Mentre Cuba è vicinissima alla creazione di un vaccino tutto suo, e ne annuncia la distribuzione gratuita ai paesi latinoamericani più poveri, noi, senza un piano di vaccinazione nazionale, assistiamo all’osceno balletto delle trattative parallele intraprese dalle grandi imprese che controllano il mercato della salute nazionale con i laboratori di mezzo mondo. Lo scopo è quello di garantirsi l’approvvigionamento del vaccino senza dipendere dalla distribuzione pubblica, in modo tale da poterlo vendere internamente al miglior offerente. “La vaccinazione privata offre notevoli vantaggi economici al sistema sanitario nazionale” dice il vampiro di turno, degno rappresentante delle assicurazioni private e dirigente del più importante ospedale privato del paese. Il Sistema Unico di Salute, SUS, fondato una trentina d’anni fa, pur con tutti i difetti che presenta, ha sempre garantito la protezione sanitaria alla popolazione dell’intero paese; solamente per mezzo della sua organizzazione capillare è stato possibile in questi anni ridurre drasticamente la mortalità infantile e debellare malattie endemiche; solo attraverso il suo stretto legame con la ricerca universitaria si è potuto garantire l’accesso a terapie di punta e a un sistema di trapianti di organi che copre tutto il territorio nazionale. Il piano di controllo delle malattie infettive, dalla febbre gialla all’AIDS, è diventato un punto di riferimento internazionale.
A partire dal colpo di stato del 2016, è in corso la sua sistematica distruzione, sia attraverso leggi ad hoc, sia attraverso i tagli alla spesa pubblica. Con l’avvento di Bolsonaro, è in atto un vero e proprio boicottaggio attivo. Quando venne indetto un bando internazionale per l’assunzione di medici in via d’emergenza, per supplire alla mancanza di personale nelle zone più povere del paese, risposero quasi 15.000 medici cubani. Ad accoglierli al loro arrivo, furono le orde infuriate dei medici nostrani che, con insulti e sputi, oltre a manifestare il loro odio verso i colleghi, rendevano palese il loro disprezzo per il governo della presidente Dilma Rousseff, che sarebbe stato deposto dal golpe di cui sopra dopo pochi mesi. La classe medica nazionale, vedeva nei medici di Cuba tutto quello che essa non ha mai posseduto: l’altruismo e la dedizione alle cause popolari. Erano tutti lá, nel salone dell’aeroporto, ad urlare come ultras invasati contro chi si disponeva a svolgere quelle funzioni che loro, i nostri medici, sempre si sono rifiutati di esercitare: la medicina di famiglia, la medicina preventiva, il trattamento delle malattie causate dalla povertà.
Facciamo un passo indietro.
La professione medica ha da sempre contraddistinto uno dei grandi motivi di orgoglio della borghesia e dell’oligarchia locale. Rampolli di buona famiglia, gli studenti di medicina appartengono a quella casta di intoccabili che vede nella professione una forma come un’altra di arrampicamento sociale, da usare per affermare il potere costruito su una trama di relazioni di appoggio e sostegno, sia tra le famiglie stesse, che con i grandi agglomerati finanziari, patrocinatori della medicina privata. Fino a una manciata di anni fa, le facoltà di medicina erano un enclave esclusivo della oligarchia economica. Lo scandalo provocato dall’accesso all’università dei figli delle classi popolari, grazie sia a politiche affermative di inclusione sociale e razziale, che dalla creazione di un sistema di quote per garantire il diritto allo studio, fu enorme. La foto di una studentessa durante la cerimonia di laurea diventò il simbolo di un nuovo Brasile che stava sorgendo, ma che agli occhi dei padroni di sempre suonò come un affronto intollerabile, da distruggere, eliminare e dimenticare al più presto. La foto: abbracciata alla presidente Dilma Rousseff, la ragazza appena laureata in medicina alza un cartello: la Casa Grande impazzisce quando la Senzala si laurea in medicina.
