Tra meno di un mese, il 14 marzo, Partito nazionale (filogovernativo), Partito liberale e Partito libertà e rifondazione, Libre (opposizione) realizzeranno elezioni interne per scegliere candidati e candidate alle elezioni generali del 28 novembre. In quell’occasione circa 6,6 milioni di honduregni saranno chiamati a eleggere il nuovo presidente, 128 deputati al Congresso nazionale, 20 al Parlamento centroamericano e 298 sindaci e vicesindaci.

L’Honduras arriva a questi appuntamenti dopo un anno complicato, per usare un eufemismo.

“Pandemia e due uragani hanno amplificato una crisi già profondamente radicata nella società honduregna. È sufficiente guardare i principali indicatori economici e sociali per rendersi conto di quanto sta avvenendo nel Paese”, afferma il sociologo Eugenio Sosa.

Attualmente l’Honduras si colloca tra i peggiori paesi latinoamericani per disuguaglianza economica, con il 62% della popolazione che vive in condizioni di povertà e quasi il 40% in miseria (EPHPM 2020). L’impatto della pandemia e degli uragani acuirà ulteriormente le disuguaglianze, con circa 700 mila nuovi poveri e 600 mila nuovi disoccupati, mentre gli indici di povertà potrebbero schizzare a quasi il 70% e quelli di povertà estrema al 50%.

Secondo i dati dell’Unità tecnica di sicurezza alimentare e nutrizionale (Utsan), 1,3 milioni di honduregni devono far fronte all’insicurezza alimentare e quasi 350 mila si trovano in “situazione critica”.

Un Paese in rovina

Per il Foro sociale del debito estero e sviluppo dell’Honduras (Fosdeh), gli “errori della politica economica ufficiale, aggravatisi nell’ultimo decennio” sono corresponsabili non solo delle conseguenze in campo economico, ma anche delle loro ripercussioni in ambito sociale e sanitario.

L’Honduras inizia questo nuovo anno trascinando con sé una crescita economica negativa tra il -7% e -8%, un incremento del deficit fiscale superiore al 10% del Pil e un aumento del debito pubblico che raggiunge il 62% del Pil. Si prevede pure una caduta tra il 40% e 45 % della riscossione tributaria.

Inoltre nello studio ”Stima dell’impatto macroeconomico della corruzione in Honduras”, il Consiglio nazionale anticorruzione (Cna) ed il Fosdeh avvertono che, nel 2018, il 12,5% del Pil è stato assorbito dalla corruzione nelle sue svariate forme.

In valori assoluti questa cifra si aggira sui 2.610 milioni di dollari, cioè un importo che supera l’ammontare totale del debito pubblico, è due volte lo stanziamento per l’educazione e quattro volte quello per la salute.

Criminalizzazione e persecuzione

L’Honduras viene indicato anche come uno dei paesi più pericolosi per le persone che difendono i diritti umani. Nella Relazione alternativa per l’Esame periodico universale (Epu), 117 organizzazioni hanno denunciato l’assassinio, tra il 2010 e il 2019, di 140 persone attive nella salvaguardia dei beni comuni e della terra, documentando anche, tra il 2016 e il 2017, oltre 2.100 aggressioni.

Per la piattaforma Derechos Colectivos Vulnerados, l’Honduras è in America Latina il paese col maggior numero di leader indigeni aggrediti e il secondo, dopo la Colombia, con la maggior quantità di assassinati.

Almeno 129 leader di comunità garifuna e indigene (84 uomini e 45 donne) sono stati presi di mira a causa di conflitti connessi con progetti imposti sui loro territori. Questa cifra rappresenta il 43,7% di tutti gli attacchi contro le comunità, registrati dalla suddetta piattaforma tra il 2017 e il 2019. Il 71% delle comunità dell’Honduras è seriamente pregiudicato da progetti di costruzione d’infrastrutture, principalmente progetti idroelettrici.

In oltre la metà dei casi si è accertata la violazione di quattro diritti: all’integrità fisica e morale (78,9% dei casi), al consenso libero, previo e informato (78,9%), a un ambiente sano (73,7%), alla difesa del territorio ancestrale (52,6%).

