Le Marche hanno in questi ultimi mesi messo in fila una serie di eventi che ci riportano a quel patriarcato che si fa il segno della croce in nome della famiglia tradizionale tanto cara alla Chiesa. Oggi più che mai questo patriarcato fa ripiombare le Marche al feudo papale.
A novembre ci sono state le parole del vicario del vescovo che paragonava l’aborto al reato di pedofilia, chiedeva la sottomissione delle donne al marito e auspicava la ripresa dei valori cristiani dalla classe politica.
Così si tuona di nuovo contro le donne, che si vorrebbero sottomesse e madri nel ruolo riproduttivo, tacciate come ” madri p”****e”. Ad usare queste parole é stato il sindaco di Pollenza qualche giorno fa: una perla di saggezza di machismo sessista.
Ma questa è solo una delle tante meraviglie che accadono nel feudo marchigiano, dove mentre si decanta la famiglia rigorosamente cis etero, si oscurano tutte le altre soggettività.
Questa estate abbiamo avuto un attacco verso le persone lgbtqia + durante la discussione della legge Zan: sotto lo slogan “restiamo liberi” in diverse città marchigiane “il movimento delle sentinelle in piedi” si sono affrettati a scendere nelle piazze per contrastare una legge molto blanda che cerca di mettere un punto sulla omotransbilesbofobia. Si è gridato al bavaglio e alla negazione di libertà di espressione. Da quando discriminare, incitare all’odio ed essere omolesbobitransfobici è libertà di espressione?
A luglio abbiamo letto dell’aggressione omofoba a San Benedetto del Tronto ed in Italia i casi di omolesbobitransfobia sono aumentati.
La nostra regione non è immune alle discriminazioni e alle aggressioni omofobe: è transfobica tanto da annullare un evento un anno e mezzo fa in una scuola superiore nella provincia di Macerata solo perché un attivista transgender voleva affrontare la tematica T.
Nella provincia di Ancona un anno e mezzo fa è stata licenziata una ragazza barista perché si è dichiarata lesbica.
Si, nelle Marche c’è una parte che é omolesbobitransfobica, dobbiamo prenderne atto e non disinteressarcene solo perché riguarda una minoranza della popolazione marchigianə.
Nelle Marche quell’humus di odio verso il diverso che si è allargato verso chi ha un colore della pelle diversa dai bianchi cittadini occidentali sta avendo i suoi frutti.
Le Marche sono la regione balzata alle cronache per diversi episodi di razzismo tra i quali l’omicidio di un ragazzo ucciso a Fermo solo perché nero e la sparatoria a Macerata.
Ci sono state diverse avvisaglie nel corso di questi anni che dovevano farci stare vigili.
Ora tocca alle donne.
Si pontifica sulle scelte riproduttive della salute delle donne, esclusivamente biologicamente donne.
Via RU486, la nostra assessora alle Pari Opportunità ci ha informato quanto sia prezioso difendere la vita e come cercherà di sostenere le donne e le famiglie in difficoltà perché la vita va difesa.
Poco importa se le madri devono fare i salti carpiati per conciliare il lavoro e la cura che é sulle loro spalle, se devono attendere per un posto agli asılı nido, se pur di badare alla famiglia devono fare un part time.
A quale sostegno vuole riferirsi l’assesora?
Lo scorso anno le donne hanno dovuto barcamenarsi durante il lockdown tra didattica on line, figli e lavoro.
La giunta si affretta a voler mettere subito mano alla 194 come priorità.
Dai dati del Ministero della salute, nel 2019 sono state effettuate 1450 interruzioni volontarie di gravidanza: 122 ad Urbino, 170 a Senigallia, 42 a Jesi, 27 A Fabriano, 105 a Civitanova Marche, 253 a Macerata, 129 a San Benedetto del Tronto (AP), 216 ad Ascoli Piceno, Area Vasta 2: 136 a Pesaro, 42 a Fano, 30 ad Ancona. Nel 2018 ne sono state effettuate 1537. Le ivg sono quindi in netto calo.
La Regione si adopererá per il potenziamento dei Consultori secondo le linee del programma “obiettivi materno infantile con particolare attenzione alla mediazione”.
Nessun riferimento alla contraccezione, alla salute sessuale e riproduttiva. La maternità è il perno sul quale girerà tutto l’impianto della salute.
In una regione dove abbiamo il 75 % di obiezione e un obiezione di struttura a Fermo scegliere di abortire nelle diventa una corsa ad ostacoli. Ci sono consultori con personale obiettore e non formato che non sa neanche compilare un certificato per effettuare un ivg. Ci viene da paragonare l’esperienza, senza alcuna remora, ad un girone dantesco, soprattutto ora in tempo di pandemia, dove abbiamo un solo ospedale disponibile ad accogliere le persone positive al covid che devono effettuare un ivg , la struttura ospedaliera di Pesaro.
L’ivg si effettua solo una volta al mese a Jesi, due volte al mese Fabriano, ogni sabato ad Ascoli, San Severino Marche non ha attivo neanche il centralino di ginecologia, Macerata è reparto covid-19 e ti rimbalza a Civitanova Marche che deve smistare l’utenza di tutta la provincia maceratese, a San Benedetto del Tronto l’ospedale è stato cooptato per far spazio ai casi di covid 19, mentre il sud delle Marche si ritrova ad avere come unico punto di riferimento Ascoli Piceno, dove l’associazione AIED prende in carico le persone che vogliono effettuare un ivg.
