Tra le due e le trecento persone, in grandissima parte donne, hanno animato un vivace flashmob oggi davanti all’Arco della Pace a Milano, a pochi passi dal consolato turco.
Denunciavano il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, fatto improvviso, con un chiaro responsabile: l’attuale presidente Erdogan. Una buona parte delle manifestanti hanno inscenato l’oramai classico “El violador eres tu!”, e poi interventi, alternati a musica, persino una danza, tenendosi magicamente e clandestinamente per mano.
E sì che la convenzione porta proprio il nome di Istanbul e che la Turchia fu il primo Stato firmatario. Un bel giro di 180 gradi, ma in fondo c’è poco da stupirsi: una volta bisogna raccogliere consensi all’estero e rendersi presentabili, un’altra bisogna accattivarsi l’elettorato più conservatore e integralista.
8 marzo, le donne, 21 marzo, i kurdi e le kurde, il Newroz che festeggia il nuovo anno. La repressione nelle piazze e nelle università continua e le carceri scoppiano. La Turchia è una pentola a pressione. Le donne sono indignate, che siano kurde o turche, per le violenze di una società che un presidente e il suo partito vogliono maschilista e patriarcale.
Le donne a Milano, come in tanti altri luoghi, portano la loro solidarietà, si sentono vicine. Le donne italiane ricordano però che anche qui, seppure la rettifica sia avvenuta e la convenzione sia quindi in vigore, la sua applicazione è ancora lontana. Le convenzioni, servono, aiutano, ma certo non bastano. Come dicono in America Latina: la lucha sigue.