Lavare i piedi, lenire le ferite, qualcosa che è profondamente radicato nella nostra cultura: un simbolo di bontà
Ho avuto occasione di ascoltare Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi solo una volta, naturalmente mi era nota la loro attività a favore degli immigrati giunti a Trieste dalla rotta balcanica.
Gli articoli di Nello Sclavo di Avvenire hanno avuto il pregio di portare all’attenzione del grande pubblico ciò che in molti non sapevano: quella che è difficile non definire come crudeltà istituzionalizzata, ovvero il trattamento riservato ai migranti sulla rotta balcanica.
C’è una pena per coloro che dalla Libia “osano” sfidare i confini europei: la morte, la morte in un Mediterraneo nel quale nessuno ti salverà.
Ci sono altre pene per coloro che “osano” sfidare i confini europei via terra da est, la famosa rotta balcanica, sono i campi minati, la sottrazione di documenti, telefono, scarpe, e botte: pestaggi feroci.
Le istituzioni non si preoccupano di infliggere sofferenza, la discriminazione tra cittadini europei e extra-europei supera ogni possibile immaginazione.
Ora questa, che è dolorosamente difficile non chiamare violenza istituzionale, colpisce… cosa? L’empatia, la bontà, l’immedesimazione, o se preferiamo il senso di carità, di compassione delle persone, definendolo “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
Uno Stato che colpisce, anzi che criminalizza, la bontà dei propri cittadini.
Sbalordisce la debolezza di uno Stato che nell’incapacità di governare un fenomeno che non finirà, ma aumenterà, colpisce i propri cittadini con tutta la forza di cui dispone.
Preoccupa quella che pare una paralisi attonita delle Istituzioni che sembrano ripararsi dietro ai Corpi dello Stato scagliati contro cittadini letteralmente inermi.
Ci ricordiamo quando favorire qualcuno era reato? Ora quelle persone sono ricordate come eroi, vedremo cosa racconterà la storia tra 80/90 anni.