Io rivendico il carattere politico, e non umanitario, del mio impegno quinquennale con i migranti.
Impegno umanitario è un impegno che si limita a lenire la sofferenza senza tentar d’intervenire sulle cause che la producono.
Impegno politico, nell’attuale situazione storica, è prima di tutto resistenza nei confronti di un’organizzazione della vita sociale basata sullo sfruttamento degli uomini e della natura portato al limite della devastazione (come la pandemia ci mostra).
È inoltre tentativo di costruire punti di socialità solidale che possano costantemente allargarsi e approfondirsi.
Su questo impegno è balzato lunedì alle cinque del mattino, con una perquisizione in casa mia, un intervento calunnioso di magistratura e questura che, basandosi su un aiuto effettivo di assistenza e ospitalità, dato nel luglio del 2019 a una famiglia iraniana, composta da padre, madre e due bambini, vogliono collegarmi a una rete di sfruttatori (passeur) che avrebbe, prima e dopo il mio intervento, approfittato della famiglia profuga.
Secondo il mio sentire non sarebbe nemmeno il caso di alzare le spalle nei confronti di questa insinuazione, che neanche giuridicamente mostra prove ma crea solo insinuanti parallelismi temporali.
Tuttavia, ci sono di mezzo oltre alla mia persona, anche coloro che collaborano con me. Credo, allora, doveroso affermare pubblicamente che non esiste neanche uno straccetto di prova.
Esiste solo l’insinuazione che, essendo stata questa famiglia contattata e usata da alcuni trafficanti (secondo gli inquirenti), io avrei potuto non solo esserne a conoscenza ma trarne addirittura un mio personale profitto.
Ritengo che ciò, che nel documento presentatomi è mera allusione, sia soltanto una sorta di macchina del fango che si vuol gettare non tanto sulla mia persona ma su un lavoro collettivo di solidarietà.
Gian Andrea Franchi
Trieste, 24/02/2021