Fra le tante incertezze dovute alle prospettive della crisi Covid si può trovare una sicurezza: il debito pubblico a livello mondiale aumenterà in modo rilevante. Il Fondo Monetario calcola per i paesi avanzati un salto dal 104% rispetto al PIL del 2019 al 124% a fine 2020. Venti punti in un anno solo sono una cifra vertiginosa.
A fronte delle difficoltà della recessione in tutto il mondo le aree periferiche non se la passano particolarmente bene. Joydeep Mukherji, direttore generale di S & P Global Ratings, rileva che le difficoltà economiche preesistenti in un paese rendono molto lenta e difficile la ripresa, in specie per alcuni paesi dell’America Latina, dove «la maggior parte del debito pubblico è denominato in dollari, piuttosto che in valuta locale. In caso di pandemia la volatilità sul mercato del cambio di moneta e il servizio del debito divengono molto più onerosi ».
In vista di queste difficoltà il G20 e il « Club di Parigi » (gruppo di paesi creditori) ad aprile scorso hanno lanciato l’ISSD, Iniziativa di Sospensione del Pagamento del Debito. A latere della periodica riunione di Banca Mondiale e Fondo monetario Internazionale (12-18 ottobre), i ministri delle Finanze del G20 si sono riuniti il 14 ottobre per adottare le misure necessarie in merito, confermando il profilo di tale manovra. CADTM ha prodotto una analisi che la considera assolutamente inadeguata, mettendo in luce come si tratti di una cosmesi veramente vergognosa.
Il nucleo dell’operazione consiste nel posticipare il pagamento delle rate del periodo da maggio a dicembre 2020 ad un periodo previsto fra il 2022-24. I paesi che possono fare domanda sono 73, escludendo Stati quali Sudan, Argentina e Venezuela. In cambio di tale concessione, i beneficiari si impegnano a vincoli di destinazione per il denaro che non restituiscono, la cui osservanza verrà vigilata da delle forme di verifica da parte delle istituzioni internazionali.
In verità solo 39 hanno fatto richiesta; perché non tutti, se si tratta di un beneficio – per quanto esiguo?
Bisogna osservare che le istituzioni promotrici hanno invitato i creditori privati a parteciparvi; la risposta è stata negativa: una bella letterina del presidente dell’Institute of International Finance (rappresenta circa 450 soggetti del mondo della finanza: assicurazioni, Hedge fund, Fondi sovrani, banche e simili), Timothy Adams (ex sottosegretario al Tesoro Usa sotto Bush Jr. Fra 2005-07) risponde picche. Inoltre è arrivata agli interessati l’ammonizione che un ricorso all’ISSD avrebbe comportato un abbassamento del rating da parte delle ben note agenzie di notazione, nonché di futuri minori investimenti esteri diretti (IDE). Né la Cina, il cui profilo di creditore è diventato cruciale, vede un interesse a infilarsi in una dinamica completamente controllata dalle istituzioni da sempre feudo di USA e paesi europei.
Insomma un fiasco totale se guardiamo alla effettività dell’iniziativa. Dagli ultimi dati pubblicati dalla BM risulta un «risparmio» (lo chiamano così) dovuto all’ISSD di ben 11,5 miliardi (sic!) di dollari. Mentre il debito pubblico estero dei paesi meno abbienti (PVS) è passato secondo i calcoli di Eric Toussaint fra 2007-2018 da 1.372 à 2.934 miliardi di dollari, avendo restituito nei primi anni Duemila circa 370 miliardi (circa due piani Marshall).
Se le stesse cifre dipingono la ridicola esiguità di tale sbocco, un risultato lo hanno avuto: a fronte di possibili casi di default sul debito dovuto alle effettive difficoltà finanziarie, si è cercato di prendere il controllo della situazione gestendo il processo garantendosi la restituzione futura. Non sia mai che venga in mente a qualcuno di cessare i pagamenti in maniera unilaterale essendosi già abbondantemente svenati.