GAIA -la nuova umanità– è un progetto di viaggio, di racconto e di cambiamento concepito da Antonio Bissiri e Fabio Sau, due artisti che, accompagnati da altri colleghi e colleghe, muoveranno dalla Sardegna fino alla Terra Santa, facendo tappa in una serie di ecovillaggi italiani in cui sperimenteranno la vita di comunità e offriranno performance artistiche.
Compagni nella vita, compagni di viaggio, compagni nel rispondere a un impulso che col tempo si è fatto irresistibile: cambiare. Non solo l’ormai classico “mollo tutto, parto e cambio vita”. Ciò che vogliono fare Antonio, Fabio e il collettivo di artisti chiamato Prendashanseaux con cui collaborano è cambiare prima di tutto l’immaginario. Dimostrare attraverso l’esperienza diretta che esistono un paese, un mondo, in cui la solidarietà prende il posto della competizione, la sobrietà apre la porta a un futuro sereno e sostenibile, l’arte guida un cambiamento ormai invocato a gran voce da una fetta sempre più ampia di umanità.
Abbiamo intervistato Antonio e Fabio che, sommersi dagli impegni dei preparativi e dei primi passi del lungo viaggio che li attende, ci hanno raccontato i dettagli di questo progetto, denominato GAIA -la nuova umanità-, un cammino iniziato sul suolo ancestrale della Sardegna, che li porterà ad attraversare lo stivale fermandosi di volta in volta in ecovillaggi e comunità intenzionali di cui entreranno, per un periodo, a fare parte.
Raccontateci della scelta che avete fatto di abbandonare le (pur ridotte) certezze garantite dalla vostra vita professionale per dedicarvi a questo progetto. Com’è maturata questa decisione?
È stata una scelta maturata nell’arco di qualche anno dovuta a diverse esperienze di ricerca interiore che ci hanno messo in contatto con alcune parti di noi assopite, che da un certo momento in poi hanno cominciato a risvegliarsi sempre di più, occupando nelle nostre vite uno spazio sempre maggiore. È importante però fare chiarezza su alcuni aspetti della nostra storia per non perdersi in facili sensazionalismi. Molti di voi percepiscono il progetto come la diretta conseguenza della scelta di “abbandonare tutto”. In realtà ciò che è accaduto è esattamente l’opposto. Nel suo essere incerto il mondo dell’arte offre comunque delle opportunità di accomodamento, ma perché questa dinamica è insita nell’animo umano.
Ognuno di noi a un certo punto della propria esistenza si costruisce delle piccole zone comfort, anche nelle situazioni più complesse, quelle dalle quali chiunque scapperebbe e come in un gioco di illusioni iniziamo da un lato a sentirci protetti e al sicuro, ma dall’altro cominciamo ad avvertire un senso di insoddisfazione come se non stessimo facendo esattamente ciò che vorremo fare, come se non fossimo ciò che vorremmo essere o che per meglio dire dovremmo essere. Sono questi processi mentali che rendono difficile il cambiamento e questi meccanismi appartengono a chiunque; la differenza è che chi si approccia al cambiamento inizia a scovare questo tipo di resistenze, a osservarle e a tentare di risolverle. Quando questo accade avviene il passaggio, la scoperta, la consapevolezza, sappiamo sulla base di molte esperienze personali che è questo meccanismo in sostanza a determinare il cambiamento, di qualsiasi genere esso sia.
Quali erano gli impulsi che vi arrivavano dal vostro contesto di vita? C’era qualcosa che vi spingeva a cambiare?
