Il 26 febbraio, in moltissime città, la rete italiana di NON UNA DI MENO lancia il countdown verso lo sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo, con azioni e conferenze stampa per presentare le iniziative della giornata dell’8 marzo dislocate nel paese.
A Torino vi invitiamo ad una conferenza stampa in Piazza Castello venerdì 26 febbraio alle ore 17.
Castello, durante la quale presenteremo gli appuntamenti di mobilitazione per la giornata dell’8 marzo e le iniziative del percorso di avvicinamento alla data. Seguirà alle 18.30 una performance di lancio dello sciopero e di denuncia dei femminicidi in continuo aumento nel nostro paese. Di seguito il comunicato stampa di lancio dello sciopero dell’8 Marzo.
Sul blog della rete nazionale l’appello di lancio e la cartella per la stampa.
Non Una di Meno – Torino
Perché in piazza l’8 marzo:
Anche quest’anno l’8 marzo sarà sciopero femminista e transfemminista: sciopero generale della produzione e della riproduzione, del consumo, dai ruoli sociali imposti dai generi. La sfida di uno sciopero generale nell’emergenza pandemica è ardua quanto urgente.
Diversi sindacati di base hanno già accolto l’appello di Non Una Di Meno e hanno proclamato lo sciopero generale di 24 ore. Sul blog di Non Una Di meno sarà reperibile un Vademecum dove reperire informazioni su come fare per scioperare. L’8 marzo interromperemo ogni tipo di lavoro, senza distinzioni di categoria e di contratto con pratiche alternative anche per chi non può formalmente scioperare. Lo scioperò coinvolgerà anche le figure non riconosciute del lavoro, chi con la pandemia ha perso ogni forma di reddito e le persone migranti che con il lavoro rischiano di perdere anche i documenti di soggiorno. Lo sciopero attraverserà lo spazio pubblico e i luoghi di lavoro ma anche la rete, con pratiche di disconnessione dall’homeworking; connetterà chi cura e chi è curato per un sistema sanitario pubblico, diffuso e territoriale; le studenti e le insegnanti per portare la scuola fuori dall’emergenza; avrà un impatto anche culturale, dando vita a “zone fuxia” nell’Italia segnata dai colori dell’emergenza.
Non sono casuali i numeri INAIL che riportano un dato di 7 donne ogni 10 persone contagiate, numero che sale a 8 sulle persone straniere. La crisi sanitaria, sociale e economica ha colpito e colpirà ancora una volta il lavoro femminile, migrante, non tutelato, precario, gratuito. La gestione dell’emergenza ha fatto leva sull’assenza completa della tutela della salute in particolare nei settori essenziali e femminilizzati; sull’intensificarsi di forme di lavoro a distanza non normato e sul sovrapporsi del carico di lavoro produttivo e di cura nello spazio domestico sulle spalle delle donne. La casa diventa quindi luogo prediletto per il multitasking imposto alle donne, ma più che mai anche luogo di violenza per le donne e le soggettività lgbtqia+. I centri anti-violenza si sono trovati a gestire un’emergenza nell’emergenza, i numeri dei femminicidi delle ultime settimane lo testimoniano e impongono misure urgenti e strutturali di cui non ha parlato nessuno nell’ultimo anno. L’8 marzo in piazza ricorderemo e lotteremo per le nostre 11 sorelle uccise dai loro mariti e compagni.
I dati Istat mostrano come il crollo dell’occupazione riguardi soprattutto le donne (a dicembre 2020, 99mila posti di lavoro persi su 101mila sono di donne). L’8 marzo ci troveremo alla vigilia dello sblocco dei licenziamenti e nel pieno della definizione del Recovery Plan. I 209 miliardi per la “ricostruzione” arriveranno in Italia, ma sul loro impiego lo scontro è aperto. La gestione dei fondi europei ha determinato la caduta del governo Conte bis e l’insediamento del governo Draghi. Le politiche di inclusione di genere sono uno dei punti chiave del programma di rilancio e resilienza. Ma al di là di ogni falsa retorica sull’inclusione lavorativa e sulle politiche di conciliazione vita-lavoro, sono e saranno le donne, le migranti e le soggettività lgbtqia+ a pagare il prezzo più alto.
Alla prospettiva di un piano di ricostruzione patriarcale e confindustriale, vogliamo opporre un piano femminista di trasformazione sociale: un salario minimo europeo e reddito di autodeterminazione, socializzazione della cura, welfare universale e non familistico, un permesso di soggiorno europeo non condizionato al lavoro e alla famiglia, diritto alla salute e all’autodeterminazione, priorità della salute ecosistemica rispetto ai profitti.
Le politiche economiche europee di gestione della crisi ci hanno definite “essenziali” per intensificare il nostro sfruttamento. Noi l’8 marzo dimostreremo che essenziale è la nostra lotta, essenziale è il nostro sciopero.