A Porto San Giorgio dove il personale ha respinto una utente per avere già fatto un ivg, con tanto di giudizio morale da parte dei vari operatori.
Se entriamo nei consultori, che in teoria dovrebbero essere 1 per ogni 20 mila abitanti, vediamo subito i manifesti della retorica dei Pro vita presenti nelle bacheche. Li possiamo trovare perfino negli ambulatori dei medici di base.
Un sottobosco provita ha eroso i servizi negli anni, e ora mostra senza remora alcuna il suo volto.
Si stanziano fondi per la Festa della famiglia, come possiamo vedere dalle delibere della scorsa legislatura, iniziativa passata in un primo tempo in sordina ma ora pubblicizzata pomposamente.
Vediamo le crepe degli assessorati alle Pari Opportunità, che mettono in campo le peggiori retoriche da MRA, come quella che la violenza di genere non esiste e si parifica quindi a quella sugli uomini due esempi sono stati Senigallia e il più recente San Benedetto del Tronto.
In questa meravigliosa regione tutto è lecito e sdoganato. Si é arrivati al momento in cui i ministri religiosi invocano una classe politica che segua il richiamo cristiano e la classe politica risponde all’appello all’unisono.
Le donne devono partorire e reggere il peso di una cultura patriarcale, poco importa se i dati della violenza di genere dati dal Ministero dicono che lo scorso anno 471 donne hanno subito violenza intrafamiliare e 6 donne ogni 10 mila abitanti si sono rivolte ai 5 CAV delle province, Il 36,9% italiane e coniugate con figl*.
Nella regione abbiamo 5 centri antiviolenza, 8 strutture residenziali protette, e sono 108 le donne che sono state ospitate, 11 i minorenni.
Questi sono i freddi numeri della violenza di genere nelle Marche.
Il lavoro di contrasto é spesso sorretto dal volontariato e in continuo affanno per le richieste di aiuto. Stanziare i fondi per una violenza di genere in cui viene invisibilizzata la violenza che colpisce le donne significa normalizzare il patriarcato.
C’é un altro aspetto sottaciuto che è sotto le quinte di questa concezione patriarcale e cui non si fa mai diretta menzione direttamente ma che si puó intravedere nel continuo riferirsi alla famiglia. Giammai dovesse emergere che in questo feudo patriarcale bonificato avessimo persone con orientamento sessuale non eteronormato.
Nelle Marche le persone lgbtqia + non sono concepite, nessuna menzione alle famiglie omogenitariali, per non parlare di gay, lesbiche, bisessuali, pansessuali, transgender. Nulla di tutto questo è contemplato, non esistono. Vige rigorosamente la maggioranza cis etero ovviamente italiana doc.
Non è un caso che a Macerata il sindaco dia incentivi alle coppie italiane, il resto non viene neanche preso in considerazione.
La razza bianca etero vige sovrana, incontrastata, benedetta dalla Chiesa, pontificata dalla maggioranza dei politicanti, con quel sapore retró fascista che tanto è caro al Presidente della Regione Marche. Ci si fa il segno della croce nel nome del Padre, del patriarcato e della Patria con le donne e soggettività come vittime sacrificali: in fondo a chi importa delle donne, delle minoranze e dei migranti, per millenni assoggettatə.
Potere temporale e potere di una giunta che si sente dal potere temporale legittimata vorrebbero falcidiare insieme quel poco a favore dei diritti che è rimasto.
Audre Lorde scrisse un testo che dovremmo marchiare a fuoco in ogni muro:
LITANIA PER LA SOPRAVVIVENZA
Per quelle di noi che vivono sul margine
Ritte sull’orlo costante della decisione
Cruciali e sole
Per quelle di noi che non possono lasciarsi andare
[…]
Cercando un adesso che dia vita
A futuri
Come pane nelle bocche dei nostri figli
Perché i loro sogni non riflettano
La fine dei nostri
Per quelle di noi
Che sono state marchiate dalla paura[…]
Perché con questa arma
Questa illusione di poter essere al sicuro
Quelli dai piedi pesanti speravano di zittirci
Per noi tutte
Questo istante e questo trionfo
Non era previsto che noi sopravvivessimo
[…]
E quando parliamo abbiamo paura
Che le nostre parole non verranno udite
O ben accolte
Ma quando stiamo zitte
Anche allora abbiamo paura
Perciò è meglio parlare
Ricordando
Che non era previsto che noi sopravvivessimo
Audre Lorde (1934-1992), poeta e scrittrice statunitense, da The Black Unicorn (1978)
Noi che siamo ritte al margine sopravviveremo anche a questo, perché ciò che state facendo è una dichiarazione di guerra a tuttə, donnə, migranti, poverə, corpə gestanti, lesbiche, gay, bisex, asex, pan, transgender no binary. Siamo lə sopravvissutə ci opporremo alla vostra morale e alla vostra norma.
Non saremo mai le vittime, non deciderete sui nostri corpi, sulle nostre vite.
Le argentine, le lotte polacche, le lotte cilene ce lo hanno insegnato, se non sarà oggi, sarà domani.
Se va a caer.