All’inizio del nuovo anno, l’Alliance of World Scientist (13.700 membri) si è pronunciata in un resoconto caustico, senza riserve: “Gli scienziati credono che un cambiamento climatico catastrofico possa rendere inabitabile una parte significativa della Terra a causa del perpetrarsi di elevate emissioni di gas serra, dei cicli climatici auto-rinforzanti e degli incombenti punti di non ritorno”. (Fonte: William J. Ripple et al, The Climate Emergency: 2020 in Review, Scientific American, 6 gennaio 2021)
La missione: “Noi scienziati abbiamo l’obbligo morale di avvertire esplicitamente l’umanità di qualsiasi minaccia catastrofica.” (Fonte: https://scientistswarning.forestry.oregonstate.edu/)
La ricerca conclude: Stiamo distruggendo la Terra. – “Potrebbe gentilmente riformulare la frase in termini equivoci, imprecisi, vaghi e ambigui, che tutti noi possiamo comprendere?”
Anche se è molto difficile accettare l’affermazione radicale secondo cui “Stiamo distruggendo la Terra”, facciamoci l’abitudine, perché sta accadendo, anche se non esattamente davanti ai nostri occhi o sotto i nostri nasi. Per capire meglio quest’ecatombe, bisogna esaminare la scienza e scoprire gli ecosistemi in collasso all’interno di un sistema climatico caoticamente minacciato, soprattutto dove non vive nessuno. È da lì che inizia ed emerge prominentemente palesandosi in tutta la sua concretezza, nell’Artico, in Antartide, in Groenlandia, in Australia, in Siberia, nelle foreste pluviali di tutto il mondo, e nella vasta distesa degli oceani. Quasi nessuno vive in questi ecosistemi. E adesso che succede?
Sono in corso sforzi crescenti per arginare le ripercussioni su di un sistema climatico ferito. Cresce progressivamente, in tutta la terra, il riconoscimento della grave emergenza climatica per ciò che effettivamente è. Infatti, negli ultimi due anni, il 10% della popolazione mondiale ha dichiarato l’emergenza climatica:
1) 1.859 giurisdizioni in 33 Paesi hanno rilasciato dichiarazioni di emergenza climatica per conto di 820 milioni di persone. Quasi un miliardo di persone l’ha capito.
2) 60 milioni di cittadini del Regno Unito, ovvero il 90% della popolazione, vivono ora in zone in cui le autorità locali hanno dichiarato l’emergenza climatica (Hello XR).
3) In Australia, figliastra del Regno Unito, oltre un terzo della popolazione ha dichiarato l’emergenza climatica.
4) In Argentina, il 17 luglio 2019 il Senato, rappresentante 45 milioni di persone, ha dichiarato l’emergenza climatica.
5) Le assemblee canadesi, che rappresentano quasi il 100% della popolazione, hanno dichiarato l’emergenza climatica nel 2019-2020.
6) In Italia, quasi il 40% della popolazione, mediante assemblee, ha dichiarato l’emergenza climatica nel 2019-2020.
7) In Spagna il 100%.
8) Negli Stati Uniti il 10%, mentre sotto la ferrea direttiva di Trump il restante 90% rifiuta energicamente qualsiasi considerazione sul cambiamento climatico.
In netto contrasto con la posizione adottata dagli Stati Uniti prima del 20 gennaio, l’Alliance of World Scientists annuncia con parole esplicite la sfida che ci attende: “L’emergenza climatica è già in atto e sta accelerando più rapidamente di quanto previsto dalla maggior parte degli scienziati, molti dei quali sono profondamente preoccupati. Gli effetti negativi del cambiamento climatico sono molto più gravi del previsto e ora minacciano sia la biosfera che l’umanità” (Scientific American).
Sono parole pesanti: “…minacciando sia la biosfera che l’umanità…” ovvero “Gli scienziati credono che un cambiamento climatico catastrofico possa rendere inabitabile una parte significativa della Terra”, Ibidem.
“Il riscaldamento globale ha già reso parti del mondo più calde di quanto il corpo umano possa sopportare decenni prima di quanto previsto dai modelli climatici. Le rilevazioni a Jacobabad in Pakistan e a Ras al Khaimah negli Emirati Arabi Uniti hanno entrambe trasceso ripetutamente per almeno una o due ore la soglia mortale”. (Fonte: Climate Change Has Already Made Parts of the World Too Hot for Humans, NewScientist, 8 maggio 2020)
Infatti, la combinazione di calore e umidità eccessivi porta alla morte entro sei ore. Segni precoci di tale processo appaiono già decenni prima di quanto ci si aspettava. Dopo tutto, il corpo umano ha dei limiti. Se l’indice di temperatura/umidità è eccessivo, anche una persona sana seduta all’ombra e con abbondante acqua da bere soffrirà notevolmente o probabilmente morirà. È la temperatura di bulbo umido (WBT). In linea di massima, si raggiunge una soglia quando la temperatura dell’aria sale al di sopra dei 35 gradi Celsius (95 gradi Fahrenheit), combinata con un’umidità superiore al 90%.
