nella quale si possano inserire in modo particolareggiato i problemi che il paziente ha avuto, compresi gli eventuali esami fatti.
Questa scheda verrà tradotta, tipicamente in inglese, ma anche nella lingua madre della persona, in modo che la persona uscita dal CPR per motivi di salute, decorrenza dei termini, o rimpatrio, possa utilizzare questo documento al meglio per la propria salute.
Per quanto riguarda le traduzioni della scheda sanitaria sarà importante la collaborazione dei mediatori.
Ci proponiamo anche di continuare, ed eventualmente perfezionare laddove se ne individuasse la necessità, la consegna, alle persone rilasciate per decorrenza dei termini o sopravvenuta inidoneità, documentazione utile a reperire in Torino i servizi socio-sanitari (documentazione attualmente redatta dal Gris Piemonte, n.d.r.).
Quindi stiamo parlando di un supporto medico non solo strettamente legato a visite e somministrazione di terapie, ma orientato ad un’ottica più ampia.
Un’esigenza che ci è stata sottolineata è quella di avere un pool (gruppo, n.d.r.) di specialisti: qualora ci siano 3/4 pazienti ad esempio con problemi ortopedici, l’avvalersi del supporto di un ortopedico, che in questo caso ipotizziamo possa visitare i pazienti una volta ogni 15 giorni, snellirebbe molto le attuali procedure.
Il protocollo consta anche di una sezione che riguarda l’assistenza odontoiatrica, che per la precisione a livello pubblico è carente anche per gli italiani. Pensiamo in questo caso di avvalerci delle strutture di associazioni del terzo settore che hanno, per la verità, un’attività odontoiatrica piuttosto rilevante, speriamo anche di arrivare a poter realizzare delle protesi dentarie per coloro che ne hanno bisogno.
Ultimo punto, ma assolutamente rilevante, è la possibilità di riorganizzare l’attività dei prelievi, che proprio per problemi di ordine organizzativo, attualmente vengono fatti in modo tale da non essere accettati dagli ospedali.
E’ importante rivedere questo sistema: ci sono prelievi di routine che potrebbero aspettare anche sette giorni, altri certamente no.
Queste sono le problematiche attualmente emerse, ma è un progetto che dev’essere puntualizzato mano a mano che si va avanti: ci saranno delle cose che magari attualmente pensiamo rilevanti e che constateremo risolvibili con meno fatica, e altre sulle quali attualmente abbiamo un’idea generica ma che nel tempo potrebbero richiedere un impegno maggiore.
Questo accordo con Gepsa ha sollevato alcune perplessità e critiche: in primo luogo per l’impiego di volontari laddove le attività spetterebbero al SSN; e poi per un “vano efficientamento” di un sistema considerato dannoso e fallimentare. Come risponde a queste critiche?
Il fatto che il volontariato non debba sostituirsi a quelli che sono gli obblighi dello Stato nei confronti dell’assistenza sanitaria è a mio parere in linea teorica una critica logica.
Tuttavia occorre poi scendere nel dettaglio delle situazioni, in particolare di questa situazione.
In base alle leggi e regolamenti attualmente vigenti non sarebbe attualmente possibile garantire un’assistenza sanitaria più efficace a queste persone.
In questo senso non si tratta quindi di una vera e propria “sostituzione”, con i finanziamenti assegnati e i criteri di bilancio definiti, lo Stato pone un perimetro ben determinato, ecco perché la ritengo una critica che non entra nel merito pratico della situazione.
L’Ordine dei Medici ha tra i suoi aspetti fondanti quello della solidarietà nei confronti di persone più fragili, in difficoltà umane, il protocollo stilato con la Prefettura punta proprio a questo.
Ritengo che per le singole persone, in quel posto, in quella situazione, avere un’assistenza sanitaria di qualità e completa sia un vantaggio per la loro salute.
Naturalmente ognuno di noi, singolarmente col proprio retroterra culturale, porta avanti le proprie battaglie e prende le proprie decisioni, tuttavia come medici noi pensiamo alla cura della salute.