Seguiranno ancora altri giorni di trattative ma la connotazione genetica e l’orizzonte politico del nuovo governo Draghi sembrano già abbastanza prevedibili. All’uscita dell’incontro con la delegazione leghista Matteo Salvini ha dichiarato che “sull’immigrazione l’Ue ci chiede di difendere le frontiere non penso dunque che sia questo un tema divisivo”. Ed almeno questa volta ha detto una cosa vera. Lo confermano le più recenti (non) scelte della Commissione guidata da Ursula von der Leyen, e la crescente attenzione verso le politiche di rimpatrio forzato, anche in paesi in cui le persone rischiano la vita.
Il 23 settembre dello scorso anno la Commissione ha proposto un nuovo Patto “per un approccio globale alla migrazione che garantisca un nuovo equilibrio tra responsabilità e solidarietà”. Ma l’unica solidarietà che si riscontra nei documenti di Bruxelles si concentra sulle attività di contrasto di quella che si definisce come immigrazione illegale, in assenza di qualsiasi effettivo canale legale di ingresso in Europa. Nello stesso giorno la commissione adottava una Raccomandazione sui soccorsi in mare nel Mediterraneo operati da soggetti privati nella quale veniva sottoposta ad un ferreo controllo discrezionale l’attività delle ONG che operano in acque internazionali. Veniva altresì ribadita la esternalizzazione dei controlli di frontiera e la collaborazione di Frontex con le guardie costiere dei paesi terzi, senza alcuna eccezione per quegli stati come la Libia, nei quali non sono garantiti i diritti fondamentali e l’integrità fisica delle persone migranti.
Le successive indagini condotte sull’agenzia Frontex da parte del Parlamento Europeo, dopo le circostanziate denunce delle Organizzazioni non governative, non hanno ancora sanzionato il ruolo di collaborazione di Frontex e degli Stati frontalieri, come Malta e l’Italia, con le autorità libiche nella intercettazione in acque internazionali di naufraghi in fuga da campi di detenzione, da tempo tollerati, se non finanziati, dall’ Unione Europea. Qualunque violazione dei diritti umani è stata fin qui giustificata in nome del principio di difesa dei confini, invocato di recente anche da Salvini per chiedere l’archiviazione dei casi Gregoretti ed Open Arms.
A livello europeo procedono i lavori per adottare nuovi regolamenti vincolanti che semplifichino le procedure di allontanamento forzato e restringano ulteriormente l’accesso alle procedure di asilo in frontiera, cancellando i diritti di difesa e creando i presupposti per respingimenti collettivi vietati dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati.
Se questa è Europa appare chiaro cosa si aspetta Salvini con la sua apertura al governo Draghi, probabilmente consapevole che la “maggioranza Ursula” che si è formata a Bruxelles contiene al suo interno personaggi come Orban, che sono riusciti persino a ridimensionare con il diritto di veto sul Recovery Fund le richieste europee sulla garanzia dello stato di diritto in Polonia è nella stessa Ungheria.
Le politiche europee in materia di immigrazione e asilo, del resto, si sono formate nel corso degli anni con il contributo determinante dei partiti di governo di centro sinistra che in Italia hanno promosso il Processo di Khartoum con Renzi 2014 e poi sostenuto, ai tempi del governo Gentiloni, il Memorandum d’Intesa con il governo di Tripoli nel 2017. Persino il Decreto interministeriale del 7 aprile 2020 con il quale si dichiaravano i porti italiani non sicuri e quindi preclusi alle navi straniere delle Ong che avevano soccorso naufraghi in mare porta la firma di un autorevole rappresentante della sinistra allora ministro della sanità.
E anche noto che il presidente del Consiglio incaricato si richiama costantemente alle politiche europee e che il nuovo esecutivo nasce proprio per dare attuazione a scelte maturate a Bruxelles. Scelte che in materia di immigrazione privilegiano la sicurezza delle frontiere rispetto alla salvaguardia dei corpi e delle vite le persone in transito, come si sta verificando sulla tragica rotta balcanica, e come si continua a verificare sulle rotte del Mediterraneo centrale.
La politica italiana è ormai su un piano inclinato verso una sostanziale riduzione della rappresentanza pratica, che si verificherà con la cancellazione dei partiti più piccoli e la riduzione del numero dei parlamentari. Sulle politiche migratorie le voci dei difensori dei diritti umani sono da tempo in forte minoranza, come si è verificato, visibilmente, in occasione del rinnovo degli accordi tra Italia e governo di Tripoli. Nessuno degli impegni assunti in quella occasione per una maggiore tutela dei diritti dei migranti in Libia è stato assolto.
Per tutte queste ragioni, per coloro che ancora vogliono restare sul terreno della difesa dei diritti umani delle persone migranti, a partire dal diritto alla vita, la partecipazione ad un governo che comprenda anche la Lega di Salvini appare incompatibile, soprattutto se si dovesse tradurre in un ruolo di governo Anche perché alla prossima scadenza elettorale, sia pure allontanata nel tempo, la realizzazione e la condivisione di politiche migratorie di destra potrà solo accrescere l’esclusione e la “guerra tra poveri”, in modo da avvantaggiare i partiti che a destra si collocano, con l’ennesimo schiaffo a quella parte di elettorato progressista che non intende cedere sulla difesa dei diritti umani, probabilmente condannato all’astensionismo. Altra cosa potrebbe essere sostenere dall’esterno, dopo l’appello del Capo dello Stato, il nuovo governo Draghi quando questo dovesse adottare misure di contenimento della pandemia, di rilancio economico sostenibile, di perequazione fiscale, di difesa dei beni pubblici e del lavoro. Nessuno può ignorare quanto potrebbe pesare una schiacciante maggioranza del centro destra sulle prossime elezioni del Presidente della Repubblica e sull’intero assetto democratico del paese.
Non occorre però avere paura delle elezioni, la sfida non è mantenere uno sparuto gruppo di parlamentari a sostegno di un governo di necessità, quanto creare sui territori e sui canali social le condizioni organizzative e di programma per costruire un soggetto politico realmente alternativo che, anche da posizioni di minoranza, possa svolgere un ruolo incisivo di di rappresentanza e di protezione degli interessi delle persone più deboli e dei gruppi sociali tenuti ai margini progressivamente privati delle tutele accordate dallo Stato sociale. Occorre aggregare consenso in difesa della dignità e dei diritti delle persone migranti come parte la sfida più ampia per la difesa del principio di uguaglianza per tutti, da intendere anche su base territoriale, e della democrazia costituzionale nel nostro paese.
Fulvio Vassallo Paleologo