Ci siamo resi conto che con il passare del tempo ci siamo adattati sempre di più alle regole ferree che permeano la nostra società, in tutti gli ambiti della vita professionale e privata, accettandole talvolta inconsciamente per poter stare al passo con un mondo che corre veloce, che consuma in maniera vorace e che applica la filosofia del “fast food” a tutti gli ambiti, compreso quello artistico e di ricerca, che ci vuole sempre più competitivi e produttivi. La competizione, nel tempo in cui viviamo, è diventata uno fra i valori più importanti della attuale società. Sappiamo però che la competizione rappresenta l’opposto esatto della cooperazione, nonché della condivisione e quindi dell’amore. Dove c’è competizione non può esserci amore, dove non c’è amore l’evoluzione non esiste, la devastazione indossa gli abiti del progresso e di una scienza senza coscienza che anzi che portare salute, ricchezza, abbondanza e conoscenza porta solo terrore, malattia, povertà, ignoranza e sfruttamento di uomini da parte di altri uomini. Non è più possibile vivere in questo modo. Parallelamente, sentivamo l’esigenza profonda di ascoltare la voce interiore che da tempo ci spingeva a cercare un contatto sempre più stretto con la natura, verso la comprensione dei suoi cicli in relazione alla nostra esistenza sia fisica che spirituale.
La pandemia ha avuto un ruolo in questo processo?
Il primo lockdown è stato per noi una grande opportunità per stare in ascolto dei nostri desideri più intimi, per ridimensionare i nostri valori e avere finalmente il tempo necessario per riflettere seriamente e vedere, attraverso ciò che stava provocando il virus, che il nostro stile di vita non era più favorevole alla vita stessa. Abbiamo iniziato a porci domande del tipo: perché esistiamo? Quale è lo scopo dei talenti che ci sono stati donati? Cosa è la morte? Come mai moriamo da sempre ma la scienza non sa darci nessun tipo di risposta plausibile in merito alla morte? Il tentativo di trovare una risposta a queste e molte altre domande e di fare ordine in un mondo pieno di contraddizioni ha certamente definito un cammino davanti a noi. Possiamo constatare di vivere in un’epoca straordinaria, un’epoca di grandi cambiamenti per il genere umano. Ci siamo informati, abbiamo iniziato a seguire scienziati e pensatori che ci hanno ispirato fortemente nel fare il grande salto. Ci siamo chiesti più volte come, in qualità di esseri umani e artisti, avremmo potuto contribuire con azioni concrete a questo passaggio epocale. Tutto sembrava allinearsi e il terreno era fertile per concretizzare ciò che sino a pochi mesi prima era nel nostro cuore e nella nostra mente. Sotto questo aspetto ci sembra non solo di non avere niente da perdere, ma di avere finalmente l’opportunità di alleggerirci di ciò che realmente non ha un valore in questo processo esistenziale che noi chiamiamo vita, che altro non è che la manifestazione fisica di una delle tappe evolutive del nostro spirito, dell’Io sono, di quell’intelligenza creativa che ci spinge verso la verità.
Non vi hanno spaventato il cambiamento e l’idea di dover affrontare un rischio, più o meno grande?
In questo senso sarebbe opportuno definire cosa intendiamo per rischio. Il rischio è quello di non fare carriera? Di non diventare ricchi? Di essere presi par pazzi? La verità è l’unica via per l’evoluzione e se vivessimo nella verità, non avremmo i sistemi biologici del pianeta al collasso, non esisterebbero disparità sociali, non esisterebbero esseri disumani che sfruttano altri esseri umani. Tutte le civiltà create dell’uomo a un certo punto sono crollate, compresa la nostra, per cui se guardiamo il mondo oggi ci viene da pensare che niente di tutto ciò che è stato ha funzionato, dopo milioni di anni siamo ancora qui ad ammazzarci tra di noi. Perché l’umanità, nonostante il progresso tecnologico e scientifico degli ultimi vent’anni, vive ancora in una condizione di questo tipo? In un mondo cosi faccio fatica a credere che ci sia stata detta tutta la verità, che ci abbiamo insegnato la verità. La verità è amore e l’amore porta alla conoscenza che perpetua la verità nel tempo.
Parliamo di GAIA, che non è solo un progetto professionale divulgativo, ma prevede una vera e propria esperienza di vita. Cosa farete concretamente?
