Nell’apprendere dell’ennesimo naufragio nel Mare Mediterraneo, a poche miglia dalle coste italiane, ASGI non può che associarsi all’appello lanciato da Open Arms affinché le autorità italiane ed europee si adoperino immediatamente per predisporre missioni statali di ricerca e soccorso ed intervengano istantaneamente in supporto dei naufraghi attualmente in pericolo.
A 7 anni dalle tragedie al largo di Lampedusa verifichiamo l’arretramento delle politiche pubbliche in tale senso rivolte e la costante criminalizzazione delle attività poste in essere dalle organizzazioni della società civile europee.
Le attività di ricerca e soccorso in mare, allorquando (come in questa fase storica) siano presumibili situazioni di pericolo per le persone, costituiscono un obbligo giuridico imposto dalla normativa nazionale e da quella convenzionale ed è evidente che le attività delle organizzazioni umanitarie non possono da sole sopperire alle esigenze che giornalmente si manifestano e ad evitare tragedie alle quali non possiamo mai abituarci.
Adottando nel corso degli ultimi anni scelte fortemente stigmatizzabili, i diversi governi italiani hanno completamente dismesso le attività di search & rescue e, contestualmente, introdotto normative draconiane volte anche a punire le attività umanitarie poste in essere da privati e ONG.
In questo senso vanno non soltanto il cd. Decreto Sicurezza bis (d.l. 4 giugno 2019 n. 53, convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2019, n. 77), ma anche il cd. Decreto Lamorgese (d.l. 21 ottobre 2020, n. 130, in attesa di conversione) che ha introdotto, in sostituzione di alcune precedenti norme, sanzioni penali potenzialmente applicabili nei confronti della ONG “colpevoli” di rispettare le convenzioni internazionali sul salvataggio della vita in mare; infine, anche le attuali attività amministrative poste in essere da istituzioni facenti capo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con le quali si sta pervicacemente impedendo la concreta possibilità per le stesse ONG di potere portare il loro salvifico supporto alle persone in mare.
Ad oggi la Open Arms è l’unica imbarcazione privata che si sta occupando del pattugliamento del Mediterraneo centrale e del soccorso dei naufraghi in tale vastissima area.
Il comportamento delle autorità italiane su tali aspetti è inaccettabile, rendendole responsabili giuridicamente ed eticamente di tragici eventi. Per tali ragioni chiediamo con forza:
al Parlamento italiano
- in sede di conversione in legge del d.l. 130/2020, abrogare interamente le norme e le sanzioni disposte con il d.l. 53/2019 nonché abolire con effetto retroattivo le sanzioni irrogate vigente il d.l. 53/2019 nei confronti delle organizzazioni della società civile europea
al governo italiano
- di predisporre un immediato meccanismo, coordinato dalle pubbliche autorità, di ricerca e soccorso nel mare Mediterraneo e di adoperarsi nelle competenti sedi europee affinchè gli Stati membri dell’UE cooperino in tale doverosa attività e venga adottato quanto prima un piano europeo di ricerca e soccorso in mare;
- di porre comunque immediatamente fine ai provvedimento amministrativi di fermo delle navi e degli aerei delle organizzazioni della società civile europea
alla società civile ed ai media
- di continuare a dare centralità alla vita umana, senza distinzione di nazionalità, etnia, censo, religione ed opinione politica e di alzare la propria voce affinché le istituzioni perseguano il bene comune e si adoperino nell’incondizionato salvataggio delle persone