Un cluster associativo costituitosi nell’isola, in opposizione alla decretazione assessoriale della Carta (peraltro bocciata anche dalla Commissione Cultura dell’ARS), si prepara ad allargare il fronte critico per contrastare la diffusione della gestione privatistica del patrimonio materiale\immateriale ereditato dal passato e da salvaguardare e tutelare in funzione delle future generazioni
Le associazioni che individuano nei Beni Comuni il valore fondante di un impegno civico collettivo, lanciano un forte appello al mondo culturale ed a tutta la società civile siciliana perché si apra, finalmente, un serio dibattito, anche a livello nazionale, sul futuro dei beni culturali che, in quanto patrimonio comune ereditato dalle generazioni passate, appartiene a tutta la comunità e va salvaguardato nell’interesse delle generazioni future.
Grazie al codice Urbani del 2004, di ispirazione liberal-mercatista e di dubbia costituzionalità, in Italia la gestione del patrimonio culturale è stato privatizzato e messo nelle mani del sistema dell’impresa che, nella logica del profitto, usa i beni culturali come merce e prodotti di consumo, non mancando di attingere in tutti i bacini professionali a manodopera retribuita a basso costo o non pagata affatto, arruolando precari, stagisti e volontari a cui si chiedono prestazioni altissime sia in termini quantitativi di tempo sia in termini qualitativi di lavoro.
Oggi, questa logica si afferma anche in Sicilia, malgrado l’art. 14 dello Statuto speciale riservi alla Regione Siciliana la legislazione esclusiva in materia di musei, biblioteche, accademie e di conservazione delle antichità e delle opere artistiche. Infatti, gli ultimi decreti dei beni culturali della Regione siciliana aprono i depositi dei musei, dei luoghi della cultura e delle biblioteche dell’amministrazione regionale ai privati, oltre ad autorizzare il prestito e il trasferimento temporaneo dei beni culturali siciliani a istituzioni pubbliche o private, sia all’interno che all’esterno del territorio siciliano.
La “Carta di Catania”, fatta propria da governo regionale, concede i beni dei depositi dei musei dell’isola, divisi in lotti in base alle caratteristiche storico culturali o tipologiche, in prestito, a pagamento. Si attua così la privatizzazione della rete museale, del patrimonio archeologico e artistico, cioè delle più grandi risorse della nostra isola che, per loro stessa natura, appartengono alla comunità e devono poter essere sempre disponibili per la libera fruizione di tutti.
I beni culturali non sono merci, va fermato subito il processo di spoliazione!
Chiediamo alle istituzioni preposte che per tutte le scelte che riguardano i Beni Comuni venga garantito all’opinione pubblica e ai cittadini il diritto alla trasparenza e alla partecipazione.
firmatari : ADAcon; ASIA Associazione Inquilini e Abitanti; CittàInsieme; Comitato Popolare Antico Corso; Federazione del Sociale USB Catania; Generazioni Future Sicilia; C.N.G.E.I.-Sezione Caltagirone; La Ragnatela, Liberacittadinanza Acireale; Libera, Associazioni, nomi e numeri contro le mafie; Messina Bene Comune