Martedì prossimo, 16 marzo, la Commissione Esteri del Senato inizierà l’esame del disegno di legge di ratifica della Convenzione di Nicosia del Consiglio d’Europa, firmata a Nicosia il 19 maggio 2017, volta a prevenire e contrastare il traffico illecito e la distruzione di beni culturali. Si tratta della Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni riguardanti i beni culturali, ad oggi l’unico trattato internazionale specificamente dedicato al contrasto del traffico illecito di beni culturali. Stabilisce le varie fattispecie, quali furto, scavi illegali, importazione e esportazione illecite, acquisizione e commercializzazione dei beni così ottenuti. Inoltre, riconosce come reato la falsificazione di documenti e la distruzione o il danneggiamento intenzionale dei beni culturali.
Sin nel Preambolo, la Convenzione richiama il fatto che la diversità dei beni culturali appartenenti ai diversi popoli del mondo costituisce una testimonianza unica della cultura e dell’identità dei popoli stessi e forma il loro patrimonio culturale. Osserva che i reati relativi ai beni culturali sono in aumento, e tali reati, in misura crescente, stanno concorrendo alla distruzione del patrimonio culturale mondiale. Richiama, infine, per quanto detto in premessa, la gravità del fatto che la criminalità organizzata è coinvolta nel traffico illecito di beni culturali e i gruppi terroristici sono spesso responsabili della deliberata distruzione dei beni culturali e del patrimonio culturale e inoltre utilizzano il commercio illecito di beni culturali come fonte di finanziamento.
L’ambito di applicazione della Convenzione è, dunque, duplice: da un lato, è uno strumento di tutela del patrimonio culturale, dall’altro è uno strumento di prevenzione e di contrasto del traffico illecito e della distruzione deliberata di beni culturali. In base all’art. 1, lo scopo della Convenzione è di prevenire e di combattere la distruzione, il danneggiamento e il traffico di beni culturali, anche definendo specifiche fattispecie di reato; rafforzare la prevenzione e la risposta della giustizia per i reati relativi ai beni culturali; promuovere la cooperazione internazionale nella lotta ai reati relativi ai beni culturali e nella loro protezione.
Impegni specifici vengono definiti in relazione ad importazione ed esportazione illegale di beni del patrimonio, secondo quanto definito negli artt. 5 e 6: laddove commessa intenzionalmente, l’importazione di beni culturali mobili, vietata ai sensi del diritto interno, per il fatto che si tratta di beni rubati in un altro Stato, scavati o conservati illegittimamente, o esportati in violazione della legge dello Stato che ha definito come tale il bene culturale, costituisce un reato ai sensi del diritto interno. Inoltre, l’esportazione di beni culturali mobili, laddove l’esportazione è vietata o viene effettuata senza autorizzazione, costituisce un reato, ai sensi del diritto interno, se commessa intenzionalmente. Per quanto riguarda la distruzione e il danneggiamento, in base all’art. 10, sono riconosciuti come reati la distruzione e il danneggiamento di beni culturali mobili o immobili, indipendentemente dalla proprietà di tali beni, nonché la rimozione illegale, in tutto o in parte, di qualsiasi elemento, dai beni culturali mobili o immobili, ai fini dell’importazione, dell’esportazione o della collocazione sul mercato.
Fondamentale, di conseguenza, il ruolo della cooperazione internazionale, in quanto, secondo l’art. 19, le Parti cooperano tra loro, nella misura più ampia possibile, ai fini delle indagini o dei procedimenti riguardanti i reati definiti dalla Convenzione, compresi il sequestro e la confisca; in particolare, in base all’art. 21, le Parti cooperano, nella misura più ampia possibile, allo scopo di prevenire e combattere la distruzione intenzionale, il danneggiamento e il traffico di beni culturali. Inoltre, gli Stati dovrebbero promuovere la consultazione e lo scambio di informazioni per quanto riguarda l’identificazione, il sequestro e la confisca dei beni culturali che sono stati oggetto di reato e che sono stati recuperati nel proprio territorio; contribuire alla raccolta di dati internazionali sul traffico di beni culturali mobili condividendo o incrociando inventari e banche dati nazionali sui beni culturali oggetto di reato, e contribuendo a inventari e banche dati internazionali; infine, facilitare la cooperazione allo scopo di proteggere i beni culturali anche in tempi o in circostanze di instabilità o conflitto.
Inevitabile, a tal proposito, il rimando alla Convenzione dell’Aja (1954) per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, il cui scopo è quello di tutelare i beni culturali nei conflitti armati e preservarli da distruzione, vandalizzazione, rapina, furto o saccheggio. Non a caso, la Convenzione dell’Aja definisce come beni culturali i beni mobili o immobili di riconosciuta notevole importanza per il patrimonio culturale dei popoli.
Dal punto di vista “quantitativo”, il “Transnational Crime and the Developing World Report 2017” del Global Financing Integrity ha messo in evidenza il fatto che il traffico illecito di beni culturali copre un valore annuo tra 6 e 8 miliardi di dollari, con ricavi annui non inferiori al miliardo di dollari, e rappresenta circa il 20% di tutti i crimini contro il patrimonio culturale; inoltre, secondo l’INTERPOL, il traffico di beni culturali a livello mondiale è secondo solo al commercio di armi e droga. Ma fondamentale resta il punto di vista “qualitativo”: la deliberata distruzione di patrimonio culturale costituisce un danno per i popoli e per l’umanità intera e una violazione della «memoria del mondo», l’insieme del patrimonio culturale, documentario e paesaggistico dell’umanità, che va salvaguardato tanto dall’oblio collettivo e dalla manipolazione dei poteri politici, quanto dal saccheggio e dalla distruzione, e che proprio dai fattori sociali e culturali trae la propria linfa essenziale.