È vero, Gaia nasce prima di tutto come progetto esperienziale. Durante il nostro viaggio, che parte dalla Sardegna e arriva in Terra Santa, faremo diverse tappe della durata di un mese circa, la maggior parte delle quali saranno in Italia all’interno degli ecovillaggi che decideranno di accogliere il nostro progetto. Durante questo viaggio raccoglieremo informazioni ed esperienze non solo dalle persone che incontreremo, ma anche dai territori e dai paesaggi che influenzeranno e ispireranno la nostra ricerca artistica. Ogni tappa è caratterizzata da due momenti diversi ma interconnessi: un momento è dedicato alla fase di ricerca artistica che prevede, insieme ad altri artisti (quelli che attualmente collaborano con il progetto sono Valeria Russo, performer, Lucia Baldini, Fotografa, Edoardo Gino, Film-maker), la realizzazione di un film, di un progetto fotografico, di una performance. L’altro momento invece è dedicato all’aspetto più sociale del progetto: i numerosi ecovillaggi e le numerose comunità ecosostenibili che sono nate negli ultimi dieci anni sono la testimonianza che c’è un’alternativa e che esistono molte opportunità. Il nostro intento è quello di vivere temporaneamente in queste comunità che già da tempo hanno deciso di provare svilupparsi secondo altri valori, ma soprattutto che hanno intrapreso un percorso di coesistenza virtuosa fra esseri umani, dove il singolo è la collettività e la collettività è il singolo e dove la ricerca personale è alla base di tale coesistenza, ponendo cura alle relazioni fra esseri gli umani e la natura.
L’arte riveste dunque un ruolo centrale nel vostro progetto
Un percorso di questo tipo ci porta a sconfinare dal tangibile all’intangibile, dal mondo della materia al mondo dello spirito. L’arte in un panorama di questo tipo diventa per noi uno strumento necessario per entrare fra le maglie della relazione che esiste fra questi due mondi. Non è necessario un progetto come questo per cambiare la propria posizione nel mondo, ciascuno di noi quotidianamente in base al proprio percorso può decidere di iniziare a compiere dei piccoli passi verso il cambiamento. Uno dei nostri intenti più forti ad esempio è quello di imparare a consumare di meno e meglio, il tema dell’ecosostenibilità è un argomento che ci sta molto a cuore. Ciò che più ha ispirato questo progetto è la teoria di Gaia. Questa ipotesi ecologica ha ispirato la nascita di una nuova filosofia e di un nuovo stile di vita in cui vengono meno le concezioni del mondo che si sono sviluppate fino ad ora e che considerano la terra e la natura sostanzialmente come fonti di risorse che l’uomo può sfruttare a proprio piacimento. Riconosciamo negli ecovillaggi un modello di società possibile in cui l’impatto ambientale sia il più possibile ridotto e i cui abitanti dipendono il meno possibile dalla grande distribuzione. Con questo progetto intendiamo sostenere queste comunità, intendiamo attraverso l’azione artistica e sociale contribuire a un cambiamento non solo con le buone intenzioni ma attraverso le buone azioni.
Quali sono invece gli obiettivi di Gaia più legati alla visione del mondo? Cosa cercherete di comunicare?
La scintilla che ha fatto nascere questo progetto è stata innescata da un incontro speciale, quello avvenuto due anni fa sul Mar Morto con una guaritrice che si fa chiamare Gaia. Lei ha ispirato fortemente la nascita di questo progetto, l’esperienza di questo incontro e i mesi di studio e successive altre esperienze hanno definito sempre di più la nostra visione del mondo, in cui finalmente la cosiddetta “scienza della materia” trova un nuovo equilibrio con quella che molti ricercatori definiscono “scienza dello spirito”. Questo progetto rappresenta l’opportunità di percorrere un cammino di comprensione e crescita spirituale. L’arte è un potente strumento di trasformazione del sapere, ma se si vuole intraprendere un vero cammino di conoscenza questo non basta; è importante studiare, fare ricerca e fare esperienza.
Come ogni progetto anche GAIA – la nuova umanità – ha una sua struttura che ci consente di organizzare e predisporre il necessario perché il progetto possa svilupparsi. Con il tempo però ci siamo resi conto di quanto sia importante che questo tipo di struttura si mantenga elastica. Perché diciamo questo? Perché sapere adesso cosa vogliamo comunicare vorrebbe dire aver già fatto il viaggio, vorrebbe dire aver già compreso. Attualmente siamo solo alla terza tappa, anche se quest’ultima di fatto può essere considerata la prima ufficiale dato che, per la prima volta da quando GAIA è in viaggio, ci siamo dedicati non solo alla ricerca artistica ma anche a quella parte di esperienza legata alle comunità e al territorio. Sentiamo che ancora è davvero troppo presto per definire cosa vogliamo comunicare e come intendiamo farlo.
