Premessa: sono cosciente che il termine “compagno” sia un po’ desueto e soprattutto venga guardato male non solo e non tanto colui al quale è rivolto, ma chi lo usa. Eppure per lui mi permetto di usarlo, nel senso più generoso e altruista del termine. Più profondo, antico, radicale e umano.
Veniamo ai fatti: 12 dicembre 2019, 50 anni da piazza Fontana. Freddo come sempre, in piazza tante persone, allora si poteva sfilare, bei tempi… Sera. Ma quella mattina in tanti avevano ricevuto una notizia tragica che si incastrava maledettamente con quell’anniversario già triste e rabbioso per questa città. Era morto Gianfranco Bianchi. Tanti e tante lo conoscevano, sì, perché ci sono certi compagni che amano e si fanno amare e così era lui. Un professore di matematica della periferia Sud di Milano. Dalla pensione aveva cominciato a viaggiare per i Sud del mondo. 5 anni in Chiapas nelle comunità zapatiste ad insegnare imparando, a imparare insegnando. E poi la Palestina. Un sorriso a 360 gradi, un’umanità che sprizzava da tutti i pori.
Quella sera di un anno fa c’era uno striscione in piazza, fatto in quattro e quattr’otto, dalla Milano Sud Antifascista, che lo ricordava già.
Così oggi, a un anno di distanza, un centinaio di persone si ritrovano ai giardinetti del quartiere Stadera, Baia del Re, case popolari, dove ogni anno, il 25 Aprile, si rinverdiscono le lapidi dei tanti partigiani, sparse in mezzo alle case popolari. Gianfranco c’era sempre. Ogni volta che poteva accompagnava Biagio Colamonico partigiano della zona a presidi e manifestazioni. Ma Gianfranco era un animo inquieto, curioso, ovunque ci potesse essere una lotta, da stare a fianco a qualcuno, lui c’era. Così lo potevi incontrare alla riunione alla sera dei giovani del centro sociale occupato ZAM qui a Gratosoglio, seduto in parte, ad ascoltare questi giovani, sembrava godere e trasmettere energia e voglia di fare. Presidente dell’ANPI Stadera aveva fatto lezioni sulla resistenza nelle scuole elementari, sapeva che bisognava raccontare, trasmettete la memoria, non da vecchio parruccone, ma da “sempre giovane”, come lui era.
Per questo erano in tanti e tante e di tutte le età, oggi a ricordarlo e ringraziarlo, a pensare curiosare nei cieli, dove ci sono sicuramente lotte da fare anche lì…
Ps oggi nei giardinetti di via Montegani (a fianco alla scuola elementare di via Palmieri dove sembra di essere ancora ai tempi di Francesco Baracca e dove invece i bimbi vengono da cento nazionalità diverse), oggi intitolati con due bellissimi cartelli a Gianfranco Bianchi – professore e antifascista – c’era anche il coro Ingrato, col quale anche lui cantava, e gli Ottoni a Scoppio che non mancano mai. Anzi questi ultimi ci ricordavano che martedì 15 mattina saranno davanti al palazzo di giustizia di Milano per l’ultima sessione del processo a due di loro. Gianfranco ci sarebbe stato, dobbiamo andare noi. E poi è il 15…. “A Milano fa caldo, ma che caldo, che caldo faceva…”