La sorprendente decisione della Magistrate’s Court di Londra di non consentire l’estradizione negli Usa è di grande importanza e fa riprendere fiato alle tantissime persone che hanno preso parte alla campagna per Julian Assange.
La corte ha concluso che la salute di Assange sarebbe stata a rischio all’interno della prigione di massima sicurezza nella quale sarebbe stato confinato in attesa del processo e che gli Usa non avrebbero potuto garantire che non avrebbe cercato di commettere suicidio. Non è un’accusa di poco conto nei confronti del sistema penitenziario statunitense.
La scelta di puntare, per respingere la richiesta di estradizione, sul tema delle condizioni di salute di Assange ha evitato alla corte di esprimersi sulla questione principale in gioco: la libertà d’informazione.
È bene sottolineare che la richiesta di estradizione da parte degli Usa si basava su accuse derivanti direttamente dalla diffusione di documenti riservati nell’ambito del lavoro giornalistico di Assange con Wikileaks. Rendere pubbliche informazioni del genere è una pietra angolare della libertà di stampa e del diritto dell’opinione pubblica ad avere accesso a informazioni di interesse pubblico.
Una considerazione finale: la correttezza della decisione della corte non assolve le autorità del Regno Unito dall’aver voluto prendere parte a un procedimento politico nell’interesse degli Usa. A prescindere dalla positiva decisione odierna, contro la quale comunque immagino verrà presentato appello, si è trattato di un terribile precedente di cui gli Usa si sono resi responsabili e il Regno Unito ha accettato di essere complice.