Il Tribunale Amministrativo Regionale di Palermo ha sospeso i fermi che bloccavano Sea-Watch 4 da sei mesi nel porto di Palermo. Il giudice ha accolto la nostra richiesta di sospensione del blocco e, in attesa che la Corte di Giustizia Europea si pronunci sul caso, entrambe le nostre navi potranno svolgere la loro attività nel Mediterraneo Centrale.
A fine dicembre, il TAR di Palermo ha rimesso al giudice europeo i ricorsi presentati da Sea-Watch contro i fermi amministrativi che hanno colpito Sea-Watch 3 e Sea-Watch 4, mettendo in discussione la legittimità di applicazione alle navi umanitarie della direttiva europea che regola il controllo dello Stato d’approdo.
Sea-Watch ha accolto con soddisfazione questa decisione. Riteniamo infatti che l’utilizzo dei fermi amministrativi da parte delle autorità italiane per bloccare le navi umanitarie sia illegittimo e inaccettabile.
Il TAR ha chiarito che la sicurezza della navigazione è assicurata dallo Stato di bandiera e dal comandante della nave in caso di situazioni che richiedono un intervento di emergenza, sottolineando come – in ogni caso – il trasporto dei naufraghi a bordo è limitato al tempo strettamente necessario al loro sbarco in un luogo sicuro.
Alle nostre navi è stato invece contestato di trasportare a bordo troppe persone, quando sono proprio l’inazione, l’assenza di mezzi e la colpevole omissione dei soccorsi da parte delle autorità italiane ed europee a determinare le circostanze in cui gli assetti umanitari sono lasciati soli a soccorrere numeri elevati di persone, che non possono certo essere abbandonate in mare perché troppe.
A testimonianza della necessità della nostra presenza in mare, in soli tre giorni, fra il 26 e il 28 febbraio, nella sua prima missione dopo sette mesi di blocco forzato, Sea-Watch 3 ha soccorso 363 persone e stabilizzato un’imbarcazione in pericolo con 90 naufraghi a bordo.
“Le persone soccorse e il nostro equipaggio sono allo stremo e attendono con urgenza l’assegnazione di un porto sicuro: le condizioni meteo sono peggiorate a causa del vento ed è impossibile evitare il diffondersi dei casi di ipotermia”, dice Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch. “Sarebbe un segnale di umanità importante da parte del nuovo governo risparmiare a queste persone un’altra notte in mare”.
Tra i naufraghi ci sono 47 donne, alcune in stato di gravidanza, mentre i minori sono un terzo del totale, di cui 120 non accompagnati. “Tutti sono stremati dal viaggio e dalle vessazioni subite, dall’esposizione al freddo e dalla mancanza di spazio. Molti sono assistiti dal nostro personale medico per ustioni da carburante”.
Sea-Watch 3 è partita dal porto di Burriana, in Spagna, dove si trova il nostro cantiere e dove siamo stati autorizzati a portare la nave per lavori di manutenzione dopo il fermo amministrativo che ci è stato notificato nel mese di luglio a Porto Empedocle.
Nelle scorse settimane, le autorità spagnole hanno effettuato un’ispezione di Sea-Watch 3 e ne hanno verificato la conformità con le norme di sicurezza, già riconosciuta, per altro, dalle autorità competenti del nostro Stato di bandiera, la Germania. Con la certificazione della sua idoneità a operare, Sea-Watch 3 è tornata quindi in mare, soccorrendo subito centinaia di persone in fuga dalla Libia.
Oltre alle nostre navi, anche altri quattro assetti civili di ricerca e soccorso e il nostro aereo di monitoraggio Moonbird sono stati colpiti da fermi del governo italiano nel corso del 2020.
Le conseguenze della nostra assenza nel Mediterraneo Centrale, unite alle omissioni degli assetti istituzionali italiani ed europei e al loro coinvolgimento in intercettazioni da parte della cosiddetta guardia costiera libica, hanno portato dall’inizio del 2020 a oggi alla morte di quasi mille persone e al respingimento illegale in Libia di circa 18mila.