«Purtroppo dopo dieci anni di guerra, la Siria non vede nessuna luce in fondo al tunnel. Il Paese è sempre più povero e ammalato. Basta vedere le lunghe code di persone che attendono di comperare il pane presso i panifici a prezzo sovvenzionato dal Governo e i tanti feriti di guerra e malati che portano le conseguenze di 10 anni di esplosivi e bombe di ogni genere che hanno inquinato l’ambiente. Basta vedere il numero crescente di persone malate di cancro, compresi i bambini. A queste malattie si è aggiunto anche, seppure in maniera ancora contenuta, la pandemia del Covid».
Queste le parole del cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico, sulla situazione in Siria in una video intervista della Fondazione Avsi, partner tecnico nel progetto “Ospedali Aperti”.
Difficile fare una stima del numero dei morti in Siria, dall’inizio del conflitto ad oggi.
Basti pensare ai 273 civili uccisi e 875 feriti nelle province nord-occidentali di Idlib, Hama e Aleppo da marzo, ai circa 45 episodi di violenza contro i civili, a settembre ed ottobre, ai bombardamenti di novembre su diversi villaggi a Idlib.
I dati di Save the Children denunciano l’aggravarsi delle condizioni di sicurezza nell’area nord-ovest, tra esplosioni di ordigni rudimentali e lanci di bombe in tutta la zona. Molti i quartieri completamente devastati.
Una media di più di un centinaio di persone – tra morti o feriti – al mese.
A nulla è servito l’appello al cessate il fuoco, intimato lo scorso marzo alle parti in conflitto, nel rispetto delle leggi internazionali umanitarie.
Inevitabilmente, il pensiero corre all’inquietudine dei più piccoli, scossi dalle esplosioni all’ordine del giorno, ed impossibilitati a condurre un’esistenza dignitosa.
Secondo la direttrice dell’emergenza di Save the Children in Siria, Sonia Khusuh, la situazione appare sempre più insostenibile e i numeri riportati «ci ricordano come siano soprattutto i minori a sopportare il peso di questa guerra. Anche in periodi senza una grave escalation militare, vengono uccisi e mutilati. I bambini nel nord-ovest della Siria – prosegue – vivono in costante pericolo. Devono fuggire dalle proprie case a causa del conflitto, cercando allo stesso tempo protezione dalla mortale pandemia di coronavirus. Vanno a dormire affamati perché le loro famiglie non riescono a trovare cibo a sufficienza»
Sono proprio loro, infatti, i più esposti all’impatto delle armi esplosive, alla disumanità che sconvolge quotidianamente le loro vite – e quelle delle loro famiglie. Frequenti anche gli attacchi ad infrastrutture vitali come scuole e ospedali.
Toccante la testimonianza di Fouad, padre di tre piccoli: «Il momento più difficile del bombardamento arriva quando i tuoi bambini ti guardano negli occhi e vengono a nascondere il loro volto sulle tue ginocchia. Pensano che tu come padre puoi proteggerli quando non puoi proteggere neanche te stesso».