“ È il momento di denunciare questo fallimento e di cambiare completamente strategia. (…) La prima cosa ad essere garantita oggi in Italia non è la vita delle persone, ma i profitti delle imprese. Per cambiare le cose è necessaria un’immediata inversione di rotta che spezzi la logica del produci, consuma, crepa” – questo quello che sostiene un lungo documento di Potere al Popolo, dove si spiega quali sono state e sono le responsabilità politiche della situazione in cui ci troviamo. Zaia usa come capri espiatori o l’irresponsabilità dei propri cittadini o l‘irresponsabilità del governo per aver mantenuto la regione in “zona gialla”. Oggi la situazione in Vento è grave e la giunta leghista non vuole ammettere i suoi fallimenti. Sul tema ne parliamo con Luca Lendaro, membro del Coordinamento Nazionale di Potere al Popolo, attivista dell’assemblea padovana dell’organizzazione ed attivista del Collettivo Catai.
In questi mesi si è parlato di un modello Veneto per la Sanità. Ma è realmente così?
Il cosiddetto “Modello Veneto non è altro che una costruzione mediatica fatta nei mesi della prima ondata della pandemia da Covid per rendere ragione del perché il Veneto, al contrario della Lombardia e di altre regioni d’Italia, abbia relativamente avuto meno decessi e contagi da Covid. De facto questo “Modello Veneto”, che è stato legato alla figura di Luca Zaia e ad una presunta maggior territorialità della sanità, è più legato alla figura di Andrea Crisanti che è appunto il noto virologo dell’Università di Padova che ha avuto un importante ruolo nella proposta di gestione del contenimento dei contagi del virus nella prima fase. Si tratta del modello di Vo’ Euganeo che Crisanti ha cercato di estendere in tutta Italia, senza trovare ascolto da parte del governo, basato sulle 3 T: testare, tracciare e trattare. Si facevano test di massa, si eseguivano tracciamenti, tamponi a persone con cui i positivi erano venuti a contatto, per poi estinguere i focolai. Ora, grazie alla presenza di Crisanti e all’attenzione di Zaia verso le sue competenze, in Veneto si è provato ad utilizzare questa modalità ed è questo che ha pagato nella prima ondata. Tutt’altra cosa è dire che questo Modello Veneto abbia la sua paternità in Luca Zaia, cosa del tutto falsa, e che questo sia stato reso possibile da una struttura sanitaria già di per sé “virtuosa”. In realtà i problemi ci sono e sono strutturali: la sanità veneta è reduce da decenni di tagli e di spazio dato ai privati. Se in Veneto il sistema sanitario, tutto sommato, funziona ancora è nonostante Zaia, non grazie a lui: dobbiamo ringraziare le capacità e le professionalità del personale sanitario e il fatto che il processo di tagli e smantellamento del pubblico in favore del privato e dei grandi poli di eccellenza, che Zaia sta perseguendo, non è ancora compiuto.
Il Veneto in questi giorni è la regione con più contagi. I nodi vengono al pettine? Cosa è che non ha funzionato?
Il Veneto oggi è la prima regione d’Italia per morti e contagiati da Covid-19. Mentre tutte le altre regioni sembrano aver superato il picco della seconda ondata, in Veneto non è ancora stato raggiunto. È sicuro che qui i nodi vengono al pettine e si mostra il fallimento complessivo della gestione della pandemia a livello sia nazionale sia regionale. A livello nazionale il Veneto è l’esempio di come il sistema dei tre colori (rosso, arancione, giallo), pensato per non prendere misure più drastiche, è del tutto problematico: in una regione che è sempre stata “zona gialla” si sta avendo ora il più alto numero di contagi. A livello regionale, invece, Zaia poteva fare molte cose e non le ha fatte, ma continua a dire che il Veneto ha tanti contagi perché si fanno tanti tamponi. Ad oggi sappiamo che in proporzione il Veneto fa più tamponi rispetto ad altre regioni, però il problema è a chi e a quanti vengono fatti questi tamponi. La verità è che si stanno facendo tamponi in percentuali molto minori sulla popolazione rispetto ad altre regioni perché si tamponano più volte le stesse persone, per esempio i lavoratori del sistema sanitario. Una cosa ottima che noi abbiamo sempre chiesto, ma non lo si può far passare per uno screening di massa, come vuole la propaganda di Zaia. In aggiunta, in Veneto il sistema di tracciamento dei contatti è completamente saltato da tempo e non sono state attivate tutte le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, che sarebbero dovuto essere centri di monitoraggio capillare del contagio sul territorio. Non a caso a novembre la nostra regione è salita alla ribalta per il fatto che il database dell’App Immuni, scaricata da mezzo milione di persone in regione, non è mai stato aggiornato con i dati dei positivi, risultando inutile, portando a non rendersi conto della situazione.