Cerchiamo, con estrema umiltà, di creare delle condizioni che aprano come delle porte, in questo senso noi stessi diventiamo strumento e canale di un messaggio che però non è il nostro. Per fare questo è necessario un grande livello di centratura, di consapevolezza e di capacità di ascolto ma anche un certo lasso di tempo che ci consenta di mettere ordine e dare forma al messaggio.
Quali corde della vostra anima farà vibrare questo viaggio e come vi cambierà?
Ne toccherà tantissime e se saremo fortunati le toccherà tutte. Riconosciamo nel viaggio un potente strumento di comprensione di sé e del mondo, è qualcosa che ci ha sempre accompagnato sin da piccoli.
Non sappiamo come questo viaggio ci cambierà, abbiamo però la certezza che lo farà, inevitabilmente. Ci confronteremo con tanti aspetti della vita e dell’esistenza, non abbiamo idea di quali esperienze vivremo e di quali “prove” dovremo superare prima di arrivare sul mar morto per cui è veramente difficile immaginare che tipo di persone saremo alla fine di questo viaggio.
Quale è secondo voi il ruolo dell’arte nel favorire e raccontare il processo di cambiamento?
L’arte ha un ruolo fondamentale. L’arte per sua natura è universale, ma personale allo stesso tempo, per cui ha il potere di arrivare a chiunque. Questo la rende uno degli strumenti di comunicazione più potenti al mondo. Ma come la scienza senza coscienza anche l’arte senza coscienza è fine a sé stessa, conserva una sua ragione d’essere, ma non è ciò che interessa a noi in questo momento. Ciò che ci interessa è utilizzare l’arte come strumento di comprensione e di condivisione di questa comprensione. La produzione artistica di questo progetto, in tutte le sue espressioni (performativa, fotografica, filmografica ecc.), ha fra gli obiettivi quello di essere in primo luogo uno stimolo, la testimonianza di forme di realtà che esistono e che non sono il frutto dell’immaginazione di pochi. Non solo, crediamo che l’arte possa avvicinare i mondi e far scoprire universi anche a chi per tante ragioni quegli universi avrebbe potuto non scoprirli. La verità è un cammino personale e chi lascia una testimonianza di qualsiasi forma essa sia, coltiva un seme di speranza per il prossimo che a sua volta sarà però libero di scegliere di nutrire quel seme o di lasciarlo morire.
Tutto questo per dire che a prescindere da qualsiasi teoria scolastica sull’arte e basandoci sulla realtà che possiamo osservare con i nostri occhi ci chiediamo: ma l’arte nel suo ruolo sociale e rivoluzionario dove è? La risposta è che anche essa soggiace al potere del capitalismo ed è per questo che è importante che anche l’arte attraverso l’intervento dell’artista si riappropri dei luoghi della natura, delle sue leggi e di tutto ciò che la natura con i suoi insegnamenti può darci.
Cosa può fare ciascuno di noi per sostenervi?
L’idea di base di questo progetto, veramente indipendente, è che verrà finanziato grazie al diretto coinvolgimento di tutti coloro che vogliono che sia realizzato. Per fare questo abbiamo fatto partire una campagna di raccolta fondi su una piattaforma di crowdfunding che si chiama Produzioni dal Basso. Tutto questo serve proprio ad immaginarsi non solo nuove forme di produzione/distribuzione, ma anche nuove forme di sostegno economico e di comunità. Questo vuol dire ricoprire un ruolo attivo nella produzione culturale indipendente, dando un significato ben preciso a un termine inflazionato e che troppo spesso è stato svuotato del suo reale significato: quello di produrre cambiamenti all’interno della società attraverso la narrazione del reale, sperimentando modalità di sostentamento che si basino su nuove formule di rapporto economico e sul meccanismo del dono.