Sanità piemontese al tempo del Covid-19, cronaca di un lockdown annunciato: ancora proteste in piazza, questa volta al grido di “Se tu ci chiudi tu ci paghi“.
Da una parte le patetiche lamentele per la decretazione del lockdown a causa del Covid-19 da parte della Regione Piemonte, dall’altra i torinesi: questa volta scendono in piazza le sinistre, le case occupate, gli anarchici, gli studenti, uniti nel coordinamento “Se tu ci chiudi tu ci paghi“.
Assente Rifondazione Comunista.
Volutamente nessuna bandiera di appartenenza, quelle che sono state in un primo tempo aperte, sono state chiuse.
Notevolissimo, ma dobbiamo dirlo inutile, lo spiegamento di forze da parte della Questura.
La piazza era una piazza completamente diversa da quella di lunedì 26 (qui il nostro articolo), questa era una piazza calda, solidale, in grado di esprimere la rabbia tramite contenuti politici e non guerriglia urbana.
Finalmente in piazza un microfono, degli speech, degli striscioni: tutti uniti nella richiesta di uguaglianza dei diritti, la pandemia sta aumentando la forbice delle diseguaglianze.
I dati della Caritas sono inequivocabili: è abietto pensare di continuare a non sostenere le categorie più fragili, durante lo scorso lockdown hanno funzionato praticamente solo le reti solidali, gli interventi e le politiche sociali da parte delle Istituzioni Torinesi e Piemontesi sono state, nei fatti, inutili.
Pubblichiamo integralmente l’intervento di Francesca del coordinamento studentesco “Noi Restiamo“:
Oggi come giovani studenti e lavoratori siamo scesi in piazza per denunciare una situazione che è diventata insostenibile. In nessun dpcm non una sola parola è stata spesa in favore della nostra generazione nata e vissuta nella crisi.
Prima eravamo gli scansafatiche che rimanevano in casa dei genitori fino a 30 anni perché non trovavano un lavoro decente, ora siamo gli untori della movida, oppure, se esplode la rabbia sociale, i teppisti che devastano le vetrine delle vie dello shopping.
Oggi abbiamo portato un messaggio perché per il governo vale più una vetrina di gucci in frantumi che una generazione senza futuro.
Sappiamo chi sono i responsabili della situazione disastrosa in cui ci troviamo, quelli che hanno gestito in modo criminale la pandemia, quelli che per far quadrare i vincoli di bilancio e i conti con l’UE hanno tagliato orizzontalmente la sanità, il welfare i trasporti pubblici, l’istruzione, privatizzando selvaggiamente da destra come da sinistra, rendendo ogni servizio pubblico un privilegio per pochi.
Sono quelli che ci obbligano a scegliere tra salute e reddito, tra morir di covid o morir di fame, tra ammalarci sui posti di lavoro, a scuola, in università dove in sette mesi nessuna misura reale è stata fatta per garantire un rientro in sicurezza e in presenza oppure ad arrangiarci mentre in questi mesi perdevamo anche quei pochi lavori precari, sottopagati e in nero.
Una generazione di camerieri, stagisti, lavapiatti, che con queste nuove misure si ritrova a non saper come pagare gli affitti, le bollette, le tasse universitarie che queste amministrazioni non hanno sfiorato.
Tutto questo mentre i contagi e la produttività non si fermano. Se lockdown deve essere allora vogliamo tutele, vogliamo investimenti:
- nella sanità pubblica con tamponi a tappeto per contenere i contagi, perché non è accettabile che ci troviamo già senza personale medico, senza reagenti e con le terapie al collasso.
- nella scuola per un reale diritto allo studio
- per un sostegno al reddito
- nei trasporti pubblici, quelli veri e che servono, non il Tav che drena fondi pubblici e lascia al collasso gli ospedali in val di Susa come a Rivoli
I soldi vanno presi da chi in questi mesi ha continuato a fatturare mentre noi diventavamo sempre più poveri. Andate a chiederlo a Amazon, Jeff bezos è diventato trilionario e possiede il PIL di 179 paesi o a Zoom, le cui azioni nell’ultimo anno sono aumentate del 155% grazie a noi che abbiamo dovuto fare la didattica a distanza, andate a chiederlo a loro se hanno visto la crisi.
Questa generazione vi sta presentando il conto perché non abbiamo più nessuna intenzione di pagare questa crisi che le vostre politiche hanno generato.
Alcune interviste video realizzate da Murat Cinar: