Di Ilaria Di Roberto
L’otto marzo è una giornata internazionalmente (ed erroneamente) riconosciuta come “festa della donna”.
Tale ricorrenza è nata per commemorare le lotte sociali e politiche che le donne hanno dovuto affrontare nel corso degli anni, affinché la loro voce venisse ascoltata di fronte al dominio imperante della cultura patriarcale vigente.
É importante specificare infatti che se oggi tutte le ragazze possono indossare i pantaloni, andare a scuola, votare, lavorare ed essere indipendenti é proprio grazie alle ribellioni che le donne hanno condotto nel corso degli anni; lotte finalizzate alla recisione di tutta quella serie di dogmi e di convenzioni socio-culturali entro le quali non si sono mai riconosciute.
Questa giornata viene sovente associata a due avvenimenti storici: il primo risale al 1911, quando nel corso di una protesta da parte di un gruppo di operaie di una industria tessile a New York, si verificò una delle più grandi tragedie che la storia ricordi. Durante lo sciopero, scatenato dalle terribili condizioni lavorative in cui le donne riversassero, per stroncare la protesta i proprietari dell’azienda bloccarono tutte le uscite della fabbrica, impedendo alle operaie di uscire. Tuttavia, qualcosa andò storto e scoppiò un incendio che uccise ben 134 lavoratrici. Sebbene le fonti storiche dimostrino la veridicità della tragedia, è importante mettere in evidenza la falla cronologica delle narrazioni relative a tale episodio, il quale si verificò il 25 marzo 1911, anziché l’otto.
Il secondo evento storico, dimostra ancora una volta l’impegno delle donne per i propri diritti e la propria libertà ed è correlato alla Rivoluzione di febbraio in Russia, durante la Prima Guerra Mondiale: nella giornata dell’8 marzo 1917, alcune operaie russe scesero in strada a protestare contro lo zar, il quale abdicò quattro giorni dopo. Il governo provvisorio concesse così alle donne, il diritto al voto. Proprio per tali ragioni, questa data viene ricordata come determinante per la storia del genere femminile.
Ma allora qual è l’evento che portò davvero all’istituzione della Festa della Donna?
La nascita della Giornata Internazionale della Donna – è questo il nome ufficiale – ebbe in realtà una genesi molto più “ordinaria”, collegata strettamente al clima politico di inizio ‘900, quando le donne iniziarono ad organizzarsi per reclamare i propri diritti, in particolare quello al voto. Nel 1909 fu infatti il Partito Socialista americano a lanciare l’idea di una giornata dedicata all’importanza delle donne all’interno della società. Tale proposta travalicò i confini nazionali e venne poi ripresa dall’attivista Clara Zetkin nel 1910, durante la seconda Conferenza Internazionale delle Donne Socialiste tenutasi a Copenaghen, in Danimarca.
Da quel giorno ogni Paese cominciò a scegliere una data sul calendario da dedicare alla figura femminile. Nel 1921 si pensò ad un’unica data internazionale ed in questo frangente, la scelta cadde sull’otto marzo proprio per ricordare la protesta del 1917 in Russia. Solo nel 1977, tale ricorrenza venne riconosciuta dalle Nazioni Unite come la GIORNATA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI DELLE DONNE.
Quale sia l’avvenimento che abbia davvero determinato la scelta di questa data, poco importa: il nostro dovere morale è quello di ricordare, al di là di ogni convenzione sociale, che essere donne non è mai stato facile, specialmente in una struttura fortemente imperniata ad una cultura sessista e ad un patriarcato talmente radicato in noi che le stesse donne sovente, faticano a riconoscerlo.
Ed eccoci qui, come ogni anno, a commemorare questa ricorrenza durante la quale, a dispetto del resto dei giorni, l’effigie femminile viene inneggiata, omaggiata, idolatrata, quasiché santificata con modalità non molto dissimili dal feticismo che ruota attorno ai culti ieratici religiosi. Vediamo uomini celebrare in maniera a dir poco maniacale l’importanza di questa figura “celestiale”; un “angelo del focolare” che per il resto dell’anno, viene tuttavia repulso, asservito, discriminato o nella peggiore delle ipotesi, smembrato proprio dagli stessi che oggi si adoperano a recitare questa stucchevole liturgia, omaggiando il nostro simulacro con mimose e cioccolatini.
