Continua la campagna di informazione della nostra Agenzia contro la criminalizzazione del movimento NoTav, a fianco delle “Mamme in piazza per la libertà di dissenso” che ogni giovedì presidiano davanti la Casa Circondariale Lorusso e Cotugno per manifestare solidarietà alle compagne detenute e a tutt* le vittime della repressione.
Il dissenso si paga con la galera. Specialmente in questi ultimi tempi sembra una constatazione riferita a ciò che accade in altri paesi, in altri contesti e invece la stiamo sperimentando in casa nostra nella quasi totale disinformazione dei mezzi di comunicazione allineati sulle tesi delle questure e delle procure e, conseguentemente, della pubblica opinione. Sto parlando del movimento No Tav e devo confessare che anche io ero rimasto fermo al battage televisivo per i tafferugli in Val di Susa e alla conseguente militarizzazione dell’area ma senza nessuna ulteriore ricerca di informazione sugli esiti giudiziari di questi scontri dei manifestanti con le forze di polizia. La curiosità mi si è svegliata quando ho appreso che ad alcuni di loro, per i reati di danneggiamento e resistenze nel cantiere di Chiomonte (senza che nessun militare fosse rimasto ferito) era stata contestata la finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico e detenuti come i mafiosi e, appunto, i terroristi.
Ho voluto documentarmi con più precisione quando ho appreso che a Torino davanti al carcere delle Vallette da qualche tempo c’è un presidio settimanale di madri e donne per protestare contro la detenzione (e le condizioni di detenzione) di compagne e compagni condannati per fatti connessi alle azioni del movimento No Tav.
Non c’è dubbio che qualche manifestazione di protesta sia degenerato e ci sia stato un qualche episodio di danneggiamento, ma la criminalizzazione di tutto il movimento e le centinaia di denunce a strascico per la semplice partecipazione ai cortei o per il volantinaggio pone proprio il quesito che viene da quel presidio: è lecito in questo paese dissentire dalle scelte del potere specie quando queste riguardano lo scempio del territorio, la salute delle popolazioni interessate, lo sperpero di denaro pubblico per un’opera che da più parti viene ritenuta inutile, ed altro ancora?
Ed ancora, si sia o meno d’accordo sulla linea Tav, è democraticamente accettabile che contro un movimento popolare si scateni una repressione inaudita ricorrendo anche allo spettro del terrorismo, come già detto sopra? Proprio per convincere l’opinione pubblica sul pericolo terroristico, per processare due Sindaci della Valle per lesioni a pubblico ufficiale (poi assolti con formula piena) è stata riaperta e rimessa in funzione, dopo vent’anni dai processi ai terroristi, l’aula bunker del carcere delle Vallette!
Le detenute, le mamme, le donne del presidio meriterebbero una maggiore attenzione oltre alla solidarietà, dato che si battono perché non si restringano gli spazi di libertà e non si neghi il diritto di protestare. Non si può andare in carcere e scontare la pena senza avere nemmeno accesso alle misure alternative solo perché si è bloccato per un quarto d’ora un casello autostradale (consentendo tra l’altro agli automobilisti di passare la barriera senza pagare il pedaggio): ci indigniamo per la repressione violenta delle manifestazioni moscovite contro Putin, ma chiudiamo gli occhi dinnanzi alle dure e ingiustificate repressioni di casa nostra.
Con la protesta di questo presidio si cerca di ricordare ad una opinione pubblica, distratta e frantumata dalla pandemia, che la libertà di dissentire va difesa in ogni luogo e in ogni momento e, soprattutto, che ha bisogno di una grande solidarietà. Mi auguro che anche le nostre e i nostri rappresentanti in Parlamento si riapproprino di queste tematiche e facciano qualcosa di concreto per liberare i detenuti No Tav e, soprattutto, per far cessare questa caccia alle streghe indegna di un paese che si vuole civile e garantista.
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