In occasione della quinta Assemblea Ambientale delle Nazioni Unite (UNEA-5), l’organizzazione Source International, in collaborazione con Swedwatch, Mighty Earth e Green Advocates ha presentato i risultati di uno studio sugli impatti su ambiente e diritti umani della compagnia Firestone per chiedere azioni concrete e riparazioni per le popolazioni colpite. L’associazione, che da anni si impegna a raccogliere prove degli impatti industriali in tutto il mondo, illustra la situazione in Liberia.
La gomma naturale è considerata una materia prima essenziale e viene utilizzata, oltre che nella produzione degli pneumatici, anche per i dispositivi medici e nei prodotti in lattice. Nel 2019 il consumo mondiale di gomma è stato di circa 29 milioni di tonnellate. Il settore della gomma è però anche considerato uno dei più impattanti per l’ambiente e in particolar modo per le risorse idriche.
Nei giorni scorsi si è svolta l’Assemblea Ambientale delle Nazioni Unite (UNEA-5), l’organo decisionale più importante a livello mondiale su questioni ambientali, per rafforzare le azioni dedicate alla protezione dell’Ambiente e per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. In occasione dell’evento, si è affrontato anche il tema dell’industria della gomma con la presentazione di un caso esemplare, quello della compagnia Firestone in Liberia.
Ombre sulla filiera degli pneumatici
La compagnia statunitense Firestone, acquisita nel 1988 dalla multinazionale giapponese Bridgestone, primo produttore di pneumatici al mondo, opera in Liberia dal 1926, con un permesso di licenza esteso fino al 2041. La compagnia ha un permesso per la coltivazione di 400 mila ettari di piantagioni di gomma naturale, che è la piantagione contigua più grande al mondo. L’area di concessione totale di Firestone rappresenta il 4% del territorio della Liberia e quasi il 10% della sua terra arabile.
La compagnia gestisce inoltre la lavorazione e la produzione della gomma che, dopo la fase di estrazione e un primo trattamento di coagulazione e affumicatura, viene spedita via nave negli Stati Uniti per la lavorazione finale per la produzione degli pneumatici.
L’impianto di trattamento della gomma si trova nella cittadina di Harbel. Lungo i 14 km del fiume Farmington, che separano Harbel dal delta nell’Oceano Atlantico, vi sono molti villaggi dove migliaia di persone dipendono da queste acque per le quotidiane attività domestiche, oltre che per l’agricoltura e la pesca artigianale. Inoltre, per molte persone le acque del fiume sono l’unica fonte di acqua disponibile per il consumo umano, nonostante non sia potabile.
Nel corso degli anni varie organizzazioni nazionali e internazionali hanno documentato e denunciato l’inadempienza della compagnia: scarsa attenzione per la salute dei dipendenti, impiego di minori nelle piantagioni, condizioni di lavoro pesanti e bassi salari, oltre alla limitata gestione dei rifiuti industriali e all’inquinamento ambientale derivante dalle operazioni. Nel 2007 la Bridgestone ha vinto il Public Eye Award come azienda più irresponsabile a livello mondiale, proprio per le sue operazioni in Liberia. Il Public Eye è un contro-evento organizzato ogni anno a Davos, in Svizzera, in corrispondenza del Forum Mondiale dell’Economia e che mette in luce quelle aziende che si contraddistinguono per condotte irresponsabili in ambito ecologico e sociale.
Ambiente, diritti e schiavitù moderna
L’industria della gomma di proprietà della Firestone, nel territorio di Harbel, rappresenta una grave minaccia per la salute delle migliaia di persone che vivono in prossimità dell’impianto di lavorazione, a causa della contaminazione delle acque, del suolo e dell’aria per via dell’immissione nell’ambiente di sostanze che risultano altamente dannose per la salute umana.
