Magari gli amici brasiliani se la legheranno al dito e non mi perdoneranno più. Ma quando ci vuole, ci vuole. Mi dispiace ragazzi, ma quello che è successo ieri sera è stato una delle cose più indegne a cui ho avuto il dispiacere di assistere e, in qualche modo, di partecipare. Sì, anche se non vi ho preso parte, ne sono stato coinvolto, mio malgrado. Ripeto quanto ho già scritto in precedenza su queste pagine: il tempo del dialogo è finito; l’uovo del serpente si è dischiuso ed ha rivelato il mostro; la rappresentatività democratica è stata distrutta senza trovare resistenza, le istituzioni si sono piegate sotto la loro elefantiasi operativa. Lo Stato intero si è trasformato in un bivacco di manipoli capaci di tutto. Il tempo del dialogo è finito. Adesso bisogna lottare per la vita, per la sopravvivenza fisica di ciascuno di noi, per respirare. Il tempo del dialogo è davvero finito.
E adesso scusatemi, che per spiegare tutto per bene agli amici italiani devo prenderla alla lontana, il valore simbolico di un gesto e di una parola.
Panelaço, è un termine che significa, sbattere con forza le panelas, le padelle, le pentole, casseruole, coperchi. Sbatterle con forza per fare rumore. È un chiaro segnale di disappunto, di protesta. Un modo di manifestare nonviolento e altamente contagiante. Dicono che nacque in Cile, contro il governo di Salvador Allende. Le donne di casa, scontente per la crisi economica e l’aumento dei prezzi, cominciarono a protestare dalle finestre, sbattendo i coperchi e picchiando le padelle con i cucchiai. Come andò a finire la storia lo sappiamo bene. Anche l’Argentina ha una lunga tradizione di proteste e manifestazioni a suon di padelle e pentoloni: contro la dittatura militare, contro i vari governi corrotti, le innumerevoli crisi economiche, quando ce n’era bisogno, non mancavano mai: los hermanos lo chiamano cacerolazo, da casseruola, appunto.
Veniamo a noi, al Brasile.
Quando il giudice Moro registrò illegalmente, ripeto, illegalmente, le telefonate di Lula per trovare le prove dei crimini che gli attribuiva, le consegnava – illegalmente, ripeto, illegalmente – immediatamente alla stampa che le divulgava con ampia ripercussione, come se i colloqui privati tra Lula e la moglie avessero una rilevanza fondamentale: parlavano del nipotino, ma anche di problemi di famiglia, a volte perfino di attualità e di politica. Dona Marisa, la moglie di Lula, appariva preoccupata con gli effetti negative delle denunce contro il marito proferite da pentiti di ogni sorta (oggi, ogni denuncia è stata smontata, una per una, come spiega bene l’amico Lorenzo Poli nel suo articolo “Brasile: annullato settimo processo contro Lula per mancanza di prove”). Ad ogni denuncia divulgata, ad ogni discorso della presidente Dilma Rousseff, ad ogni frase di Lula, il popolaccio apriva le finestre padella alla mano. Era un casino infernale. Batti oggi batti domani, ecco Lula in prigione, la presidente Dilma Rousseff deposta e… Bolsonaro eletto presidente della repubblica. Ho riassunto cinque anni in tre righe, ma va bene lo stesso. In una di quelle famose telefonate di cui sopra, l’interlocutore chiede a Dona Marisa cosa ne pensasse dell’ultimo colossale panelaço contro il marito. Così, esattamente come avrebbe risposto mia nonna, Marisa dice: “Enfiem as panela no cu”: traducendo: che si infilino le padelle nel…”. Il sostantivo Cu, non lo traduco, perché tanto si è capito, vero? Che si infilino le padelle nel. Diceva Marisa, la moglie di Lula. L’anno scorso, quando Bolsonaro attirò su di sé l’ira mondiale per causa della devastazione ambientale, l’opposizione, i movimenti, il sottoscritto, noi tutti, ci rivolgevamo ai battitori di padelle con rabbia e sarcasmo: “E adesso fate come diceva Marisa, forza, vaselina per tutti”, ed altre gentili amenità.
Il disastro del governo Bolsonaro è continuato indisturbato, fino ad oggi: milioni di disoccupati, leggi autoritarie, la perdita dei diritti civili, la violenza della polizia, il razzismo, i morti ammazzati, le milizie, il narcotraffico nei gangli del potere, i militari corrotti, il negazionismo, duecentodiecimila morti di covid…, ed infine il disastro di Manaus. Con lo stock di ossigeno finito, gli ospedali trasformati in camere di soffocamento, il ministro della salute in visita ufficiale convoca i medici locali per, letteralmente, obbligarli a somministrare clorochina come trattamento preventivo. Sì, clorochina e ivermectina, un rimedio contro vermi e parassiti da assumere a freddo, senza sintomi, per tutti. Prendi clorochina, prendi ivermectina che il coviddi non ti becca. È una campagna del governo federale, che impazza in molte città da nord a sud, grazie all’impegno personale sia del presidente che dello stesso ministro della salute, un generale di corpo d’armata. Qualche mese fa l’esercito brasiliano acquistò per milioni di dollari, una quantità tale di dosi di clorochina capace di rendere il paese autosufficiente per vent’anni. La presenza del ministro a Manaus proprio mentre negli ospedali i pazienti morivano soffocati per mancanza di ossigeno, ha indignato gran parte della popolazione.
Ieri pomeriggio una gigantesca onda scuote le reti sociali. I leader politici della sinistra e delle opposizioni convocano la militanza e i cittadini per una grande manifestazione di protesta, in favore dell impeachment di Bolsonaro. E di conseguenza, per dare forza, visibilità e potenza, alla rivendicazione, si invitava la gente ad aprire la finestra, prendere una padella e… .
L’opposizione, la stessa opposizione che non ha mosso un dito in tutti questi anni, che rispettando i distruttori del processo democratico, ha creduto di poter ribaltare il quadro della situazione, l’opposizione che cerca il dialogo con chi ti punta il fucile addosso (ragazzi, attenzione, la mia non è una metafora, quando parlo di ‘fucile addosso’, significa fucile addosso); l’opposizione davanti allo smantellamento dell’industria nazionale, come la recente chiusura della Ford e i sessantamila posti di lavoro spazzati via da un giorno all’altro, è stata incapace di agglutinare le forze nazionali; l’opposizione che ha accettato di concorrere alla elezioni contro avversari che, in caso di vittoria, ti promettono la morte, la tortura, l’esilio, l’arresto e la perdita di ogni diritto; ebbene, questa opposizione oggi mi convoca a sbattere le padelle dalla finestra. Così come facevano i nostri avversari, quelli che hanno permesso che il Brasile arrivasse a questo punto. E il panelaço è riuscito. Oggi gridano vittoria come se avessero conquistato il Palazzo d’Inverno. Lo hanno detto pure al Tg. Nei siti alternativi c’è gente che grida vittoria, che annuncia la fine del governo è ormai prossima. Se Lula è stato arrestato grazie alle padelle, niente di più facile, quindi, che spadellando per benino Bolsonaro vada a casa.
E adesso basta, che mi è venuto da vomitare.