Un traffico clandestino ed illegale di rifiuti, provenienti dall’Italia e, in particolare dalla Campania, e che include rifiuti speciali pericolosi quali quelli ospedalieri, è stato scoperto in Tunisia. 282 containers pieni di rifiuti italiani sono stati bloccati e sequestrati nel porto di Sousse, dalla Dogana tunisina. Sui documenti di trasporto appariva, falsamente, che i containers contenessero «rifiuti di plastica riciclabile». Il portavoce della Dogana tunisina, Haythem Zannad, ha dichiarato che « grazie alla sua organizzazione i rifiuti non sono stati sepolti in Tunisia».
A darne per prima notizia, lo scorso 2 novembre, l’emittente televisiva “El-Hiwar Ettounsi”, per come ha riportato l’indomani il giornale online francofono Kapitalis. «Un’azienda tunisina [la Soreplast, secondo quando riportato dalla stampa, NdR] importava ogni anno dall’Italia quasi 120.000 tonnellate di rifiuti, violando la legislazione nazionale e internazionale, come la Convenzione di Bamako, che vieta l’importazione di rifiuti in Africa», spiega l’inchiesta giornalistica. «In cambio – spiega la fonte -, la società tunisina avrebbe ricevuto 48 euro a tonnellata» dall’azienda italiana coinvolta. In proposito, il “Forum tunisino per i diritti economici e sociali” (FTDES) ha richiesto, alle autorità competenti, di «obbligare il partner italiano [cioè la società SRA Campania] ad accettare la riesportazione di questi rifiuti».
La scoperta sarebbe avvenuta grazie alla solerzia della Dogana tunisina, che ha voluto vederci chiaro sui documenti di trasporto e sull’effettivo contenuto dei containers. Evidentemente la stessa cura non sarebbe stata impiegata alle frontiere italiane. A prima vista potrebbe apparire una notizia di normale criminalità. Ma in Tunisia non la pensano così. Sembra infatti che la Dogana tunisina «sarebbe stata oggetto di pressioni da parte di politici e funzionari, che si dicevano vicini al proprietario della società tunisini».
Scandalo in Tunisia, silenzio sulla stampa di regime italiana
La deputata Nesrine Laâmari (Réforme nationale) ha sostenuto chiaramente – per come riporta sempre Kapitalis – che la ditta campana «era stata incaricata dal governo italiano di smaltire questi rifiuti». Tra le prime reazioni politiche, a seguito del sollevarsi dell’indignazione generale, ancora Kapitalis precisa che «il Ministero degli Affari Locali e dell’Ambiente ha annunciato, giovedì 12 novembre 2020, che il capo del governo, Hichem Mechichi, ha deciso di licenziare Fayçal Bedhiafi, Direttore Generale dell’Agenzia Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (Anged)». La stampa di regime italiana non ha dato notizia dei fatti. Per ritrovarla sui nostri notiziari, occorre scomodare siti web minori come Unimondo, grazie ad un post di Ferruccio Bellicini, e MeteoWeek, con un articolo di Chiara Ferrara.
Dal traffico illecito di rifiuti, l’Italia “fattura” 20 miliardi annui
Ivan Cimmarusti su “Il Sole 24 ore”, comunque, già lo scorso giugno, in un’inchiesta, scriveva di “un business criminale che solo in Italia vale 20 miliardi di euro annui per smaltite nelle megadiscariche senza regole dell’area sub-sahariana”. Il giornalista, nell’articolo, spiegava: «Camorra, mafie estere, faccendieri italiani e spedizionieri magrebini senza scrupoli hanno fiutato l’affare miliardario. Perché nei fatti il ciclo illecito dei rifiuti ha un vantaggio per l’impresa che non intende sostenere spese cospicue. Facciamo un esempio. Una tonnellata di plastiche e gomme per essere regolarmente smaltita può costare tra 200-250 euro. Seguendo la via illegale la spesa non supera 100-150 euro».
L’assurdità di tali avvenimenti verterebbe sul fatto che le società italiane che commerciano illegalmente i rifiuti sarebbero regolarmente autorizzate. Sarebbero sufficienti, quindi, effettivi controlli incrociati, anche finanziari, tra i dati di chi produce i rifiuti, di chi li trasporta e si chi li smaltisce per giungere a scoprire gli illeciti. Ma, probailmente, fa comodo anche all’Italia, ed ai politici italiani, che continui il traffico clandestino di rifiuti con l’Africa.