Le fazendas di canna da zucchero, in cui cominciò e durò per secoli la schiavitú di milioni di africani e dei loro discendenti, erano divise in due parti: la residenza padronale, la Casa Grande, e gli stanzoni in cui giacevano uno sull’altro gli schiavi ammassati come bestie, la Senzala. Ecco il potentissimo simbolo di quella foto. Ecco la spiegazione per l’odio che la nostra classe medica, sostenuta massicciamente dalle assicurazioni private, sentiva per i medici cubani. Con l’avvento di Bolsonaro la situazione precipitò. Poco prima dell’insediamento cominciò il suo attacco a coloro che per qualche anno avevano portato assistenza e conforto nelle zone più lontane, nelle periferie dimenticate, in villaggi in cui mai, nella storia del paese, la figura di un medico di base aveva curato la popolazione. “Non sono medici, ma infiltrati di Cuba per insegnare tecniche di guerriglia comunista”. E i medici cubani furono richiamati in patria tra il disprezzo e gli sputi dei nostri dottori. Tutto a posto, dunque, l’ordine naturale delle cose era ristabilito. L’adesione pressoché unanime della classe medica al bolsonarismo, la si può toccare con mano ad ogni affermazione negazionista del presidente, quando nega la pandemia, il virus, quando definisce la malattia come “raffeddorino”, quando nomina ministro della salute un generale di corpo d’armata, quando afferma l’inutilità di ogni misura preventiva, quando nega l’efficacia del vaccino e soprattutto quando boicotta la creazione di un coordinamento nazionale. Non un comunicato, una nota, un trafiletto di ripudio, niente. L’ordine dei medici e le associazioni ad esso legate mantengono il loro silenzio complice e assassino.
L’affermazione che elogia l’operato delle assicurazioni private per l’acquisto del vaccino di cui parlavo poc’anzi, proviene da un importante medico. La necropolitica è ormai parte di quel sistema di controllo popolare messo in atto dal presidente e dalla sua giunta militare, composta da 2800 ufficiali ad occupare le funzioni principali dello Stato, e altri 4000 infiltrati (loro sí che possiamo chiamarli in questo modo) nei gangli funzionali del potere. La mia specialità è uccidere, disse Bolsonaro in campagna elettorale. Questa settimana il Brasile sfoggia il numero di 200.000, duecentomila morti. L’esercito brasiliano continua a realizzare la funzione in cui da sempre è specialista: produrre montagne di cadaveri. L’ordine dei medici, tacendo, acconsente.
Di seguito la parziale traduzione di un testo divulgato in questi giorni:
È un fatto comprovato: esiste oggi nel mondo una immensa, profonda e complessa trama di interessi che unisce:
- i grandi mezzi di comunicazione;
- il narco-socialismo (l’unica forma di socialismo capace di sopravvivere a lunga scadenza);
- la corruzione;
- la criminalità in genere (il crimine organizzato)
- il sistema intellettuale politicamente corretto;
- il climatismo (uso della questione climatica come strumento di controllo economico);
- il razzialismo (programma di organizzazione della società secondo il principio di razza);
- il covidismo (l’isteria biopolitica e il suo utilizzo come meccanismo di controllo);
- il terrorismo;
- il multilateralismo antinazionale (distorsione e manipolazione del sistema multilaterale composto dagli organismi internazionali);
- l’ideologia del gender;
- l’abortismo;
- il trans-umanismo;
- l’anticristianismo;
- la cristofobia;
- il marxismo del mercato megatecnologico.
Il testo prosegue con l’affermazione: “rimanere a casa per combattere la pandemia significa aiutare il narcotraffico”. E finalmente si conclude dicendo: “nel 2021 dobbiamo continuare a studiare e combattere questo misterioso e iniquo sistema e squarciare il velo dell’ipocrisia e del cinismo”.
Si tratta dell’analisi della situazione internazionale e della dichiarazione di intenti per l’anno appena cominciato. Lo firma Ernesto Araujo, ministro degli esteri. Il fatto di non risultare nel sito del ministero ma solamente sul blog personale del ministro, non diminuisce il peso di questo lungo testo di cui ho tradotto alcune righe. Sì, è come se fosse il documento annuale sulla politica estera del paese, sulle azioni da intraprendere, sui contatti, gli accordi, le intenzioni.
In piena pandemia, dal nuovo medioevo, Brasil 2021.