È inquietante come alcune delle modalità predatorie maschili, possano trasformarsi di soppiatto in un incalzante mix di slogan fallocentrici: “donna in cucina”, “chi dice donna dice danno”, “donna al volante, pericolo costante” – i cui striscioni cedono repentinamente il posto a formule alternative della serie ”la donna non va festeggiata solo l’otto marzo, ma tutti giorni”, o ancora “se tocchi una donna non sei un uomo, ma un bastardo” – e infine – “alle donne vanno messe le mani in faccia solo per baciarle”, espressioni reiterate nel tempo dagli onniscenti fanatici del “gentil sesso”, le cui intenzioni si collocano paradossalmente al di là del più sincero e leale rispetto; specie se pensiamo al fatto che ad uniformarsi a tale delirio è quasi sempre il maschio eterosessuale che in cerca di avventure e di consensi femminili, mostra la propria benevolenza con il solo ed unico intento di rimediare una notte o due di sesso sfrenato.
In questo clima parodico e nefasto, mi verrebbe da domandare ai celeberrimi oratori del “gentil sesso” – e che quasi sicuramente, domani torneranno ad essere odiatori – se almeno una volta nella vita abbiano provato davvero a rispettare le donne; a rispettarle non in quanto madri, sorelle, figlie, genitrici o mogli amorevoli, ma semplicemente in qualità di esseri adulti di sesso femminile: le donne.
Le avete mai umiliate?
Le avete mai insultate?
Avete mai detto loro di tornare in cucina o di modificare la propria natura pur di compiacervi? Vi siete mai lasciati condizionare dallo stigma sociale che ricopre il nostro ruolo? Ci avete mai additate come “troie” a causa di condotte sessuali fortemente discostate dalle aspettative di genere o ritenute socialmente contrarie alle convenzioni? Avete mai misurato il valore di una donna sulla base del suo abbigliamento? Di fronte ad un episodio di violenza di genere, siete mai intervenuti? Avete mai detto ad una vittima di molestie o stupro di essersela cercata? L’avete mai colpevolizzata per via di una gonna troppo stretta, un abito succinto o per la quantità eccessiva di rossetto sulle labbra? Le avete mai detto di stare in silenzio solo perché donna? L’avete mai obbligata a fare qualcosa contro la sua volontà? Avete mai provato a percuoterla, arrecandole dolore fisico? L’avete mai fatta piangere?
Se nel corso della vostra vita, avete perpetrato anche solo una tra le condotte sopraelencate, omaggiare la donna quest’oggi non ha alcun senso, tutt’altro, è deleterio.
Dunque, tornate nei vostri letti, spegnete le vostre sveglie, chiudete i vostri portafogli e lasciate le mimose sugli alberi, dov’è giusto che stiano. Guardatevi bene dal ricordare, commemorare o elogiare la nostra effigie, sempre e solo in funzione di quel manto virginale con cui vi siete adoperati ad investire il nostro ruolo nel corso dei secoli. Perchè potete fare di meglio.
Potete smettere di essere giudici ed iniziare ad essere umani.
Potete iniziare a sradicare tutta quella serie di luoghi comuni e pregiudizi che identificano la donna con un oggetto, liberandola dal condizionamento degli ideali di massa e permettendole – una volta per tutte – di fare della propria libertà un manifesto, anche attraverso le proprie capacità di espressione.
Potete sostituire il termine “protezione” con l’espressione “liberazione delle donne”, logorando tutte quelle massime di sentimentalismo tossico che finiscono irrimediabilmente per dipingerci come esseri inermi, deboli, quasi sempre assoggettate all’impeto del predominio maschile.
Potete sovvertire la struttura che privilegia un sesso a danno di un altro e che colloca sistematicamente le donne in una posizione subalterna rispetto all’uomo.
Potete smettere di sessualizzare i nostri corpi e di voler decidere su di essi, quando non vi appartengono.
Oggi non si festeggia.
Oggi voglio pensare che mai più nessuna donna sarà costretta a morire per mano di chi prometteva di amarla.
Voglio pensare che da oggi in poi, più nessun uomo sceglierà di prevaricare, condizionare, limitare, ingabbiare e sottomettere il nostro sesso.
Voglio pensare che mai più nessuna donna verrà colpevolizzata per aver subìto violenza.
Voglio pensare che da oggi, affermarmi come donna non costituirà più una minaccia all’incolumità fisica e morale, per me tanto quanto per le mie sorelle.
Cari uomini, la presa di coscienza resterà sempre il più bel modo di celebrare la donna.
Abbasso l’ipocrisia, oggi e sempre, potere alle donne!
Ilaria di Roberto, ex vittima di violenza e cyberbullismo, attivista femminista radicale, scrittrice.
Fonte: Movimento Contro Ogni Violenza sulle Donne https://www.movimentodonne.com/8-marzo-tra-politica-falsi-miti-e-sentimentalismo-tossico/