Nuovo studio identifica le città europee in cui si muore di più a causa dell’inquinamento atmosferico
Un nuovo studio pubblicato oggi su The Lancet Planetary Health stima il tasso di mortalità legato all’inquinamento da particolato sottile (PM2.5) e biossido di azoto (NO2) in 1000 città europee. Lo studio è stato condotto dal Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal), in collaborazione con i ricercatori del Swiss Tropical and Public Health Institute (Swiss TPH) e dell’Università di Utrecht.
I risultati rivelano che ogni anno possono essere evitate, rispettivamente, 51.000 e 900 morti dovute al PM2.5 e all’NO2 se in tutte le città oggetto dello studio venissero rispettate le Linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
I dati mostrano che moltissime città della Pianura Padana subiscono il più grave impatto a livello europeo per la cattiva qualità dell’aria, prima fra tutte l’area metropolitana di Milano, 13esima in classifica quanto ad impatto del particolato sottile, dove si potrebbero evitare ogni anno 3967 morti premature – pari a circa il 9% del totale. La classifica pone inoltre Brescia, Bergamo e Vicenza rispettivamente al primo, secondo e quarto posto a livello europeo quanto a rischio di morire a causa dell’inquinamento da particolato e assegna alla “Leonessa d’Italia”, con il 15%, la più elevata percentuale di mortalità attribuibile a questo inquinante. Secondo la ricerca se Napoli e Roma rispettassero a loro volta i limiti dell’OMS per il PM2.5 ogni anno si risparmierebbero, rispettivamente, 1352 e 1029 vite umane. I ricercatori evidenziano che la maggiore mortalità da PM2.5 si verifica dove al particolato che proviene de scarichi e abrasione di freni e pneumatici si aggiunge quello dei combustibili solidi utilizzati per riscaldare le case. A livello europeo fra le prime 100 città per rischio da esposizione al PM2.5 ben il 37% è sito in Italia.
Torino e Milano sono anche al top della classifica europea – rispettivamente 3a e 5a – quanto ad incremento di mortalità da biossido di azoto, gas che deriva principalmente dal traffico e in particolare dai veicoli diesel. La ricerca ha anche classificato e paragonato l’impatto subito dalla popolazione delle città più inquinate con quello molto inferiore che si verificherebbe alle concentrazioni misurate nelle città più pulite, per la maggior parte in Nord Europa. Se per esempio Milano avesse i livelli di NO2 di Tromso (Norvegia) si eviterebbero ogni anno 2271 morti premature (circa il 6% del totale). Ben 18 fra le prime 100 città nella classifica del biossido di azoto sono italiane.
“Ogni anno in Italia muoiono migliaia di persone per l’inquinamento atmosferico e, nonostante questo, è Governo, regioni e sindaci sembrano immoti. Questa ricerca dimostra il problema va affrontato subito, a partire dal PNRR, che deve mettere al centro dell’azione del paese le città e la mobilità delle aree metropolitane”, dice Anna Gerometta, Presidente dell’Associazione. “Ancora una volta emerge poi chiaro che è indispensabile, almeno nelle aree di pianura dove si violano i limiti per il particolato, imporre il divieto all’uso di legna e pellet per riscaldare le case”.
Mark Nieuwenhuijsen, direttore dell’Urban Planning, Environment and Health Initiative in ISGlobal e co-autore dell’articolo, afferma: “Il nostro studio dimostra che non esiste una soglia di esposizione sicura al di sotto della quale l’inquinamento atmosferico è innocuo per la salute. La legislazione europea attualmente in vigore non è sufficiente a proteggere la salute dei cittadini. Per questo motivo i livelli massimi di NO2 e PM2.5 consentiti dalla legge andrebbero rivisti”.
Per info e approfondimenti:
Cittadini per l’Aria onlus
Elisabetta Reyneri