Arcadi Oliveres è una di quelle figure che attraversano gli ultimi 50 anni della Catalogna, uno dei famosi “imprescindibili” di Brecht. Dal movimento cristiano che contrasta la dittatura, economista schierato da sempre con radicalità contro le ingiustizie, le guerre, la fame, lo sfruttamento, la povertà.
Anno 2011, vivo a Barcellona. Mi passano il link di un video: stento a crederci. Un docente di economia dell’Università di Barcellona, almeno 50 anni, giubbotto nero di pelle, “gliele canta” ai poteri forti, come poche volte ho sentito. Qualche settimana dopo vado ad intervistarlo nella sede di Justicia i Pau (una sorta di “Mani tese” catalano) di cui è presidente. Scopro che arriva dai movimenti mondiali, da Porto Alegre a Genova, che conosce bene l’Africa e in seguito leggo suoi articoli e pubblicazioni. Alla fine di quell’intervista ci accenna al fatto che uno dei suoi quattro figli sta molto, molto male.
Dopo pochi giorni esplode il 15M, il movimento degli Indignados. Arcadi Oliveres è nelle piazze, se prima era impegnato molto, a quel punto diventa letteralmente una trottola, tiene una media di 4-5 incontri al giorno, assemblee piccole e grandi, è invitato ovunque e non dice mai di no. Parla al microfono in piazze strapiene, come in circoli davanti a venti anziani, spiegando i furti compiuti dai padroni del mondo. Snocciola dati impressionanti. E’ una miniera, un martello, instancabile. Ai primi di luglio muore quel suo giovane figlio. Qualche giorno dopo lo vedo in manifestazione, tanti gli sono vicini, gli stringono la mano. Lui apprezza, ma allarga le braccia, come dire dobbiamo andare avanti e continua la manifestazione. Incredibile, stento nuovamente a credere ai miei occhi. Una forza impressionante. Sempre tranquillo, sereno, determinato.
La sua agenda continua fittissima, mentre la sua attività di insegnamento non si ferma. In quei giorni un’equipe lo segue filmandolo. Ne verrà fuori un anno dopo un documentario commovente che esce al cinema. Trovate qui il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=K9G0IK9saIM
Negli anni seguenti ci vediamo ogni tanto, ha sempre il suo vecchio cellulare dove al massimo riceve sms, risponde, anche guidando, guarda l’agenda, incastra gli appuntamenti. Si muove per tutta la Catalogna, o guida lui, o lo accompagna sua moglie, o prende il treno, ma arriva sempre puntuale.
Mette in piedi, insieme alla suora benedettina Teresa Forcades, il movimento “Process Costituent” in vista di una Catalogna indipendente, ma con una giustizia sociale come orizzonte prioritario. L’idea di una nazione senza esercito, giusta, solidale, libertaria.
Lo invito più volte, in una scuola che abbiamo occupato, a parlare davanti a una folla di genitori, seduti e attenti, sotto un albero, alla sera, al freddo. C’è anche Andrea Rivas, amico ed economista cileno, col quale condividono il ricordo di quel golpe del ’73.
Lo vogliono da più parti candidato, mi racconta, ma lui sa che si annoierebbe, che non è quello il suo ruolo. Lui deve continuare a raccontare, spiegare, divulgare. Non si ferma. E’ un professore, un attivista, un militante, non un politico.
Qualche anno fa, in seguito alla campagna per la liberazione di Leonard Peltier, lo vediamo comparire al presidio davanti al consolato Usa. Arriva e si unisce a noi, pochi, resistenti. Conosce bene quella vicenda, conosce bene la storia di Mumia Abu Jamal, sul quale il figlio scomparso aveva scritto una tesi. Tornerà ogni volta che potrà.
Ogni tanto mangiamo insieme. Una delle ultime volte a casa sua scopro libri, riviste, opuscoli che escono da ogni angolo. Pile su pile, per terra, sulle scrivanie e in mezzo a tutto ciò un computer dove lo immagino lavorare, come un criceto sulla ruota. Impressionante.
Arcadi arriva ovunque, malgrado i suoi problemi di salute. Con un passo incerto, ma costante. Con la sensazione che la testa e il cuore trascinino un corpo che fatica a stargli dietro, la borsa a tracolla. Fa nomi e cognomi di tutti i banchieri, politici, affaristi, malfattori, elencando i guadagni milionari, le porte girevoli che li vedono in consigli di amministrazione come in cariche elettive o nella gerarchia dell’esercito. Una precisione e una memoria come un bisturi, un laser.
Tre giorni fa arriva la notizia: Arcadi sta malissimo. La famiglia ha aperto un sito dove è possibile mandargli messaggi che poi gli leggono. Lui vuole sentire tutti vicini. Arcadi non è solo della sua famiglia, è un “bene comune”. Corro a vedere il sito, scrivo anch’io. Lo sfoglio, impressionante: ogni due minuti arriva un messaggio nuovo, messaggi lunghi e corti, di chi lo ha conosciuto bene, di chi lo ha conosciuto appena, di chi lo ha avuto come professore o lo ha solo sentito in una piazza o in un incontro. Una comunità enorme che gli si stringe attorno. Non so quanti “personaggi” possano trovarsi circondati da un calore così grande e sincero. Credo pochissimi. In pochi giorni sono arrivati più di 4.500 messaggi.
Ecco il sito:
https://www.vilaweb.cat/noticies/arcadi-oliveres-web-missatges/
Grazie Arcadi. Continueremo le tue lotte, che sono le nostre, proteggeremo le tue verità, che sono le nostre.