Esprimo la mia solidarietà allo sciopero della fame di Rita Bernardini su carceri e Covid-19.
La parte più ingenua di me pensava che questa pandemia avrebbe aiutato a umanizzare una buona parte di umanità e a sensibilizzare la società perchè si interessasse di più alle “Patrie Galere”. Invece, come al solito, mi sbagliavo: quasi a nessuno importa di quello che sta accadendo nell’inferno delle nostre carceri.
Prigionieri e guardie carcerarie contagiati da coronavirus, alcuni morti, altri moribondi, ma ancora nessun intervento politico e sociale per svuotare le celle. Giusto qualche palliativo a chi è stato condannato per reati meno gravi e nulla a chi ha già scontato decenni di carcere, soprattutto se è stato condannato per gravi reati. Non si capisce perché chi ha passato buona parte della sua vita in carcere sia ancora pericoloso, più di quello che è appena entrato per scontare una breve pena.
Davanti ai diritti e alla salute non dovrebbe contare il reato commesso, ma piuttosto gli anni di pena scontati, lo stato di salute e il cambiamento di ciascun detenuto. Anche l’articolo tre della Costituzione italiana stabilisce che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”: e allora perché i detenuti condannati per mafia, anche se vecchi e moribondi, devono morire in carcere? Probabilmente perché alcuni politici hanno paura di certe trasmissioni televisive o di perdere consensi elettorali.
Alcuni dicono che possono essere curati in carcere, facendo finta di non sapere che in cattività gli anticorpi si abbassano e che spesso la miglior medicina è la vicinanza dei propri affetti. Scusate l’esempio infantile, ma il mal di denti di una persona chiusa fra sbarre e cemento è più doloroso di quello di una persona libera, anche se si prende i medesimi antidolorifici, così come, a maggior ragione, una persona malata di cancro non potrà mai essere curata e assistita come all’esterno. Per questo penso che quando è lo Stato a fare del male, sembra che il male non sia mai abbastanza! Credo che spesso i detenuti siano nello stesso tempo vittime e carnefici, anche nei confronti di sé stessi. Lo Stato invece è solo carnefice quando permette alla “giustizia” di tramutarsi in vendetta.
Ecco cosa mi scrivono due ergastolani:
“Caro Carmelo, qui è un casino, ci mancava anche questo virus, ma almeno da questo si può guarire, invece per il virus dell’ergastolo non c’è ancora nessun vaccino e penso che non ci sarà mai, tu rimani una delle poche eccezioni che confermano la regola. Te lo ricordi zio Totò, quella persona anziana e ammalata di diabete che avevamo di fronte alla cella di Spoleto? L’ha preso, ma nonostante i suoi 82 anni regge e quando vado nel cortile del passaggio e gli chiedo: “Come va zio Totò?” Lui mi risponde con dignità, senza lamentarsi mai: “Bene!”. Ma, sinceramente, mi sembra un morto che cammina, perché da quando ha preso il virus è dimagrito di 10 chili. Speriamo che se la cavi. L’altro giorno mi raccontava che i siciliani si sono abituati nei secoli al vedere invasa la propria terra da altri popoli, e che proprio per questo modo hanno sviluppato la sopportazione alla “suppecchieria” (la prepotenza) ma anche una capacità di non piegarsi mai del tutto. (…)”
“Ciao Carmelo, riscontro la tua, con molto ritardo in quanto il servizio postale è lento e anche perché sono in isolamento sanitario da 11 giorni. Il Covid 19 è entrato anche qui, in modo violento, su 120 tamponi sono stati trovati 66 positivi, oltre la metà. In una delle tre sezioni AS1 ci sono ben 20 positivi su 25. Siamo tutti chiusi, tutte le attività sono state sospese. Figurati che anche la cucina è chiusa, ci portano poche cose confezionate da mangiare. Presumo che durerà ancora per molto, in quanto ci saranno molti altri positivi, qualora decidessero di fare i tamponi a tutta la popolazione detenuta (…)”.