Zaia, durante la sua campagna elettorale, ha fatto molto leva sul mito del “buon cittadino” che rispetta le disposizioni, scaricando la responsabilità verso chi non le rispetta. Un modo per coprire le proprie responsabilità politiche?
Zaia ha fatto costantemente riferimento al “buonsenso” e alla “responsabilità dei veneti” fin dalle prime conferenze stampa tra marzo e aprile. Le ha usate come chiave identitaria ed autoreferenziale per affermare che le cose in Vento funzionano perché lui è un bravo Presidente e perché i veneti sono “bravi” in quanto lo ascoltano. Una retorica dell’autoelogio che con il tempo ha mostrato tutta la sua fallacia quando Zaia si è poi trovato ad indicare come colpevoli di assembramenti i giovani della “movida” o una “frangia consumista di incivili”: i casi sono due, o i veneti tanto responsabili non sono, o questa retorica di chi ci governa serve soltanto a mascherare i problemi strutturali del sistema e le carenze del proprio operato.
Qual è lo stato di salute della sanità veneta ad oggi?
Nonostante Zaia eviti di parlarne in maniera sistematica, la sanità veneta è al collasso. Le terapie intensive sono ben oltre il livello di allerta: la loro saturazione, ad oggi, è al 58% su 1.000 posti dichiarati, che oltretutto pare che siano nominali e non reali quindi ancora attivabili anche se, a detta degli stessi medici, mancherebbe il personale. Non solo! Non esistono più ospedali che siano Covid-free e quindi la possibilità di accogliere pazienti Covid nelle strutture ospedaliere comporta la quasi paralisi per la sanità ordinaria dove si vedono circa 200 terapie intensive non-Covid e dove si hanno moltissime operazioni, screening e prevenzione che non possono avere luogo in queste condizioni. I ricoveri Covid oggi sono il 60% in più rispetto al picco della prima ondata e tutta la sanità è stata paralizzata esattamente come nella prima ondata, se non peggio. Per quanto riguarda gli ospedali abbiamo notizie di problemi in tutte quante le province e la situazione più tragica è quella di Verona con l’Ospedale di Borgo Trento e anche con alcune RSA del veronese dove ci sono stati alti numeri di contagi e di decessi.
Il problema è strutturale. Cosa proponete, come Potere al Popolo, per una sanità diversa?
Da subito come organizzazione politica abbiamo fatto alcune proposte concrete per affrontare la situazione: li possiamo riassumere in due punti. Il primo riguarda il fatto di mantenere aperti i circa dieci ospedali sul territorio che sono stati chiusi da Zaia negli anni scorsi. Questi ospedali sono stati aperti durante la prima ondata e sono stati subito richiusi, impedendo di essere preparati alla seconda. Il secondo punto consiste in assunzioni ed investimenti strutturali nel settore sanitario. Ovviamente per mantenere aperte queste strutture bisogna avere personale adeguato che ad oggi non c’è. In Veneto c’è carenza cronica di medici, infermieri e personale ausiliario di ogni tipo. Invece di fare come ha fatto Zaia, di dare un bonus una tantum ai lavoratori e chiamarli “eroi” facendoli lavorare in condizione inadeguate, bisognerebbe pensare ad assunzioni stabili, dare retribuzione sostanziosa, procedendo in una prospettiva di investimento strutturale nella sanità. Come fare? Questo è un problema che riguarda la dimensione regionale e nazionale della gestione della crisi: per noi la risposta è una tassazione dei super-ricchi, in particolare una Billionaire Tax poiché e dai miliardari che si devono prendere le risorse e redistribuire radicalmente la ricchezza, liberando liquidità senza creare nuovi debiti, facendo gli investimenti necessari a tutela della salute di tutte e tutti, andando ad intaccare la rendita e i profitti di chi, anche in questa pandemia, si è arricchito sempre di più.