“Ancora una volta si dimostra che l’assenza di democraticità delle Nazioni Unite penalizza i popoli che, maggioritari nel mondo, sono minoritari nelle istituzioni sovranazionali”. Così Ivan Lisanti, presidente della Rete Saharawi, commenta la notizia sul rinnovo del mandato della missione MINURSO fino al 31 ottobre 2021, deciso il 30 ottobre 2020 dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 2548.
In cosa si traduce questa risoluzione di politica internazionale? Di fatto nell’assenza di “alcuna misura concreta per far avanzare il processo di pace sponsorizzato dalle Nazioni Unite” e in “un ritorno molto sfortunato e inaccettabile alla politica di ‘lasciare le cose come al solito’ per quanto riguarda il Sahara Occidentale”, ha commentato in un comunicato il Fronte Polisario, unico e legittimo rappresentante del popolo saharawi, riconosciuto dalla Comunità internazionale come interlocutore del Piano di Pace firmato anche dal Marocco.
MINURSO è la missione delle Nazioni Unite per un referendum nel Sahara Occidentale creata nel 1991 per garantire il rispetto del cessate il fuoco tra Fronte Polisario ed esercito del Marocco, verificare la riduzione delle truppe marocchine nel Sahara Occidentale, guidare il rilascio dei prigionieri politici detenuti del Sahara Occidentale e garantire un referendum sull’autodeterminazione che permetta ai saharawi di scegliere la forma di governo per rientrare nei territori illegalmente occupati dal Marocco. Una missione rinviata di anno in anno dal 1991 e che oggi – per le associazioni italiane impegnate da anni nella solidarietà con il popolo saharawi e radunate nella Rete Saharawi – mostra il proprio fallimento e vede a rischio il cessateil fuoco.
Un rischio concreto, soprattutto ora che si registrano tensioni a El Guerguerat, a sud-ovest del Sahara Occidentale, dove dall’inizio di ottobre ci sono scontri tra truppe marocchine e un gruppo di manifestanti pacifici saharawi. Un punto nevralgico nella gestione dei confini tra Sahara Occidentale occupato e Territori liberati, i cui confini dovrebbero essere sorvegliati dalla MINURSO, e che il Marocco sfrutta per il commercio illegale delle risorse provenienti dal Sahara Occidentale. “Due generazioni di saharawi – commenta Fatima Mahfud,
rappresentante del Fronte Polisario in Italia – sono nate e cresciute nell’attesa di un giorno di democrazia. Questo viene loro negato, dal Marocco ma anche dalle Nazioni Unite, che in quelle terre sono arrivate con la promessa di una soluzione del conflitto. Oggi accade quello che il Polisario da anni prevede: intere generazioni giovani si sono stancate delle false promesse, vogliono prendere in mano il proprio destino e almeno bloccare lo sfruttamento illegale delle risorse naturali del Sahara Occidentale. Pretese che dovrebbero essere garantite dal codice etico delle Nazioni Unite.
Pretese cui si aggiunge la cosa più importante: se a un popolo si domanda di attendere per un referendum, la missione di chi chiede questa attesa è quella di vigilare per il rispetto dei diritti umani. I saharawi sono stanchi di sentire chiamare l’occupazione illegale del
Sahara Occidentale da parte del Marocco come un conflitto di bassa intensità”.