Scrivo a pochi giorni del ballottaggio delle elezioni municipali che, per lo meno a São Paolo, possono eleggere sindaco un rappresentante dei movimenti popolari. Scrivo, forse non è il momento, e pur sapendo che molti non saranno d’accordo, scrivo.
Dopo il primo turno abbiamo decretato vittoria. Dopo il primo turno ci siamo ubriacati col liquore dolciastro della illusione di una avanzata e siamo andati in estasi con la visione della costruzione miracolosa di quel fronte ampio delle sinistre che non si è verificato nelle elezioni presidenziali del 2018. Mi dispiace, ho una visione completamente differente da quello che ascolto e leggo in questi momenti effimeri di meschina euforia. Non è avvenuta nessuna sconfitta dell’estrema destra, tantomeno del bolsonariso. Ma è avvenuto l’esatto contrario. Hanno vinto loro. Eccome. Ed è stato un trionfo. Nanni Moretti nel film Il Caimano, sugli anni del governo Berlusconi – il magnate delle telecomunicazioni sostenuto da una coalizione di estrema destra – parlando a proposito delle sue condanne e della conseguente caduta del suo governo dice pressapoco così: Lui ha già vinto, con le sue televisioni ha cambiato il modo di pensare, di essere e di vedere il mondo degli italiani, anche se perde ha già vinto. Così è stato per Bolsonaro: è riuscito a risvegliare quanto di peggio ci sia nel Brasile e nel popolo brasiliano, ha svegliato la bestia nascosta, ha covato l’uovo del serpente che, se prima vegetava, rannicchiato nell’abisso della fogna, adesso invece può vivere libero e bello a mostrare il suo vero volto. Per liberarsi di Salvini (l’attuale leader dell’estrema destra italiana che, seppure all’opposizione, continua a dettare le regole della politica) e della sua filosofia di vita, il suo odio contro il “grande altro” responsabile di tutti i mali della nazione, l’Italia avrà bisogno almeno di due generazioni, 30 anni. Un “grande altro” incarnato nel migrante che porta le malattie, ruba il lavoro agli italiani e stupra le donne; un grande altro incarnato nel diversi, nelle minoranze, nella necessità biologica di vedere la sua esistenza riconosciuta como soggetto di diritti: l’Italia deve rifondarsi su nuovi valori e nuovi doveri.
In Brasile, la potenza civilizzatrice, e il patto di civiltà è stato spezzato, o meglio, ne è stata decretata l’inutilità. Per questo abbiamo perso. E abbiamo perso di brutto. Se continueremo a partecipare alla politica nel modo come abbiamo fatto fino ad oggi, continueremo a perdere. L’opposizione avrebbe dovuto boicottare la politica rappresentativa fin dall’elezione della bestia fascista. Bolsonaro che ad ogni discorso, ad ogni frase, ripete le parole “uccidere e torturare”, mai e poi mai avrebbe dovuto essere rispettato dalla istituzioni, mai e poi mai avrebbe dovuto essere riconosciuto come rappresentante massimo della nazione, per avendo ottenuto 57 milioni di voti. Se quest’ultime, le istituzioni, si sono sottomesse al protocollo, ai riti formali della democrazia rappresentativa (che qui non chiamerò “borghese” per non spaventare il pavido lettore), l’opposizine mai e poi mai avrebbe dovuto accettarlo come legittimo. Chemmefrega se sono morti… non sono un becchino… l’afro-discendente più leggero pesava sette quintali… non ti violento perché non meriti di essere stuprata… fucileremo quei vagabondi comunisti… Mai. Mai. Mai. La sinistra avrebbe dovuto rifiutarsi ad entrare in parlamento fin dal giorno dell’insediamento presidenziale avrebbe dovuto ostruire le attività parlamentari, le sessioni di ogni commissione, avrebbe dovuto boicottare le iniziative governative e istituzionali e non più riconoscere l’ordine formale delle Stato preso d’assalto da una gang di miliziani. E adesso in occasione delle elezioni municipali, avrebbe dovuto rifiutarsi di presentare i suoi candidati di ogni ordine e grado. Da troppo tempo non stiamo più vivendo nel normale ordine democratico, quell’ordine che prevede sì il confronto tra due schieramenti avversari, ma sempre basandosi in valori comuni nei quali riconoscersi. La costante apologia alla morte, gli insulti alle minoranze, la negazione del razzismo, l’infiltrazione delle sette evangeliche nei gangli del potere, l’intima relazione con le organizzazioni criminali, sono il segnale di che il colpo di stato è già avvenuto. 2800 militari occupano le principali cariche esecutive del governo e dei ministeri, e sono i diretti responsabili dei più di centosettanta mila morti. Il presidente della repubblica fa una attiva campagna anti vaccinazione istigando la popolazione contro l’Istituto Butantã, il centro di riferimento per la ricerca scientifica, che si è visto obbligato a nascondere i lotti di centinaia di migliaia di dosi, per paura del sabotaggio da parte delle orde bolsonariste. Ecco la ragione della nostra sonante sconfitta. Le elezioni sono una farsa alle quale l’opposizione partecipa per meschino tornaconto politico locale e momentaneo, certamente non mossa da un progetto a lungo termine. Una sinistra sfigurata nei suoi valori storici, privata della sua visione strategica su quelle che sono sempre state le grandi e fondamentali questioni mai risolte, perché mai affrontate sul serio quando se ne aveva la possibilità.
Quando la sinistra smette di parlare e tace sulla espropriazione delle grandi proprietà terriere, l’abolizione del latifondo, la gestione collettiva dei mezzi di produzione, la limitazione del potere economico delle banche, dell’eterno problema tra capitale e lavoro, di plusvalore… che cazzo di sinistra è?
Per questo che pur vincendo, abbiamo perso. Per questo che Bolsonaro, pur perdendo, vince.
Fino a quando?