È anche ripresa la pratica della sparizione forzata. Durante la pandemia e la sospensione delle garanzie costituzionali, il Comitato dei familiari di detenuti scomparsi in Honduras (Cofadeh) ha registrato almeno 16 casi, tra cui quello dei giovani attivisti della comunità garifuna di Triunfo de la Cruz, membri dell’Organizzazione fraterna nera honduregna (Ofraneh).

Analogamente si sono intensificate la criminalizzazione e giudizializzazione di ambientalisti, com’è il caso, tra gli altri, dei difensori dell’acqua e della vita di Guapinol e del giovane maestro Rommel Herrera Portillo. In questo ultimo caso, la sentenza è prevista per venerdí 18 febbraio.

“L’uso arbitrario del diritto penale con l’obiettivo di criminalizzare, bloccare e delegittimare il lavoro delle persone che tutelano i diritti umani, permane una pratica sistematica in Honduras, fortemente impattante nei confronti delle donne. Secondo i dati della Rete nazionale delle donne difensore dell’Honduras, tra il 2013 e il 2018 quasi 650 attiviste sono state sottoposte ad azioni giudiziarie”, sottolineano le Pbi Honduras.

In un recente comunicato, la Convergenza contro il continuismo (Ccc) e il Comitato pro liberazione dei prigionieri politici in Honduras hanno nuovamente denunciato l’uso indebito del diritto penale per controllare, neutralizzare e punire centinaia di cittadini. A tal proposito hanno chiesto il rispetto del giusto processo, del diritto alla protesta e della libertà di espressione, così come la liberazione immediata di tutti i prigionieri politici.

Ancor più drammatica è la situazione della violenza contro le donne. Il Centro dei diritti delle donne (Cdm) ha registrato 321 morti violente di donne durante lo scorso anno, 229 delle quali durante la sospensione delle garanzie costituzionali nel contesto della pandemia. Sono quasi 6.300 i femminicidi registrati in meno di vent’anni. Anche la comunità Lgbti (372 morti violente nell’ultimo decennio) e i giornalisti (86 assassinii dal 2001) hanno subito attacchi sistematici, per i quali l’impunità supera il 90%.

“A tutto ciò va aggiunta la persistenza di un modello di governo autoritario aggrappato al potere, che ha man mano militarizzato la sicurezza pubblica e il territorio, non ha saputo affrontare la crisi conseguente alla pandemia, si è mostrato incapace di reagire dinanzi all’arrivo degli uragani”, dichiara Sosa.

Inoltre, dopo il ritiro della Missione di sostegno contro la corruzione e l’impunità in Honduras (Maccih) e lo smantellamento dell’Unità fiscale speciale contro l’impunità e la corruzione (Ufecic), si sono moltiplicati i casi di archiviazione e annullamento dei processi contro grandi gruppi di corrotti, quasi sempre vincolati a settori della politica nazionale.

“Non stupiamoci allora se vediamo migliaia di honduregni, famiglie intere con bambini, unirsi alle grandi carovane di migranti, fuggendo, disperati, da una situazione divenuta insostenibile. Per quanto vengano repressi o rimpatriati con la forza, come accaduto il mese scorso in Guatemala, nella misura in cui non c’è soluzione reale alla mancanza di opportunità, alla violenza, disoccupazione, disperazione, questo fenomeno si acutizzerà sempre di più”, avverte il sociologo.

Elezioni

L’Honduras si avvicina alle due consultazioni elettorali, interne e generali, con le ‘mani legate’. Le forze politiche non sono mai riuscite ad accordarsi per portare a termine riforme elettorali su temi cruciali come il ballottaggio, la rielezione del presidente e il voto elettronico.

Sebbene vi sia stato un progresso nell’epurazione delle liste elettorali, iscrivendo poco più di 5 milioni di persone, la cosa più probabile è che le votazioni interne avvengano in una situazione caotica e senza offrire sufficienti garanzie di trasparenza.

Nel Partito nazionale si disputano la candidatura a presidente Nasry ‘Tito’ Asfura, attuale sindaco di Tegucigalpa, e Mauricio Oliva, presidente del Congresso. Benché Asfura sembri avere maggiori possibilità di diventare il candidato del partito al governo, nel novembre scorso la Corte d’appello in materia di corruzione del dipartimento di Francisco Morazán ha accolto una denuncia per i reati di abuso di autorità, uso di documenti falsi, malversazione di fondi pubblici, frode e riciclaggio di denaro sporco.  Sulla candidatura nazionalista incombe inoltre l’ombra del presidente Juan Orlando Hernández.