Secondo gli scienziati, per arginare l’insorgenza del pericolo della temperatura di bulbo umido, le emissioni di CO2 devono essere fortemente e rapidamente ridotte, soprattutto in considerazione del fatto inquietante che tutti e cinque gli anni più caldi della storia si sono verificati a partire dal 2015.
Un recente studio ha rilevato che le combinazioni estreme di umidità/calore si sono verificate ben oltre la prolungata soglia di tolleranza fisiologica dell’uomo per una durata che va da 1 a 2 ore, concentrate nell’Asia meridionale, nel Medio Oriente costiero e nel sud costiero del Nord America. (Fonte: Colin Raymond, et al, The Emergence of Heat and Humidity Too Severe for Human Tolerance, Science Advances, Vol. 6, n. 19, 8 maggio 2020)
Nel frattempo, il principale colpevole, ovvero il CO2, l’elemento chiave del riscaldamento globale, ha recentemente raggiunto livelli da record assoluto per l’Era olocenica, che rappresenta 11.700 anni di condizioni climatiche stabili. Questo fino a quando livelli eccessivi di CO2 hanno iniziato ad aumentare il riscaldamento globale a partire dal 1750.
L’articolo dell’Alliance of World Scientists proclama il 2020 come uno degli anni più caldi mai registrati, e che ha provocato un’eccezionale ed ingente ondata di incendi in tutto il pianeta, in Siberia, negli Stati Uniti occidentali, in Amazzonia e in Australia. Questi sconvolgimenti senza precedenti sono indicativi di un sistema climatico malfunzionante. È evidente che il pianeta è malato.
Secondo l’Alliance “bisogna compiere ogni sforzo per ridurre le emissioni e incrementare la rimozione del carbonio dall’atmosfera”, Ibidem.
Intanto, diversi paesi si sono impegnati al raggiungimento di zero emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050-60. Tuttavia, ci sono prove sempre più evidenti che questi obiettivi sono inadeguati, e nuove prove suggeriscono che il raggiungimento dell’impatto zero del carbonio vada perseguito entro il 2030, non 20-30 anni dopo. Sarebbe davvero troppo tardi.
Per ottenere un risultato che vada oltre una semplice parvenza di equilibrio del sistema climatico (se mai fosse possibile), sarà necessario aderire agli obiettivi della Bonn Challenge Global Restoration Initiative del 2011, che prevede il ripristino di 350 milioni di ettari di foreste e terreni entro il 2030. Settantaquattro Paesi hanno approvato questa soluzione basata sulla natura.
L’Alliance of World Scientists offre delle soluzioni al dilemma:
– Abbandonare l’uso di combustibili fossili, una priorità assoluta.
– Fermare le emissioni industriali come il metano, il particolato carbonioso (soot) e affini, al fine di ridurre drasticamente il tasso di surriscaldamento.
– Ripristinare gli ecosistemi naturali, soprattutto le colture, e di particolare rilievo: “Il disboscamento dell’Amazzonia, delle foreste tropicali nel Sud-est asiatico e di altre foreste pluviali, compresa la proposta di riduzione della foresta nazionale di Tongas in Alaska, che risulta particolarmente devastante per il clima”.
– Ridurre le carni bovine e i prodotti a base di carne per contribuire ad abbassare le emissioni di metano. Le piante sono commestibili e più sane.
– Il passaggio a un’economia senza carbonio che rifletta la nostra dipendenza dalla salute della biosfera, affettuosamente chiamata Madre Terra. Adottare l’eco-economia come sano sostituto del marchio neoliberale di capitalismo in perenne crescita, navigando su una strada asfaltata dorata verso una terra di fantasia ed estasi mai vista prima.
– L’attuale tasso di crescita della popolazione umana, pari a 200.000 neonati al giorno, deve stabilizzarsi e diminuire attraverso il sostegno e l’educazione delle giovani donne in tutto il mondo.
Pertanto, l’Alleanza proclama: “Nel dicembre 2020, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha implorato che ogni nazione dichiari l‘emergenza climatica. Dunque, chiediamo che anche il governo degli Stati Uniti lo faccia, con la dichiarazione dell’emergenza climatica nazionale da parte di Joe Biden attraverso un ordine esecutivo o tramite l’approvazione da parte del Congresso di un importante finanziamento per l’attenuazione dei cambiamenti climatici e una dichiarazione di emergenza climatica (H.Con.Res.52, S.Con.Res.22), rimasta sepolta in una commissione del Congresso per tutto il 2020. Un anno fa, eravamo preoccupati per gli scarsi progressi nella mitigazione del cambiamento climatico. Ora siamo allarmati per il fallimento di progressi adeguati nel corso del 2020”. (Fonte: Scientific American)
Traduzione dall’inglese di Cecilia Costantini. Revisione di Thomas Schmid