In occasione della Giornata mondiale dei diritti umani, l’Organizzazione fraterna nera honduregna (Ofraneh) ha organizzato il seminario virtuale “Sparizione forzata in Honduras: il caso Triunfo de la Cruz”.
Tra pochi giorni si compiranno cinque mesi dalla sparizione forzata di quattro attivisti della comunità garifuna di Triunfo de la Cruz, tra cui il presidente del patronato Alberth Sneider Centeno, e di una quinta persona.
Il 18 luglio, uomini armati che indossavano uniformi della Polizia militare e della Direzione investigativa (Dpi) hanno fatto irruzione nella comunità. Oltre a Centeno sono stati sequestrati Milton Martínez, Suami Mejía e Gerardo Róchez, tutti membri dell’Ofraneh e del Comitato per la difesa delle terre della comunità (triunfeñas). Junior Juárez, l’altra persona rapita e scomparsa, è un vicino di Triunfo de la Cruz.
La Corte interamericana dei diritti umani (CIDH) ha chiesto allo Stato dell’Honduras di adottare “tutte le misure necessarie e appropriate per determinare il luogo in cui si trovano i giovani attivisti” e di presentare “un rapporto completo e dettagliato sull’esecuzione delle disposizioni. Ha anche esortato a proteggere il diritto alla vita e all’integrità personale degli abitanti delle comunità di Triunfo de la Cruz e Punta Piedra.
Da parte sua, il Comitato delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate ha chiesto alle autorità honduregne “di stabilire una strategia globale che includa un piano d’azione per una ricerca esaustiva e immediata e per l’indagine imparziale sulla sparizione forzata”.
Il 27 novembre, infine, 57 deputati dell’europarlamento hanno inviato una lettera al presidente Hernández e ad altre autorità dell’Honduras, chiedendo l’immediata riapparizione dei giovani attivisti e la fine della violenza sistematica e intenzionale contro il popolo garifuna.
Hanno inoltre chiesto il rispetto della sentenza della CIDH che nel 2015 ha ordinato allo Stato dell’Honduras la restituzione dei territori illegalmente sottratti alle comunità di Triunfo de la Cruz e Punta Piedra.
Cinque mesi dopo, i risultati sono praticamente nulli.
“Viviamo in un paese dove parlare di diritti umani e difendere i nostri territori significa metterci un cappio al collo. Sneider (Centeno) ha ricevuto minacce di morte ed è andato a Tegucigalpa a denunciare questi episodi, ma nessuno gli ha prestato attenzione.
Ora è scomparso insieme ad altri amici. Vogliamo giustizia, vogliamo che ci ridiano i nostri ragazzi, che vengano puniti i colpevoli materiali e intellettuali di tutti i crimini, le violazioni dei diritti umani, le sparizioni.
Basta con i rapimenti, le persecuzioni, gli omicidi a causa del saccheggio dei beni comuni per arricchire poche persone e compagnie”, ha detto Pablo ‘Pitio’ Centeno, padre di Sneider Centeno.
Secondo le organizzazioni che lo scorso ottobre, nell’ambito dell’Esame Periodico Universale (EPU-UPR) a cui è stato sottoposto l’Honduras, hanno presentato un rapporto alternativo all’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHRC), tra il 2010 e il 2019 sono stati assassinati più di 140 difensori dei beni comuni e tra il 2016 e il 2017 sono stati documentati 2.137 attacchi.
Sono 6.265 le donne assassinate tra il 2001 e il 2018, più di 360 le persone LGBTI morte in modo violento nell’ultimo decennio e 86 i giornalisti e comunicatori sociali assassinati in meno di vent’anni. L’impunità per tutte queste morti violente supera il 90%.
Secondo il Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras (Cofadeh), almeno 16 persone sono state vittime di sparizione forzata durante il periodo di sospensione delle garanzie costituzionali a causa della pandemia di Covid-19.
“Ribadisco ciò che ho sempre detto: c’è un piano genocida contro il popolo garifuna. Si tratta di un piano sistematico di repressione ordito negli ultimi anni dallo Stato, con l’obiettivo di impadronirsi dei nostri territori, saccheggiare i beni comuni e favorire le mafie che controllano e governano l’Honduras.
Il risultato è che migliaia di famiglie continuano ad abbandonare il paese. Succede tutti i giorni e i territori si svuotano. Ed è proprio ciò che vogliono i gruppi criminali e i grandi investitori stranieri”, ha detto Miriam Miranda, coordinatrice di Ofraneh.
La dirigente garifuna ha ricordato che l’Honduras continua ad essere uno dei paesi più pericolosi al mondo per chi difende la terra e i beni comuni.
“Per portare a termine il loro piano, le mafie (economiche e politiche) hanno bisogno di un sistema giudiziario colluso. Questo spiega l’impunità per i tanti crimini commessi e il silenzio attorno alla sparizione dei nostri compagni.
Ofraneh continua a essere criminalizzata, perseguitata e stigmatizzata perché difende i diritti umani e la vita del popolo garifuna. Sono passati cinque anni dalla sentenza della CIDH e lo Stato non ha fatto nulla.
Dobbiamo trasformare questo paese. Dobbiamo costruire un paese diverso, con un futuro per i giovani. Un paese in cui le persone non siano costrette a fuggire, ma possano restare a vivere con dignità, senza sottostare al giogo di una classe politica assassina che saccheggia le casse dello Stato”, ha aggiunto Miranda.
Per il dottor Juan Almendares Bonilla, non dobbiamo dimenticare un elemento fondamentale che caratterizza questo contesto di persecuzione, che è il razzismo.
“Qui in Honduras, governi, multinazionali, imperialismo sono tutti razzisti. Il potere politico ed economico è razzista, escludente e discriminatorio nei confronti delle popolazioni indigene”, ha concluso.