“La situazione è delicata. Non possiamo nemmeno escludere una terza candidatura di Hernández. La mancata riforma della legge elettorale lascia aperta questa possibilità. Una vittoria di Asfura alle elezioni interne e la sua successiva inibizione per il processo che dovrà affrontare spianerebbero la strada all’attuale presidente”, spiega Sosa.

Nel 2017 la candidatura di Hernández fu considerata incostituzionale e illegale da ampi settori della popolazione. Malgrado la Costituzione honduregna proibisca la rielezione del presidente, la Corte suprema di giustizia dichiarò la suddetta proibizione inapplicabile e i magistrati elettorali gli consentirono di ricandidarsi.

Ciò che avvenne in seguito è risaputo e gli scandalosi brogli elettorali garantirono a Hernández un secondo mandato presidenziale, con un bilancio molto pesante di morti, feriti e persone incarcerate.

In ogni caso, il futuro del presidente honduregno potrebbe essere segnato. Dopo essere stato segnalato dalla Procura di New York per aver finanziato la sua campagna elettorale del 2013 col denaro del narcotraffico ricevuto dal fratello (Juan Antonio ‘Tony’ Hernández), il presidente viene ora accusato dalla medesima Procura federale statunitense di aver accettato tangenti dai narcotrafficanti in cambio della protezione delle loro attività criminali.

Le nuove accuse coinvolgerebbero anche l’ex capo delle forze armate honduregne, René Ponce Fonseca, e l’attuale Procuratore generale Óscar Chinchilla.

Il livello d’ingerenza degli Stati uniti nelle due consultazioni elettorali è un altro fattore in grado di condizionarne l’esito finale. Nel 2017 Heide Fulton, all’epoca incaricata d’affari dell’ambasciata statunitense, si mise fisicamente a fianco del discusso presidente dell’organo elettorale, mentre quest’ultimo leggeva i risultati fraudolenti che davano la vittoria a Hernández. Il silenzio complice e la falsa indignazione degli osservatori internazionali elettorali della Oea e dell’Unione europea contribuirono a ‘normalizzare la frode’.

Opposizioni

Per il partito d’opposizione Libre, si profila la ricandidatura di Xiomara Castro, moglie dell’ex presidente Zelaya. Al suo primo tentativo nel 2013 denunciò il ‘furto del proprio trionfo’ e accusò Juan Orlando Hernández e il massimo organo elettorale di aver manipolato il risultato.

Elezioni interne anche per il Partito liberale: si disputeranno la candidatura il moderato Luis Zelaya e l’impresario Yani Rosenthal, assolto dalle accuse di narcotraffico, ma condannato a tre anni di carcere negli Stati uniti per la partecipazione a ‘transazioni monetarie con beni di provenienza illecita’.

“E’ da oltre dieci anni che aspiriamo a un cambiamento, invece ci hanno scippato due elezioni, senza che si potesse generare una crisi sufficientemente forte da costringere Juan Orlando Hernández alle dimissioni.

Credo che Libre rappresenti ancora un’opzione di cambiamento per il Paese. Purtroppo, dopo le elezioni del 2013 si è man mano distanziato dal movimento popolare, sia a livello locale che nazionale, puntando maggiormente su questioni elettoralistiche e investendo molto poco nel rafforzamento delle lotte del movimento sociale.

Alla fine molte persone vicine al movimento sociale e popolare voteranno per Libre, ma non ci sarà più quella capacità di generare energia nella società, di mobilitare l’elettorato, di consolidarsi come forza politica come nel 2013.

Per Libre sarebbe stato molto importante promuovere un’attiva campagna per incontrarsi nuovamente con tutte le organizzazioni ed espressioni delle realtà civiche, sociali e popolari presenti nel Paese. C’è ancora tempo. Speriamo che, una volta definita la candidatura, non si sprechi questa opportunità di riavvicinamento”, conclude Eugenio Sosa.

Traduzione dallo spagnolo di Adelina Bottero

Fonte: LINyM