La lotta. “Giocano a fare la lotta”; quante volte abbiamo detto o sentito questa frase. Nella lotta c’è una componente di gioco. Ci sono anche il rischio, la scommessa, il piacere di resistere, ma anche la fatica. Che la squadra sia unita, affiatata, è essenziale. Questa cosa la si può raggiungere col passare dei giorni, delle notti.
Questi operai, diventati col passare dei giorni sempre più operaie, ce l’hanno fatta. Avevano iniziato durante le vacanze di Natale, un classico, al freddo e al gelo, come ci dicevano da bimbi, parlando del presepio.
La lotta costa, costa fatica, costa stress, tensione in casa, sono spesso le “retrovie” il lato più fragile. Tenere insieme tutto non è scontato. Non perdere il buon umore, il sorriso, resistere alle provocazioni. Insomma, diciamo che questi uomini e donne hanno fatto un corso accelerato di lotta sul campo. Ora quando leggeranno di una lotta fatta altrove sapranno tutte le fasi che attraverseranno. Tutte le lotte sono uniche, ma tutte hanno anche molto in comune.
Gli operai e le operaie della Voss ce l’hanno fatta.
Parlo ancora una volta con Alessandra Crippa, delegata sindacale. Unica lavoratrice che era al tavolo, seduta, tra sindacati e padroni. Hanno ottenuto tutto? Forse no, il sogno era continuare a lavorare lì, ma viste le premesse di questi loschi figuri (6.000 euro lordi per ogni lavoratore e un calcio nel sedere), hanno ottenuto moltissimo.
Cassa integrazione Covid fino a quando ci sarà, poi un anno di cassa integrazione straordinaria, corsi di formazione (con supporto di MISE e Regione) e buona uscita finale, maggiore per chi ritarda a trovare lavoro. Hanno fatto di tutto per tutelare soprattutto quelle donne sui 50 anni che faranno una bella fatica a ricollocarsi, ma nulla è escluso e anche una bella cooperativa messa in piedi da loro è un sogno che magari prenderà gambe.
Hanno sottoposto l’accordo ai 45 lavoratori che erano ancora del tutto dentro la lotta, a voto segreto. 43 favorevoli, due astenuti. Credo si possa chiamare “successo”.
Ora smontano: a poco a poco, come si fa con delle belle costruzioni a cui ci si tiene. Mica con le ruspe. Smontano il presidio, si portano a casa un pezzo, un ricordo. Si portano a casa una storia, degli incontri, dei sorrisi e forse delle lacrime. I pugni chiusi, i colpi di tosse, l’odore del fumo che restava intriso nei vestiti. A testa alta.
Chiedo ad Alessandra se alla fine ha stretto la mano a quei due, il gatto e la volpe, che a suo tempo cercarono di passare, forzando il presidio, con la loro auto di lusso: “Assolutamente no. Siamo stati noi i signori, fin dall’inizio. Loro hanno dimostrato una miseria umana formidabile, una mancanza di umanità che si possono tenere. Certo mi commuove pensare che si sia firmato nel Giorno della Memoria, noi non scorderemo questo giorno, in cui un pugno di operai italiani ed italiane hanno piegato una multinazionale, tedesca…”
Domenica prossima una festa, contenuta causa Covid, ma con tutti e tutte coloro che hanno dato una mano. Lunedì si restituisce il camper e il modulo abitativo che avevano prestato loro. Tanti i grazie che distribuiscono a destra e manca, ce n’è uno anche per Pressenza e ci fa piacere. Brave “compagne”!!