Proprio oggi 4 novembre, ex Anniversario della Vittoria e Festa delle Forze Armate, riteniamo opportuno pubblicare uno studio epidemiologico sugli effetti della guerra come causa di patologia.
Da anni alcuni scienziati, uniti dal comune interesse per la riduzione dei conflitti, si occupano di segnalare i danni a breve, medio e lungo termine dei conflitti e cercare da un lato di ragionare su come evitarli dall’altro su come ripristinare l’esistente dopo un conflitto. In pratica possiamo fare un esercizio e trattare la guerra come una vera e propria gravissima patologia.
I conflitti in corso in più parti del mondo (circa 30 tra guerre e situazioni di crisi) sono causa di picchi di morbilità e mortalità inaccettabili, specie perché evitabili. In particolare, in termini di anni di vita persi, di aspettativa di vita libera da malattia e di qualità della vita ci troviamo di fronte al tragico fallimento di qualsiasi campagna di prevenzione e cura.
La guerra uccide spesso senza discriminare tra obiettivi militari e civili. I sopravvissuti riportano danni fisici e/o psicologici permanenti senza contare l’essere costretti a vivere in condizioni sanitarie precarie per molti anni dopo la fine del conflitto.
La prevenzione delle perdite umane per guerra è compito degli operatori sanitari al pari della prevenzione delle malattie e di altre cause di morte.
Se analizziamo i principali problemi acuti legati alla guerra vediamo gli effetti pericolosi legati:
- alla riduzione dell’approvvigionamento di farmaci, vaccini ed attrezzature
- l’aumento del numero di pazienti che arrivano in ospedale tutti assieme e feriti anche gravemente
- pazienti affetti da lesioni atipiche per i medici occidentali (soprattutto quelle da mine)
A questo dobbiamo aggiungere i principali problemi cronici:
- danni sanitari (bombardamento o distruzione di ambulatori e ospedali o mancanza di acqua,luce,personale per farli funzionare)
- mancanza di campagne di salute pubblica (recrudescenza di malattie infettive)
- ferite e mutilazioni
- intossicazioni
- danni psicologici per i civili e per i soldati che hanno vissuto situazioni terribili
Dobbiamo aggiungere i danni ambientali spesso legati:
- alla distruzione di industrie chimiche
- alla presenza di ordigni inesplosi nel terreno
- distruzione di infrastrutture, danni sociali ed economici
- povertà e grande instabilità interna con destrutturazione sociale
- sensazione di insicurezza e incapacità di tornare ad un contesto di vita civile
- in alcuni casi deportazione ed eliminazione generazionale selettiva
È preciso dovere dei sanitari mettere in atto campagne di:
- prevenzione primaria: prevenire lo scoppio della guerra
- prevenzione secondaria: prevenzione o riduzione delle conseguenze della guerra
- prevenzione terziaria: trattamento delle conseguenze
La guerra rappresenta una severa minaccia alla salute pubblica e, tenendo conto della sua diffusione, dovrebbe essere nei programmi di studio di tutti i medici nella piena consapevolezza della necessità di un lavoro multidisciplinare (sociologica, psicologica, economica).
Per gli epidemiologi si apre la sfida di descriverne gli effetti per permettere a questa pericolosa malattia di uscire dai confini socio-politici ed entrare con pieno diritto, anche nell’ambito sanitario.
Invece proprio oggi, in piena pandemia, con famiglie che saranno in difficoltà e la sanità in ginocchio, c’è stata l’esibizione delle Frecce Tricolori con ingente spreco di denaro pubblico.
Gruppo di lavoro AIE-Guerra: Agostini Daniele, Baussano Iacopo, Bertozzi Nicoletta, Canova Cristina, Castellazzi Federica, Chatenoud Liliane, Checchi Francesco, Cislaghi Cesare, D’Ancona Paolo, Fateh-Moghadam Pirous, Filoni Alessandro, Francisci Silvia, Gasparrini Antonio, Gennaro Valerio, Gigli Anna, Gorini Giuseppe, Martiello Michele A., Mensi Carolina, Miligi Lucia, Mondo Luisa, Panizza Celestino, Pace Calogero Claudio, Pasetto Roberto, Petrella Marco, Randi Giorgia, Saltarelli Stefania, Saracci Rodolfo, Saracino Daniela, Seniori Costantini Adele, Stefanini Angelo, Terracini Benedetto, Vigotti M. Angela.