La volta scorsa, a metà gennaio, l’avvocata dovette attendere oltre 48 ore prima di conoscere l’esito dell’udienza. Oggi il giudice è stato molto più solerte, solo che l’ha fatto sapere alla stampa e non ancora a lei.
Insomma, al Cairo sanno tutti che la detenzione senza processo di Patrick Zaki è stata prorogata, con una modalità che rappresenta l’ennesima prova del disprezzo della magistratura egiziana per le procedure, i diritti umani e la dignità dei prigionieri.
Patrick resterà in detenzione preventiva per altri 45 giorni in quanto “i motivi della sua incarcerazione permangono sempre” e “le indagini proseguono ancora”.
Al centro dell’inchiesta ci sono sempre i fantomatici 10 post su Facebook che la Procura del Cairo non fa vedere alla difesa di Patrick: post che secondo l’accusa testimonierebbero “l’uso di un account su una rete internet internazionale per destabilizzare l’ordine pubblico, compromettere e mettere in pericolo la sicurezza della società”.
Sono 12 mesi che ascoltiamo queste parole, pronunciate per giustificare accuse pretestuose e fabbricate.
Così, Patrick Zaki lunedì 8 febbraio entrerà nel secondo anno di detenzione. E con lui, ancora più forte, la campagna per chiedere la sua scarcerazione.