La denuncia è contenuta nel report “Environmental Impact Study on Firestone Rubber Industry in Liberia” pubblicato da Source International, che mostra un quadro allarmante sulle attività di lavorazione della gomma e che vede la multinazionale Bridgestone sotto accusa, nonostante sia partner della Piattaforma Globale per la Gomma Naturale Sostenibile (GPSNR), una piattaforma che mira a sviluppare una filiera equa e rispettosa dell’ambiente. Sulla carta, i membri si impegnano nell’armonizzazione delle norme per migliorare il rispetto dei diritti umani, per combattere la deforestazione, per proteggere la biodiversità e aumentare la trasparenza e la tracciabilità nella filiera. Nella pratica, resta il dubbio se queste azioni riflettano i buoni propositi di sostenibilità, rispetto e giustizia socio-ambientale di cui si fanno portatori e se concretamente tali strategie porteranno a una reale riduzione degli impatti ambientali e dell’accaparramento delle terre.
Per circa 80 anni, da quando Firestone ha iniziato le operazioni ad Harbel, le acque di scarico dell’impianto di lavorazione sono state smaltite direttamente nel fiume Farmington senza nessun trattamento previo, causando danni all’ecosistema e alla salute umana che nessuno è mai riuscito a documentare e monitorare. Solo nel 2008 Firestone ha installato un impianto di depurazione delle acque reflue. Cio nonostante le preoccupazioni della popolazione rimangono.
Secondo quanto riportato nello studio, le acque industriali in uscita dall’impianto di trattamento, nere, dense e altamente melmose, presentano concentrazioni oltre i limiti stabiliti per legge di metalli pesanti, fosforo e ammoniaca. Tutte sostanze che, in quelle concentrazioni, sono altamente dannose per l’ambiente e tossiche per l’uomo. La stessa Firestone in un comunicato di risposta allo studio ha riconosciuto che “alcuni nutrienti hanno superato i limiti di legge in diverse occasioni”, un riferimento probabilmente ai nitrati e fosfati che sono anche responsabili dell’eutrofizzazione delle acque della zona; a sua volta responsabile delle ripetute morie di pesci riportate dalla popolazione locale che si trova così privata della loro prima fonte di proteine.
Le acque industriali in uscita dall’impianto vengono successivamente convogliate in un grande stagno naturale e da qui fluiscono verso corsi d’acqua secondari, attraversando diverse comunità per poi sfociare nel lago Yorma dove quotidianamente centinaia di persone, soprattutto donne, pescano. Dal Lago, le acque in uscita scorrono nel fiume Farmington, a valle di Harbel, trasportando lungo il loro percorso i contaminanti.
La contaminazione delle acque non è la sola esternalità delle operazioni con marchio Firestone. Lungo la filiera di produzione della gomma, molte sono le sostanze emesse in atmosfera durante le attività industriali. Secondo quanto riportato dallo studio, risulta che le comunità prossime all’impianto sono sottoposte a concentrazioni giornaliere elevate di polveri fini, responsabili di una serie di patologie a carico dell’apparato respiratorio, come riportato dalla OMS. Firestone è inoltre responsabile dell’immissione in atmosfera di composti organici volatili considerati tossici e cancerogeni per l’uomo, che sono inoltre responsabili del forte odore che si può percepire intorno all’impianto e che rende la vita insopportabile per centinaia di abitanti locali.
Dai dati all’azione
Source International, in collaborazione con Swedwatch, Green Advocates International e Mighty Earth, hanno presentato il caso insieme al relatore speciale delle Nazioni Unite per il Diritto Umano ad un Ambiente Sano, David Boyd in un evento correlato al UNEA-5; il più importante evento globale sulla difesa dell’ambiente che si tiene ogni due anni. L’evento è servito a focalizzare l’attenzione sulle responsabilità e gli obblighi della compagnia e del governo nel gestire la contaminazione ambientale nell’ottica del rispetto dei diritti umani della popolazione locale. Lo studio inoltre si pone l’obiettivo di accelerare un cambio nelle politiche e tecnologie nel settore della gomma a livello globale. Un ambiente sano e sostenibile è parte integrante del rispetto di un’ampia gamma di diritti umani, incluso il diritto alla salute, al cibo e all’acqua e alla vita.