Questo 18 marzo sono due anni dall’assassinio del leader indigeno Bribri, Sergio Rojas Ortiz, ucciso a colpi di arma da fuoco in un contesto di recrudescenza della violenza contro i popoli Teribe (Brörán) e Bribri, che lottano per recuperare i loro territori ancestrali.


Fondatore del Fronte nazionale dei popoli indigeni (Frenapi) e membro del Consiglio delle autorità Ditsö Iriria Ajkonük Wakpa (Cdiaw), Sergio Rojas è beneficiario delle misure precauzionali imposte nel 2015 allo Stato del Costa Rica dalla Commissione interamericana dei diritti umani (IACHR).

In più di un’occasione, la Commissione si è pronunciata sul crimine e ha invitato le autorità costaricane ad adempiere all’obbligo di indagare, identificare e sanzionare gli autori materiali e intellettuali del brutale omicidio.


Nonostante ciò, nel settembre dello scorso anno, la Procura ha chiesto l’archiviazione del caso, apparentemente per gli ostacoli posti dall’apparato giudiziario per firmare vari ordini di perquisizione. Una decisione che si inquadra in un contesto di totale impunità per i crimini commessi contro membri di popolazioni indigene impegnate nel recupero dei territori usurpati.


Impunità che va di pari passo con l’indolenza di uno Stato che, nonostante l’esistenza di una legge che regola e garantisce i diritti territoriali delle popolazioni indigene, non avanza nel riordino e la delimitazione territoriale, lasciando la popolazione esposta ad attacchi sempre più violenti.

La richiesta di archiviare il caso dell’omicidio di Sergio Rojas è stata oggetto di un appello delle Nazioni Unite al Costa Rica, a proseguire le indagini e assicurare i colpevoli alla giustizia.

A metà gennaio di quest’anno, il tribunale di Buenos Aires, Puntarenas, ha finalmente  respinto la richiesta di archiviazione e ha ordinato la prosecuzione delle indagini, nel rispetto degli standard internazionali di ‘diligenza dovuta’.


Sempre a gennaio, la sottocommissione della Commissione speciale permanente sui diritti umani del parlamento costaricano ha invitato la Procura ad applicare “tutte le competenze disponibili per ottenere le prove che permettano l’identificazione dei responsabili e consentano allo Stato di punire il crimine commesso contro il leader indigeno”.


“Fino a quando la giustizia non sarà raggiunta”


“Sergio ha guidato la lotta per il recupero dei territori nella zona indigena Bribri di Salitre, affrontando istituzioni razziste e imprenditori senza scrupoli. Lo Stato non gli ha mai garantito la protezione necessaria e il risultato è che è stato assassinato.


Nonostante ciò, il movimento indigeno autonomista non si è fermato e Sergio continua a essere un riferimento molto importante per la lotta contro chi usurpa i territori”, dice Mariana Porras, membro della Federazione costaricana per la conservazione ambientale (Fecon).


Porras condanna  l’impunità per l’assassinio del leader indigeno Bribri.


“In Costa Rica c’è una totale mancanza di riconoscimento del diritto indigeno e una mancanza di rispetto per la legislazione nazionale e le convenzioni internazionali sulle popolazioni indigene. Da fuori tutti pensano che le cose qui vadano bene, che tutto sia tranquillo, ma non è così.


Le loro terre continuano a essere attaccate e invase, mentre il sistema giudiziario scarta sistematicamente tutte le denunce  che vengono presentate. È chiaro che non c’è interesse a risolvere questa situazione.

Ci sono forti pressioni da parte di faccendieri e multinazionali per continuare a sfruttare i territori con attività estrattive e agroindustriali”, assicura l’attivista ambientale.


Nonostante ciò, le popolazioni indigene costaricane, il movimento ambientalista e le organizzazioni sociali continueranno a esigere verità e giustizia per Sergio.


“Continueremo a combattere affinché il caso non cada nel dimenticatoio. Oggi (18 marzo) ci saranno diverse attività in cui chiederemo verità e fine dell’impunità. Questo sarà il nostro compito, finché non otterremo giustizia”, conclude Porras.