“In piazza ci sono i ventenni, gli studenti: hanno visto al potere sempre e solo Putin, hanno un pensiero critico, prendono le informazioni da internet e non dalla tv di regime”. Zhanna Nemtsova, la figlia di Boris Nemtsov, ex vice-primo ministro assassinato all’ombra del Cremlino dopo essere divenuto oppositore, parla dalla città di Nizhnij Novgorod.
Al centro del colloquio con l’agenzia Dire, in videocollegamento, ci sono le proteste che si sono tenute nel fine-settimana e che si terranno ancora domenica in diversi centri della Russia, da Mosca a Vladivostok. La scintilla è stato l’arresto di Aleksej Navalny, l’avvocato animatore del partito Russia del futuro, rientrato nel Paese dopo un caso di avvelenamento, il ricovero e la convalescenza in Germania.
Anche Nemtsova, 36 anni, giornalista per l’emittente tedesca Deutsche Welle e attivista, è tornata in Russia da Berlino. “Volevo rivedere mia madre e poi ho saputo dell’arresto” dice. “Non ho avuto dubbi e sabato ho partecipato alla manifestazione a Nizhnij Novgorod, con la neve e la temperatura sotto zero, insieme con migliaia di persone”. Quasi tutte tra i 20 e i 40 anni, a segnare quella che secondo Nemtsova è una fase “di qualità differente” delle proteste contro il governo di Putin, al potere dal 2000.
I fattori di cambiamento sarebbero essenzialmente due. “In piazza c’è una generazione nuova” la tesi dell’attivista. “Molti di coloro che manifestano sono nati e cresciuti sotto la presidenza Putin; sono studenti, non non hanno visto nient’altro che Putin, ma hanno un pensiero critico; sono ambiziosi, vogliono crescere sul piano professionale e vogliono far crescere i loro figli in un Paese dove viga lo stato di diritto”.
Secondo Nemtsova, questi studenti “prendono le informazioni da internet e non guardano le trasmissioni propagandistiche della tv”. Ci sarebbe poi un secondo aspetto. “La protesta non è solo a sostegno di Navalny ma è piuttosto contro il regime, che è molto corrotto” dice l’attivista. “Oggi in Russia il governo non rispetta ne’ le leggi ne’ lo stato di diritto”.
Un’accusa, questa, maturata anche a partire da un’esperienza personale dolorosa. A ricordarla è oggi la Boris Nemtsov Foundation for Freedom, realtà non governativa che promuove le libertà civili e politiche. È dedicata alla memoria dell’ex vice-primo ministro, liberale già collaboratore di punta di Boris Eltsin, assassinato a 55 anni nel febbraio 2016 mentre attraversava a piedi un ponte sulla Moscova, a poche centinaia di metri dalle torri del Cremlino. L’anno successivo per quell’omicidio sono state condannate cinque persone di origini cecene ma, secondo Nemtsova, che guida la fondazione, sulle vere responsabilità e sui mandanti politici non sarebbe stata fatta alcuna luce. “Fintanto che Putin resterà al potere non sarà possibile avere giustizia” dice l’attivista. Convinta che però qualcosa, proprio in questi giorni, si stia muovendo. “Credo che a seguito di queste proteste e della pubblicazione della video-inchiesta di Navalny sul palazzo di Putin sul Mar Nero il presidente abbia perso parte della sua legittimità” dice Nemtsova. “Il fatto che la maggioranza dei russi lo sostenga è solo una favola”.
Alle accuse di Navalny, su una villa di un valore superiore a un miliardo di euro, il presidente ha risposto in settimana incalzato da uno studente della città di Ufa. “Non appartiene e non è mai appartenuta ne’ a me ne’ alla mia famiglia” ha detto durante durante una conferenza online.
Di Navalny, invece, Putin ha parlato al telefono ieri con Joe Biden. Il presidente americano ha espresso la propria “preoccupazione”. Sulla stessa linea il G7, che in una nota congiunta ha invitato la Russia “a rilasciare tutte le persone arrestate in modo arbitrario durante l’esercizio del proprio diritto a riunirsi pacificamente”.