Milano, 9 Dicembre, ore 15 davanti al PAT, Pio Albergo Trivulzio, ovvero la “Baggina”. La storica residenza per anziani milanese.
Un presidio del Comitato di difesa della sanità pubblica di Milano, zona sud-ovest. Una cinquantina di persone stendono tanti striscioni, la parole sono grandi e forti, la denuncia è decisa. Cercano di dare voce alle proteste dei lavoratori e delle lavoratrici che in questa RSA, come negli ospedali San Carlo e San Paolo, hanno denunciato la pessima gestione di queste strutture. Fin dall’inizio, da febbraio, chi lavorava qui al Trivulzio aveva detto: “Ma qui non ci danno niente…”.
Avevano cominciato a mettersi da soli delle mascherine e dalla direzione avevano intimato che non si doveva prendere alcuna precauzione, fu una follia. La storia la conosciamo: da una pazzesca inadempienza e inettitudine delle direzioni passarono ad una chiusura totale. Ma intanto chi aveva osato parlare, denunciare, peggio ancora scrivere, fare appello ai sindacati, alla stampa, doveva pagare. Lettere, minacce, prospettive di licenziamento. Sembra che si torni a fine ‘800.
Silenzio. Questo vogliono. Vertici della regione, responsabili, direzioni, si coprono l’una con l’altra. I dipendenti devono tacere, obbedire a un comando un giorno, al comando opposto il giorno seguente.
Difficile mettere insieme i lavoratori e le lavoratrici, la paura è probabilmente tanta. Così sono soprattutto militanti dai capelli grigi che non temono pioggia e freddo e che sono qui, a ricordare cosa è la giustizia, cosa sono i diritti, cos’è la salute, cos’è la sanità pubblica. Di battaglie ne hanno fatte tante, ma non cedono. Ricordano che lunedì 14 ci sarà uno sciopero presso gli ospedali San Carlo e San Paolo, due strutture che, prima del Covid, sembravano vicine alla chiusura e che invece hanno dimostrato quanto la sanità pubblica sia centrale, indispensabile.
Più volte in quest’anno si è usato il paragone con “l’essere in guerra, in trincea, gli eroi, la vittoria, l’arretramento, l’avanzare, lo sconfiggere il nemico…” E le immagini erano più quelle della prima guerra, della “grande guerra”, forse perché il centenario era fresco, forse perché la “spagnola” era stata poco dopo, forse perché “gli italiani” erano tutti dalla stessa parte, sul Piave…
Ma bisogna allora ricordare le immagini e le parole descritte da Emilio Lussu. Le rivolte dei soldati verso i loro vertici che li mandarono al macello, le sollevazioni delle reclute, di chi capì come la retorica degli “eroi” nascondeva l’inadeguatezza degli strumenti, la superficialità dei comandi, la delirante e meschina volontà di potenza. La storia insegna.
Foto di Andrea De Lotto