Tavernola Bergamasca, paesello sulla sponda bergamasca del Lago d’Iseo, sta attraversando ore di paura per il movimento di una frana sul versante dell’ex miniera Ognoli a monte della Bretella, facendo scattare l’allarme preventivo. La miniera era stata chiusa per una frana di 7mila metri cubi e riaperta il 13 aprile 2019.  Il fronte franoso, di 300 metri in orizzontale e 400 in verticale, che si estende da Est ad Ovest e verso l’alto fino alla località Squadre di Parzanica.

Da molti anni per tenerlo sotto controllo, in accordo con la Regione, il Cementificio ItalSacci ha fatto installare in loco un sofisticato sistema di monitoraggio attraverso dei sensori in grado di rilevare ogni minimo movimento. Infatti l’allarme è scattato quando i 40 sensori di controllo (ha segnalato un movimento superiore ai 12 millimetri. Fin dall’inizio si ha avuto il sospetto che a far muovere il tutto fosse stata la scossa di terremoto che si è verificata nella zona fra giovedì e venerdì, e che ha avuto come epicentro il paese di Viadanica (BG).

Cementificio ItalSacci, Comuni di Tavernola, Parzanica e Vigolo da settimana scorsa sono in stato d’allarme per il vasto versante che si estende a monte della Bretella e del raccordo a lago realizzati dalla società negli anni ’90.

Ma dove fonda le sue radici questa immediata “emergenza ambientale”? Quali sono i fattori di rischio che hanno portato allo stato presente? Ne parliamo con Ezio Locatelli, ex-parlamentare di Rifondazione Comunista, segretario provinciale di Rifondazione Comunista di Torino dal 2012 e membro della segreteria nazionale del partito dal 2016 al 2019. Originario di Castelli Calepio (BG), è stato punto di riferimento del territorio, per molti anni in quanto promotore di importanti comitati e movimenti popolari, ambientalisti, pacifisti e sulle tematiche del lavoro.

 

Il pericolo che un’onda anomala travolga Tavernola Bergamasca non è un fatto sconosciuto. Quali sono le cause ambientali di questo pericolo?

Si è vero, Tavernola è stata interessata a più riprese da fenomeni di smottamento dell’abitato e della strada prospiciente al lago d’Iseo. Fenomeni che denotano la fragilità dell’assetto idrogeologico comune ad altri paesi rivieraschi. Tuttavia, nel caso specifico riguardante il movimento franoso del Monte Saresano non si deve parlare solo o tanto di fragilità di un territorio. Il rischio incombente di un collasso della montagna è in tutto e per tutto ascrivibile alle attività smodate di escavazione che sono state portate avanti con il beneplacito di chi doveva sovraintendere alla messa in sicurezza dai rischi ambientali. Cosa, quest’ultima, che non è stata fatta. Si è dato priorità agli interessi aziendali. Quando si intraprendono attività di escavazione che destabilizzano i versanti, quando si toglie il piede di una montagna, come è stato fatto, la montagna viene giù. C’è poco da fare.

Come movimenti ambientalisti locali quali lotte avevate intrapreso sul territorio? Da quando segnalate il problema?

Risale al 1985, a ben 36 anni fa, l’avvio di un movimento vero e proprio contro il dissesto ambientale nel comprensorio di Tavernola, Parzanica, Vigolo. A quel tempo rivestivo la carica di carica di consigliere provinciale di Bergamo. Venni contattato da un gruppo di persone del posto che mi chiesero sostegno in ordine alle problematiche connesse alle attività di escavazione del cementificio di Tavernola. Diedi vita al Comitato contro la miniera di Parzanica. In ballo c’era l’apertura di una miniera di marna da cemento per l’estrazione di un milione e mezzo di metri cubi di materiali. Un quantitativo enorme. Una miniera che oltre ad avere un impatto ambientale devastante avrebbe compromesso la possibilità di uno sviluppo compatibile con i beni naturali e ambientali. Da lì intraprendemmo con le comunità locali una lotta durata all’incirca quindici anni. Una lotta non solo contro la miniera, ma le altre attività di escavazione (una per tutte, la realizzazione di una nuova strada Tavernola Parzanica che era una attività estrattiva mascherata), l’inquinamento ambientale delle attività di incenerimento. La prima uscita fu quando alcuni di noi, supportati da tante persone del posto, si legarono alle porte d’ingresso del municipio di Parzanica con le campane della vicina Chiesa che venivano suonate per richiamare la popolazione alla mobilitazione. Una lotta lunga e partecipata – tantissimi incontri e assemblee, volantinaggi, manifestazioni e feste di piazza –  e al tempo stesso una lotta aspra stante le non poche minacce, aggressioni ai danni di chi era in prima linea contro la miniera. Una lotta aspra stante anche le divisioni, gli schieramenti contrapposti che a un certo punto i fautori della miniera riescono a ingenerare tra lavoratori e popolazione, tra la stessa popolazione, addirittura tra famiglie, sulla base di promesse di posti di lavoro, di prebende varie. Gli anziani del paese a monte di Tavernola, già allora, mi indicavano le fenditure che erano nella montagna dicendo che prima o dopo la stessa sarebbe scesa a valle. Questo è quello che sta avvenendo.

La sicurezza ambientale è un tema che riguarda tutt* ma, a quanto pare, nella nostra società, può essere sacrificata per i profitti di pochi. Anche a costo di un possibile disastro ambientale?

Purtroppo le cose adesso stanno così. Le politiche che vengono portate avanti, quelle dominanti che hanno il capitale e il profitto come motore e ragion d’essere, giocoforza sono in rotta di collisione con la tenuta degli ecosistemi. In rotta di collisione anche a costo di causare danni gravissimi e irreversibili alle condizioni di esistenza del genere umano come nel caso dei cambiamenti climatici.  Il caso di Tavernola, di cui stiamo parlando, è la metafora dei danni irreversibili che possono essere causati dalla economia capitalistica che vive del predominio del profitto privato. Per contrastare i guasti inflitti all’ambiente, alle condizioni di esistenza, alle ingiustizie occorrerebbe uscire quanto prima dalla tossicodipendenza di questo modello distruttivo, battersi per una svolta radicale del modo di funzionare dell’economia. Credo che ci sia bisogno, più che mai, di fare questo.

Ad oggi possiamo affermare con certezza che, per eventuali danni, bisogna ricercare e riconosciute le eventuali responsabilità politiche?

E’ incredibile della poca memoria sugli antefatti, le proteste, le denunce riguardo il rischio di un disastro ambientale. Forse più che di poca memoria si deve parlare di rimozione. Troppe responsabili in circolazione: c’è chi ha fatto i propri sporchi interessi ma c’è anche chi doveva controllare, difendere l’interesse pubblico e non l’ha fatto. Responsabilità che certamente andrebbero perseguite ma non è detto che lo sia da parte di un sistema colluso con i grandi interessi privati, di un sistema che è forte con i deboli e debole con i forti. Bisogna imporre una svolta radicale nelle politiche economiche e ambientali prima che sia troppo tardi. Per questo non bisogna smettere di fare opera di controinformazione e di lottare.